Donne e multitasking: la “balla” sulla prerogativa femminile per eccellenza

Donne e multitasking

La famosa capacità di multitasking delle donne è l’ennesimo stereotipo di genere, basato sul nulla, che contribuisce a peggiorare la condizione femminile, avvalorando comportamenti e abitudini sbagliate del genere maschile.

È ben noto come, nell’immaginario comune, donne e multitasking vadano a braccetto. Sapete quella roba che le donne riescono a fare mille cose insieme, contemporaneamente, per il solo fatto di essere donne? È pura invenzione, una balla in piena regola. Cioè, è vero che le donne lo fanno sempre o, comunque, spessissimo. Riescono a far tutto il più delle volte e in modo eccellente. Questo, però, non succede perché esiste una predisposizione biologica, nel corpo o nella mente delle donne, che lo permette, come ci hanno fatto credere per molto tempo e come insinuano ancora alcuni. Avviene perché la consuetudine ha stabilito che diventasse così. La donna, chiamata, dalla società, a essere impeccabile e a svolgere mille ruoli contemporaneamente, è finita per riuscirci realmente. Si tratta di una specie di enorme e collettivo “effetto placebo di genere.

Donne e multitasking: una falsa verità

La verità è che il superpotere del multitasking non esiste, tanto per l’uomo quanto per la donna, perché il cervello umano non è, biologicamente, programmato per svolgere tante funzioni contemporaneamente. Multitasking è un termine derivante dall’informatica e indica una prerogativa tipica dei sofware. È, dunque, un concetto applicabile ai computer e non agli esseri umani. Un individuo può riuscirci, certo, se necessario, ma ciò a danno della sua salute mentale e fisica e a discapito di riuscita e qualità delle azioni svolte.

Vari studi, negli ultimi anni, lo hanno dimostrato. Il cervello umano, in entrambi i sessi, ha l’abilità di passare velocemente da un compito all’altro, ma non riesce a concentrarsi su più compiti in maniera simultanea, se non rallentando o peggiorando le prestazioni effettuate. E quanto più si insiste nel provare a mantenere alti ritmo e qualità di tante prestazioni simultanee, tanto maggiore è il danno psicofisico arrecato al proprio organismo. Altrettanti studi hanno, infatti, accertato che il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, tende ad aumentare per effetto del multitasking.

La “profezia autoavverante” che viene da lontano

E allora, perché le donne appaiono, davvero, in molti ambiti e circostanze, sempre più multitasking rispetto agli uomini?

La risposta sta nell’immagine e nei ruoli che la società impone loro. Si è innescato quello che, in psicologia e sociologia, è chiamato effetto Pigmalione, una sorta di suggestione psicologica, di natura inconscia, per cui gli individui tendono a conformarsi all’immagine che gli altri hanno di loro. L’effetto Pigmalione è chiamato anche profezia autoavverante. E cos’è il multitasking femminile se non una profezia autoavverante? Fin dagli albori della civiltà, la donna si è vista assegnare il compito di badare ai figli e alla casa, come diretta conseguenza della naturale facoltà di generare vita e di portare in grembo una creatura. Oltre a gravidanza, parto e allattamento, sono passate per “doti naturali” le capacità di accudimento dei bambini e cura degli ambienti domestici, che sono, invece, prodotti sociali e non facoltà innate date in dotazione alle donne.

Autodeterminarsi non equivale a essere multitasking

Andando avanti nel tempo, con l’evoluzione e le successive rivoluzioni, il genere femminile è riuscito ad affrancarsi dall’unico ingombrante ruolo a cui era stato relegato, ritagliandosi altri spazi e svolgendo altri ruoli. Eppure, paradossalmente, raggiungendo l’indipendenza e l’autodeterminazione tanto agognate, la donna non ha fatto che aumentare la mole di lavoro che, da lei, ci si aspetta. Perché, per quanto le cose siano cambiate e continuino a farlo, l’accudimento e la cura restano, agli occhi del mondo, prerogative femminili. E pur di mantenere il diritto a ricoprire altri ruoli, lei se l’è sobbarcati tutti. Da qui, il mito del multitasking, incoraggiato senza sosta da una società di stampo, ancora, prettamente patriarcale e maschilista. Un mito che, noi stesse, abbiamo alimentato, involontariamente, sentendocene onorate e fiere, perché ci hanno detto che così doveva essere. E anche perché, forse, ci ha fatte sentire più forti.




Una dote (IN)naturale

Hanno creato una dote che non esiste e l’hanno affibbiata alle donne. Ciò ha avvalorato le vecchie tesi che l’uomo debba solo lavorare ed essere curato, servito e riverito, che non possa badare ai bambini perché non è nella sua indole e che sappia fare una cosa per volta. E ha legittimato, nel genere maschile, comportamenti  egoistici e individualisti. Alla suddetta dote, la donna stessa ha creduto e crede ancora, e fa di tutto per dimostrarne la legittimità, a volte, al limite delle proprie forze. È un valore che si tramanda, di generazione in generazione, e si insegna alle bambine perché crescano come eroine a cui nessuno possa rimproverare nulla. Le conseguenze sono disastrose, tanto sulla salute quanto sulla qualità della vita.

I disastri del multitasking

Le differenze di genere si acuiscono. Le donne sentono la responsabilità e il dovere di farsi in quattro, ma anche in cinque o sei, per gestire tutto, aumentando il loro grado di stress e malessere psicofisico. E quando non ci riescono si sentono inadeguate. Si convincono di non possedere questa famosa qualità tipicamente femminile che non solo non esiste ma, non è, nemmeno, tipicamente umana. Cresce la competizione femminile, un’altra cosa che viene, spesso, loro rimproverata, ma alla quale sono state condotte dalla forma mentis imperante. E il giogo del patriarcato, da cui cercano di liberarsi da millenni, non si spezza mai completamente.

Tutto questo, quando basterebbe riconoscere che, prima di essere uomini e donne, siamo esseri umani e, in quanto tali, abbiamo dei limiti. Poi potremmo dividerci compiti, diritti e doveri in parti uguali e lasciare i superpoteri ai personaggi della Marvel. Utopia? Chissà.

Assunta Nero

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