La figura apicale della Chiesa che manifesta il desiderio di una maggiore presenza femminile e laica è un passo in avanti. Ma non basta
Luciano Gualzetti, 59 anni, di Lecco è il primo laico chiamato alla direzione di Caritas Ambrosiana – servizio che svolge dal 2016 – e dal 10 ottobre scorso è anche il primo laico alla presidenza della Consulta nazionale antiusura «Giovanni Paolo II», nata 25 anni fa. È stato eletto dai presidenti delle fondazioni antiusura nel corso dell’assemblea annuale che si è svolta a Roma sul tema delle responsabilità sociali ed economiche in questo periodo di emergenza sanitaria. «La pandemia da Covid 19 ha imposto trasformazioni negli stili di vita delle persone e nell’economia che hanno amplificato e moltiplicato le povertà, creando tutte le condizioni favorevoli per la diffusione dell’usura da criminalità comune e organizzata», ha detto Gualzetti in assemblea.
Un punto di vista condivisibile, laico ed obiettivo.
Siamo stati tutti battezzati come laici
Se laicità è autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso, la laicità dello Stato assume una importanza considerevole, soprattutto per uno Stato come il nostro che ospita uno Stato religioso, come Città del Vaticano. Ma le due cose possono non essere in conflitto, bensì convivere armoniosamente in modo sano e non invasivo.
Le parole di Bergoglio ci aiutano a capire proprio questo. “Preghiamo perché i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità della Chiesa”. Parole che certamente rompono con la tradizione ecclesiastica. Negli ultimi giorni, Beroglio ha chiarito il concetto: “Perché nessuno di noi è stato battezzato prete né vescovo: siamo stati tutti battezzati come laici e laiche. I laici sono protagonisti della Chiesa. Oggi c’è bisogno di allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa, e di una presenza laica, si intende, ma sottolineando l’aspetto femminile, perché in genere le donne vengono messe da parte”.
Le donne non prendono decisioni importanti
La rivoluzione risiede soprattutto nel desiderio del Papa di promuovere la partecipazione delle donne nelle istituzioni di responsabilità nella Chiesa “senza cadere nei clericalismi che annullano il carisma laicale e rovinano anche il volto della Santa Madre Chiesa”. Posizioni apicali ricoperte dalle donne purtroppo al momento sono pressoché inesistenti, come le presenze nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. Anche se il Papa testualmente afferma che nella Chiesa “il ruolo della donna è centrale”. Un auspicio che mal si sposa con la mancata ratifica da parte della Santa Sede della Convenzione del Consiglio d’Europa siglata ad Istanbul per contrastare la violenza sulle donne. La giustificazione data, ovvero che la Santa Sede non firma trattati ‘regionali’, non è accettabile. Nel 2000 la Santa Sede ha aderito al trattato sulla moneta unica (anch’esso di carattere regionale). Il Papa deve purtroppo fare i conti con la tradizione millenaria della Chiesa colma di figure e istituti ancora poco aperti alla modernità.
L’importanza delle parrocchie
Tuttavia se la figura apicale della Chiesa professa apertamente un’apertura questo può risvegliare le coscienze ma non basta. Il luogo dove rendere concrete le nobili parole del Papa e tradurre in realtà una maggiore presenza laica e femminile sono le comunità parrocchiali: qui vivono le loro esperienze i giovani che possono beneficiare di questa presenza in termini di educazione, crescita consapevole e parità di genere. Senza contare il fatto che questo tipo di presenza può solo che attirare nuovi giovani, in genere lontani da questi ambienti e toglierli dalle strade, creando centri di aggregazione anche culturale.
I vantaggi della presenza laica
Non è un caso che Monsignor Fabio Fabene, ora Sottosegretario del Sinodo dei vescovi, ma ex parroco, abbia recentemente pubblicato Sinfonia di ministeri. Una rinnovata presenza dei laici nella Chiesa. Il volume offre proposte concrete. Una visione lungimirante di Fabene in cui vede i laici “come animatori della pastorale” nei tempi in cui vi è mancanza di vocazioni e una forte diminuzione di ministri ordinati.
La storia della Chiesa ci insegna che in tanti luoghi i laici hanno alimentato e trasmesso la fede. Inoltre, nella sua visione moderna, il Monsignore propone l’istituzione di nuovi ministeri: della carità, per la promozione della giustizia, per la difesa e la promozione del creato. Ma anche legati all’ambito della pastorale famigliare e di quella giovanile. E una presenza laica in questi nuovi ministeri non può che portare una ventata di freschezza e di sana oggettività.
Marta Fresolone