Le donne disabili vittime di violenza sono le più numerose. Alcune non possono muoversi, altre non possono vedere, altre ancora non sono in grado di comprendere e denunciare.
E comunque, il più delle volte, non vengono credute
L’omicidio di Giulia Cecchettin – l’ultima delle 106 vittime di femminicidio nel 2023 – ha scatenato forti reazioni in tutta la comunità.
Migliaia di donne si sono unite nel chiedere più sicurezza e protezione, rivolgendosi soprattutto ai fronti educativi e culturali. Di conseguenza, il governo è intervenuto con progetti di sensibilizzazione e formazione nelle scuole.
Ma c’è una categoria che, in tutto ciò, continua a rimanere nascosta: quella delle donne disabili.
I dati reperibili sono pochissimi, ma i numeri parlano di una violenza subdola e frequente. Soprattutto se si considera che le donne disabili sono più vulnerabili, hanno meno risorse e strumenti a disposizione, e la loro credibilità è minata da stereotipi e pregiudizi.
Donne disabili vittime di violenza: i numeri nascosti
Gli ultimi numeri rilevati dall’Istat risalgono solamente al 2014.
Secondo questi dati, il 36% delle donne in condizioni di salute precarie ha subìto violenze fisiche o sessuali, mentre la percentuale si alza al 36,6% per le donne con limitazioni gravi. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è più che doppio rispetto alle donne senza limitazioni (rispettivamente 10% e 4,7%). Infine, anche la violenza psicologica e lo stalking hanno valori più elevati tra le donne
con limitazioni funzionali.
Ma secondo Rosalba Taddeini, psicologa e responsabile dell’Osservatorio di Differenza Donna, i dati Istat rappresentano solo una parte del problema.
I dati Istat fanno emergere come le donne con disabilità subiscano più del doppio la violenza sessuale rispetto alle donne senza disabilità. Ma nell’esperienza questo dato è ancora più alto, soprattutto per le donne con disabilità psichiatrica o cognitiva, che faticano a riconoscere come tale una violenza sessuale
Nel 2022, l’associazione D.I.Re (Donne in Rete contro la Violenza) ha realizzato un report sulle donne disabili (con limitazioni motorie e sensoriali) osservando che, in più dell’80% dei casi, gli aggressori sono partner o ex partner. Nei restanti casi, si tratta spesso di persone che godono della fiducia della vittima, come infermieri, familiari, amici o caregivers.
Secondo un’altra analisi dell’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti intimidatori), realizzata tra 2021 e 2022, la donne disabili sono più vulnerabili proprio a causa delle loro difficoltà motorie, che non consentono di fuggire o opporre resistenza.
In più, le donne con disabilità di tipo cognitivo, solitamente hanno difficoltà a riconoscere l’abuso e a denunciarlo.
Oltre a ciò, le donne affette da disabilità più o meno gravi possono essere vittime di forme di violenza specifiche, connesse alla loro condizione. Prestare assistenza senza prestare attenzione alla persona, o ricattare sulla cura e sulle somministrazioni, sono alcune delle forme più frequenti di violenza legata alla disabilità.
Ma anche l’abilismo può sfociare nella violenza psicologica: venire ignorati, suscitare paura, essere considerati incapaci di vivere le situazioni tipiche dell’età adulta (lavorare, avere una vita amorosa/sessuale, divenire genitore), essere sottoposti a sterilizzazione forzata, essere considerati incompatibili con una vita dignitosa.
Per quanto riguarda, invece, i femminicidi, non esistono rapporti specifici riguardanti le donne disabili. L’ultimo caso noto riguarda la 66enne Rita Talamelli, affetta da disabilità psichica, strangolata dal marito lo scorso 22 novembre. La sua colpa? Nessuna, se non quella di essere malata.
I fattori di rischio nella neurodivergenza: le donne autistiche
Un quadro particolarmente grave è quello che riguarda le donne autistiche, a prescindere dalla presenza o meno di compromissione verbale o intellettiva. Infatti, secondo diversi studi, il 90% delle donne e ragazze autistiche ha subito abusi, molestie sessuali o stupri almeno una volta nel corso della propria vita.
Secondo la ricercatrice Fabienne Cazalis, sarebbe proprio l’autismo un fattore di vulnerabilità.
Una prevalenza così elevata di esperienze di abusi e aggressioni sessuali tra le donne autistiche sembra dipendere, soprattutto, da caratteristiche legate al loro modo di essere.
Come la difficoltà nella comunicazione espressiva dei propri pensieri, emozioni e bisogni, o non avere chiaro che è un proprio diritto dire di no, in qualsiasi momento, a una interazione sociale e sessuale. O la mancanza di relazioni amicali di fiducia che aiutino a leggere correttamente i segnali che potrebbero indicare l’instaurarsi di una relazione di abuso
Oltre a questo, secondo la psicologa Michelle Garnett, il bisogno di essere accettate, il senso di inadeguatezza e la scarsa autostima possono portare le ragazze autistiche a rimanere in silenzio di fronte a comportamenti spiacevoli, o persino ad accettare un certo livello di abuso.
Infine, la generale tendenza alla comunicazione letterale può rendere difficile prevedere o riconoscere una situazione di abuso.
Le dinamiche caratterizzano questi episodi sono state osservate dalla dottoressa Francesca Salvini, psicologa, psicoterapeuta e vicepresidente del centro LiberaMente di Pavia.
E’ molto difficile che una persona si presenti come uomo violento o specifichi di voler agire un comportamento violento. Solitamente l’aggressione avviene all’interno di una relazione nella quale la persona ha agito inganni e comportamenti secondari finalizzati alla violenza. Poi intervengono altri due passaggi: non sempre le aggressioni sessuali avvengono in modalità violenta; alcune persone autistiche hanno più difficoltà a manifestare un dissenso in maniera esplicita
Salvini ha inoltre osservato che, perlomeno in Italia, dichiararsi neurodivergenti potrebbe essere un punto a sfavore per le vittime.
Non conviene dichiarare la propria neuroatipicità, perché non abbiamo professionisti formati e tribunali pronti. Un funzionamento identitario differente rischia di tradursi in un minore accesso a essere credute e a una lotta che ha un costo in termini di fatica personale
Infatti, come si può osservare negli studi della dottoressa Cazalis, solo 1/3 delle donne ha scelto di denunciare. Ma per il 75% non c’è stato esito.
Donne disabili vittime di violenza: cosa può fare la società?
Una delle principali associazioni dedite a questa causa è l’Osservatorio di Differenza Donna.
Uno dei problemi principali, secondo la responsabile Taddeini, è la scarsa educazione sessuale che le ragazze disabili ricevono nelle scuole, ma anche all’interno delle proprie famiglie.
Le ragazze o le donne con disabilità vengono viste – anche dalle loro famiglie – non di interesse sessuale, quasi angelicate, asessuate, ma di fatto non è così.
Questo è un forte pregiudizio che le mette a rischio, perché possono ritrovarsi in situazioni che non conoscono.
Per esempio, non hanno nessun tipo di educazione sessuale scolastica (il sostegno a scuola riguarda solo le materie principali), sono spesso isolate dal gruppo scolastico, non vengono invitate e feste e compleanni togliendo loro anche la possibilità del confronto tra pari e questa solitudine, questa difficoltà si sente proprio quando iniziano le relazioni
Per rispondere a questo problema, l’associazione si occupa di organizzare focus group nei quali le ragazze possano parlare liberamente delle loro esperienze, imparando a conoscere i propri diritti nelle relazioni, il proprio corpo e la propria sessualità.
Secondo Simona Lancioni, responsabile di Informare un’H – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli un altro grave problema a cui far fronte è quello della credibilità delle donne disabili vittime di violenza, soprattutto nei casi di limitazioni cognitive.
La donna con disabilità, per essere creduta, deve dimostrare di essere capace di intendere e di volere. E molto spesso sono gli stessi familiari a non prestare fiducia alle sue parole.
Se pensiamo alle stesse campagne sulla violenza sulle donne, sono rarissime quelle che citano la situazione delle donne con disabilità e, in ogni caso, quelle accessibili sono pochissime
I centri antiviolenza, nella maggior parte dei casi, non sono pronti ad accogliere donne con disabilità. Secondo Lancioni, è necessario quindi continuare a sviluppare indagini accurate, strumenti di sensibilizzazione e linee guida per l’inclusività.
In questi giorni, l’UICI (Unione italiana ciechi e ipovedenti) ha programmato diverse iniziative di mobilitazione e denuncia nei confronti della violenza contro le donne disabili.
Nel frattempo, la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, e la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Eugenia Roccella, hanno promesso di organizzare un incontro con l’Osservatorio per la Disabilità e quello sulla Violenza, per stipulare nuovi accordi e rivedere le leggi.
Giulia Calvani