Donald Trump interdetto dalle primarie repubblicane in Colorado

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Con una sentenza senza precedenti, la Corte suprema del Colorado ha interdetto Donald Trump dalle primarie repubblicane impugnando il XIV emendamento: se giudicato colpevole di favoreggiamento all’assalto al Congresso del gennaio 2021, infatti, all’ex immobiliarista verrebbe negata qualsiasi possibilità di concorrere per le elezioni presidenziali

Con una sentenza senza precedenti, che rischierebbe di rappresentare un unicum nella storia delle elezioni americane, la Corte suprema del Colorado ha interdetto Donald Trump dalle primarie repubblicane statali, negandogli potenzialmente qualsiasi possibilità di candidatura alla Casa Bianca.

Con 4 voti a favore su sette, la Corte suprema, accolto il ricorso di un gruppo di elettori, ha applicato per la prima volta nella storia americana ad un candidato presidenziale il 14esimo emendamento: la norma, risalente agli anni immediatamente successivi alla guerra di secessione, vieta qualsiasi carica pubblica a funzionari coinvolti in un'”insurrezione” o “rivolta” contro la costituzione che hanno giurato di sostenere.

La III sezione del XIV emendamento recita, infatti, quanto segue:

Nessuno potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vice-Presidente o potrà tenere qualsiasi ufficio, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, avendo previamente prestato giuramento -come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato- di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, abbia preso parte a un’insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione.

La decisione, sospesa sino al 4 gennaio, vigilia della scadenza per la stampa delle schede nel ‘Centennial State’, riguarda solo le primarie in programma il 5 marzo, ma potrebbe avere conseguenze anche nelle elezioni generali di novembre: se arrivassero altre sentenze analoghe, per ora negate nelle cause intentate in New Hampshire, Minnesota e Michigan, risulterebbe molto complesso per Trump agguantare una nomination.

E anche nel remotissimo caso dovesse essere in grado di ottenerla, rischierebbe ugualmente di non poter essere votato in altri Stati, anche se più amichevoli rispetto al democratico Colorado.

Un effetto domino ben evidente ad entrambe le parti.

I giudici della Corte suprema del Colorado si sono detti: “Consapevoli della portata e del peso delle nostre responsabilità, ma nello stesso tempo anche del nostro solenne dovere di applicare la legge, senza timori o favori, e senza lasciarci influenzare dalla reazione pubblica alle decisioni che la legge ci impone di prendere”.

 



 

Biden, attaccato pubblicamente dal magnate americano tramite i propri canali social, alle accuse che lo segnalano quale demiurgo della strategia anti-Trump risponde con insistenza che “non ci sono dubbi che Trump abbia sostenuto un’insurrezione e adesso sta rincarando la dose”, riconoscendo comunque che spetta alla Corte suprema decidere sul 14esimo emendamento: saranno, dunque, i giudici a decidere le sorti delle prossime presidenziali americane, come successe già nel 2000, quando intervennero per bloccare il riconteggio dei voti in Florida richiesto da Al Gore nella risicata vittoria di George W. Bush.

Trump tuona sul social Truth: “La sentenza della Corte Suprema è ‘interferenza elettorale’,  una ‘vergogna per il nostro Paese‘”.

Saranno ora i giudici a doversi esprimersi

La Corte suprema dovrà decidere se la norma può essere applica anche ad un candidato presidenziale: bisognerà scegliere tra un’interpretazione letterale, che non menziona la carica del presidente, ed una relativa all’essenza stessa della norma, che sembra riguardare tutti i funzionari pubblici, previo o meno accertamento giudiziario dell'”insurrezione” o “rivolta” che Trump avrebbe istigato presso Capitol Hill.

Quella dei giudici si prospetta essere una decisione dai riscontri ben più politici che legislativi: se decideranno a favore del 14esimo emendamento, Donald Trump potrebbe essere interdetto in molti Stati, col rischio di reazioni violente dei suoi fan. Viceversa, il tycoon potrà usare la vicenda come strumento di propaganda,  sfruttando la narrativa che lo vuole vittima di un complotto a proprio favore.

Resta inoltre l’incognita sull’immunità: Donald Trump, infatti, ha chiesto di non esaminare il ricorso all’immunità prima degli appelli nei gradi inferiori, al fine, evidentemente, di guadagnare tempo e far slittare il dibattimento il più possibile.

Durante il comizio trumpiano tenutosi presso la cittadina di Waterloo, un velivolo che brandiva uno striscione con un criptico ‘Melania-knows’ squarcia il cielo azzurro e le coscienze di chi può intenderlo

Durante il comizio di Trump presso la cittadina di Waterloo, nello stato dell’Iowa, un piccolo aereo ha sorvolato il cielo sopra la zona in cui erano radunati i suoi sostenitori: il velivolo aveva uno striscione attaccato dietro con la scritta “Melania knows”.

Un’allusione a qualcosa di oscuro che la moglie di Trump saprebbe riguardo il marito?

Un messaggio volto ad imbarazzare l’ex first lady Melania Trump?

Al momento non ci sono notizie attendibili a riguardo, per tanto il Lincoln Project ha invitato i suoi follower su X a sciogliere l’enigma ponendo la seguente domanda: «Qualcuno di voi ha idea di cosa sappia Melania?».

In ogni caso, sia questo un tentativo di intimorire l’ex immobiliarista o una strategia per presentarlo al ‘pubblico votante’ americano come l’uomo resiliente alle ingiustizie, resta da evidenziare che il suo staff ha sfruttato magistralmente il calo di consensi riscontrato dal presidente Biden.

Trump, infatti, al momento risulta, rispetto agli ultimi sondaggi, in vantaggio di 4 punti percentuali rispetto al corrispettivo democratico.

Luigi Di Vito

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