Nella società moderna la percezione del dolore viene considerata diversamente in base al genere. Persiste il pregiudizio che il dolore femminile sia semplice isteria.
Ogni individuo ha una diversa percezione del dolore. Sicuramente uomini e donne hanno diverse impressioni, diverse sensazioni, anche per quanto riguarda il grado di tolleranza del dolore. Eppure, la medicina occidentale tratta in modo diverso il dolore femminile e quello maschile. In che termini?!
Il dolore è il sistema d’allarme del nostro organismo, la sua forma di difesa. Serve a farci capire che qualcosa non funziona. Ciò che lo rende così efficace, è sicuramente la soggettività. Tutti allontanano la mano dal fornello per non bruciarsi, ma nessuno prova dolore allo stesso modo.
Si tratta di un meccanismo sia sensoriale che emotivo, in grado di influenzare sia la sfera prettamente fisica che quella psicologica. Ad esempio, un taglio produce dolore per la fuoriuscita di sangue, ma anche stress emotivo per il fastidio della ferita.
Dunque, la componente psicologica è intrinseca per ogni tipo di dolore. Il nostro corpo è una macchina perfetta proprio perché tutto è collegato. Allora perché se una donna accusa dolore, allora è isterica?!
Dolore femminile VS dolore maschile
I medici occidentali tendono a minimizzare il dolore accusato da una donna, rispetto a quello di un uomo. Una delle motivazioni principali è che quando una donna parla della propria vita, in realtà non viene ascoltata. Mobbing a lavoro, violenza sessuale o di un partner sono argomenti che la società tende a ignorare o a inglobare in sfere separate, come se non fossero reali. Diventano mere questioni femminili da catalogare nella lotta femminista, che tra l’altro può diventare pure controproducente.
Tutto ciò si ripercuote indiscutibilmente anche sulla salute. Il problema principale è che se una donna accusa qualche dolore, si da per scontato che esso debba essere per forza di natura psicologica. In primis, non si tiene affatto conto che dolore fisico ed emotivo sono estremamente connessi. Poi, non si considera che anche un uomo è influenzato dalla propria psiche anche quando percepisce dolore.
Tanto per dirne una, nel 1949, il Journal of Clinical Investigation pubblicò uno studio sul dolore del parto. Per alcuni, il dolore che una donna provava durante il parto poteva essere esclusivamente di natura psicologica. Se una partoriente si agitava, allora il parto era doloroso, altrimenti tutto liscio come l’olio, come se non si stessero squarciando tessuti dall’interno.
I parametri del dolore erano calibrati su quelli degli uomini e alla fine, dato che era impossibile affermare il contrario, si affermò che in effetti il parto era doloroso. Negli anni Settanta, accertato il dolore del parto, gli scienziati iniziarono a chiedersi se la percezioni minore o maggiore potesse dipendere dal rapporto col marito.
Allo stesso modo, se una ragazza accusa dolore durante il rapporto, anche senza alcuna patologia fisica, e ciò le causa angoscia, per l’opinione comune è si tratta di isteria o di depressione. Che il partner possa essere brusco, non viene nemmeno considerato.
Tutte queste considerazione provengono da un retaggio culturale vecchio e maschilista che, tanto per cambiare, le donne devono continuare a trascinarsi dietro.
Anche nella sfera medica bisogna combattere coi pregiudizi. Si passa troppo facilmente da ciò che è vero sulle donne a ciò che si pensa di loro. Quando nelle statistiche è evidente che una donna sia affetta da ansia e depressione più di un uomo, ciò non dipende dalla sua fragilità, ma da fattori socioeconomici altrettanto evidenti.
Un uomo è sottoposto a molte meno difficoltà. Deve combattere molte meno battaglie. Non di tratta di femminismo, ma di realtà. Essere come la società impone di essere, madre, moglie, figlia, sorella perfetta, sempre sul pezzo, è particolarmente stressante.
Basta pensare che i dolori femminili siano sono nella teste delle donne. Non è così.
Antonia Galise