Marco Cappato è imputato nel processo davanti alla corte d’Assise di Milano per aiuto al suicidio di Dj Fabo. Cappato aiutò il ragazzo, tetraplegico e cieco dopo un incidente, a raggiungere una clinica svizzera nella quale avrebbe praticato il suicidio assistito. Questa procedura è illegale in Italia, poiché integra il reato di aiuto al suicidio, disciplinato dall’articolo 580 del codice penale.
Cappato era ben conscio di ciò, ma allo stesso tempo fermamente convinto che esiste, oltre il diritto alla vita, anche un diritto di morire con consapevolezza e dignità. Perciò, al ritorno dall’ultimo viaggio di Dj Fabo, si era autodenunciato ai carabinieri.
La vicenda giudiziaria
Dopo le indagini sulla morte di Fabiano Antoniani, la Procura di Milano avanzò una richiesta di archiviazione. Nella motivazione, i PM Tiziana Siciliano e Sara Arduini scrissero che Marco Cappato aveva aiutato Dj Fabo ad esercitare il suo diritto “alla dignità umana” che va bilanciato con il diritto alla vita. Tuttavia il GIP Luigi Gargiulo respinse la richiesta della Procura, imponendo l’imputazione coatta.
Proprio in questi giorni, i PM hanno avanzato una richiesta di assoluzione, perché il fatto non sussiste. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ha usato parole chiare:
Noi pubblici ministeri rappresentiamo lo Stato, non siamo gli avvocati dell’accusa. Io mi rifiuto di essere l’avvocato dell’accusa. Io rappresento lo Stato e lo Stato è anche l’imputato Cappato. È nostro dovere cercare prove anche a favore dell’imputato e anche alla luce del dibattimento che è stato svolto, è nostro dovere sollecitare la formula assolutoria per Cappato. E anche se la Costituzione italiana non parla espressamente di diritto alla dignità, la CEDU all’articolo 1 parla proprio di dignità umana e recita: “la dignità umana è inviolabile e deve essere tutelata”.
Sara Arduini, ha spiegato:
L’imputato non ha avuto alcun ruolo nella fase esecutiva del suicidio assistito di Fabiano Antoniani e non ha nemmeno rafforzato la sua volontà di morire.
Secondo il PM, infatti, la volontà di Fabiano di morire era forte e granitica, a causa del suo stato di cieco, paraplegico e senza la speranza di un lieve miglioramento. Marco Cappato dunque non avrebbe in alcun modo rafforzato il proposito suicidiario di Dj Fabo, ma l’avrebbe solo rispettato.
Il commento di Cappato: “Se giudicheranno irrilevante il mio aiuto a Dj Fabo, preferisco una condanna”
Nell’ambito di una dichiarazione spontanea in aula, Cappato ha commentato:
Se dovesse essere giudicato irrilevante l’aiuto che ho dato a Fabiano, a un’assoluzione preferisco una condanna.
Cappato ha poi chiesto alla Corte di fare una riflessione su quante persone in questi anni si sono recate oltreconfine per praticare il suicidio assistito. La differenza starebbe nel fatto che Dj fabo ha agito pubblicamente, dando voce a tutti coloro che hanno fatto la stessa cosa ma senza ricevere eco mediatico.
I difensori Massimo Rossi e Francesco Di Paola hanno aggiunto che il radicale ha solo aiutato Fabiano Antoniani a non subire una grave sofferenza e a realizzare così la propria autodeterminazione:
Il suicidio assistito era l’unica strada consentita a Fabiano per affrancarsi dalle sofferenze altrimenti date dall’interruzione delle cure. Non siamo in presenza, né lo si vuole qui affermare, di un diritto al suicidio. Vogliamo invece ribadire che esiste il diritto per tutti i cittadini ad avere una dignità e non essere sottoposti a condizioni degradanti.
I legali hanno chiesto di eccepire l’incostituzionalità dell’articolo 580 del codice penale. La vicenda non può quindi risolversi senza prima un intervento della Corte Costituzionale.
Rossella Micaletto