Chi non amerebbe sfoggiare un bel cappotto in pelliccia di ermellino, soprattutto durante queste fredde vacanze di Natale? Eppure tutti sappiamo che chi indossa una vera pelliccia, non esibisce solo il lusso, ma anche la sofferenza dell’animale a cui apparteneva. Basti pensare a una delle tante tecniche barbare per ricavare la pelliccia dagli animali, come quella del lasciarli in un ambiente gelido forzatamente e per lungo tempo affinché la loro pelliccia aumenti di volume.
L’antichissima arte del conciare le pelli è da sempre uno dei punti cardine delle lotte degli animalisti e degli ambientalisti, che negli hanno ottenuto importanti risultati negli Usa, con l’approvazione di un divieto in California nello scorso ottobre circa la produzione di prodotti in pelliccia, lo stesso che è invece in fase di consultazione a New York.
Alcuni pro-fur , invece, si chiedono come mai quella contro le pellicce meriti di essere una battaglia mediatica e quella contro le armi no, portatrici di una violenza ben maggiore.
Tuttavia il settore non può dirsi in crisi, infatti il suo problema riguarda soprattutto il modo di relazionarsi con il pubblico, che gli animalisti, al contrario, sono sempre in grado di tenere vivo e aggiornare, stando in mezzo alla gente. L’amministratore delegato della International Fur Federation, Mark Oaten, si è pronunciato al riguardo:
“Siamo frustrati. Abbiamo una bella storia da raccontare ma non siamo stati bravi ad articolarla.”
Per una volta, ambientalisti e animalisti potrebbero essere in disaccordo…
Sì, perché qualcuno potrebbe pensare che la pelliccia sintetica sia il giusto compromesso tra il rispetto degli animali e il non voler rinunciare a questo capo d’abbigliamento, ma si sbaglia. Infatti, le fibre di una fake-fur si degradano allo stesso tempo di quelle di un qualsiasi prodotto in plastica: mai! Al contrario delle fibre naturali di una pelliccia autentica. Mark Oaten ha già commentato la scelta di Prada di ricorrere a pellicce sintetiche:
“Sono sorpreso che un gruppo attento alla sostenibilità metta al bando un prodotto naturale come la pelliccia. Ora i suoi clienti avranno come unica alternativa la pelliccia in plastica, che è dannosa per l’ambiente.”
Inoltre è un settore artigianale che non conosce le minacce della terza rivoluzione industriale al mondo, perché continua a valere 30 miliardi di fatturato nel mondo e a dare tanti posti di lavoro, dagli allevatori, agli artigiani fino ai designer.
Francesca Santoro