Cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento ?
I disturbi specifici dell’apprendimento sono condizioni, non malattie, che riguardano la capacità di imparare a leggere, scrivere e calcolare con velocità e correttezza. In Italia il 3-4% della popolazione soffre di almeno uno di questi disturbi senza dubbio, ma può capitare che chi ne soffra non se ne accorga subito e quindi non riceva le “agevolazioni” previste dal Ministero della Pubblica Istruzione.
I disturbi specifici dell’apprendimento possono rientrare in quattro classi: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. La dislessia riguarda la capacità di lettura e decodificazione di un testo, la disortografia e la disgrafia sono disturbi della scrittura: la prima si manifesta con la difficoltà di apprendere l’ortografia, la seconda come disturbo motorio della scrittura. Infine, la discalculia riguarda la capacità di comprendere e lavorare con i numeri.
Chi ha DSA è meno intelligente ?
Nessuno di questi disturbi è una malattia e chi ne soffre non ha deficit cognitivi di alcun tipo, la causa è da ricercarsi nel funzionamento dei circuiti neuronali che ci permettono di leggere, scrivere, calcolare. Perché sia diagnosticato uno di questi disturbi, infatti, il QI del paziente deve essere maggiore di 85 -deve avere un’intelligenza cioè nella media. La dislessia, la discalculia, la disortografia e la disgrafia sono condizioni, particolarità neurologiche.
Le soluzioni del Ministero
In ogni caso, il nostro ordinamento prevede (solo dal 2010) delle garanzie per gli alunni DSA attraverso l’uso di strumenti compensativi e dispensativi. Tali strumenti spesso non rendono i compiti assegnati meno difficoltosi dal punto di vista cognitivo, la difficoltà anzi resta la stessa degli altri compagni. Il modo di apprendere di un ragazzo DSA non è lo stesso degli altri: leggere un lungo brano, ad esempio -per un alunno con dislessia-, è solo difficoltoso e non facilita in nessun modo l’apprendimento. Dal momento che i disturbi specifici dell’apprendimento non sono malattie e non rientrano nella disabilità, chi ne “soffre” ha diritto ad un piano didattico personalizzato (PDP). Un piano di studi che la scuola mette in atto per andare incontro alle esigenze particolari di un alunno. Gli insegnanti sono tenuti a occuparsi del piano di studio personalizzato per gestire al meglio le capacità di apprendimento dell’alunno.
I disturbi specifici dell’apprendimento sono sempre esistiti ?
In Italia si parla di dislessia circa dagli anni ‘60 anche se, sicuramente, questo genere di disturbi sono sempre esistiti. Tuttavia è stata l’alfabetizzazione di massa a portare alla luce il fenomeno e a renderne necessario lo studio. Da allora, nonostante i soggetti affetti da DSA siano tutelati da una serie di diritti, non sempre questi permettono loro di studiare in un clima di inclusività dove le loro capacità sono riconosciute come differenti e non minori. La maggior parte delle volte, fin dalle elementari, chi ha DSA viene discriminato dai compagni stessi, considerato paradossalmente un “agevolato” che deve studiare di meno.
Come viene percepito il disturbo specifico dell’apprendimento dai compagni
Questo dover studiare di meno porta i compagni a vedere l’alunno DSA come meno meritevole o intelligente degli altri. Ai compagni molto raramente viene spiegato cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento e spesso, chi ne soffre, se ne vergogna e si sente in difetto rispetto a coloro che imparano “senza problemi”. In terza elementare tutti i bambini sapranno calcolare 32×2, ma se nella classe c’è un discalculico questi non saprà fare 32×2 e si sentirà uno stupido.
Come si percepisce chi ha DSA rispetto ai compagni
Si sentirà inferiore rispetto al resto della classe con conseguenze devastanti per la sua autostima. Certo, poi con il tempo ci si rende conto che l’intelligenza non manca, spiega Francesco Riva, autore del libro “Dove sei Albert?”, ma all’inizio è doloroso. L’abbassamento di autostima è dovuto al sentirsi diversi, eppure il modo di pensare e di apprendere è diverso per ognuno di noi. Non esiste un binario apprendo/non apprendo, normale/anormale.
L’ignoranza è un’altra cosa
Ognuno di noi apprende in modo diverso e chi ha DSA è normale perché diverso, come tutti. Sara S., una mia ex compagna di liceo con discalculia grave, spiega che la comprensione del testo o la risoluzione del problema matematico non manchino. Per spiegarlo fa un esempio “So benissimo che Dante vive nel 1265 ma non saprei dire, se viene esiliato, con esattezza, nel 1300 o il 1302, non perché non ricordo le dinamiche intorno all’esilio di Dante Alighieri ma perché non riesco a ricordarmi se la cifra finale sia un 2 o un 3.” Questo può facilmente essere scambiato come ignoranza. Imparare e ricordare a memoria date e tabelline però, non è scontato né uguale per tutti, e soprattutto non può essere un termine di paragone per valutare la preparazione o l’intelligenza di una persona.
Se cambiassimo rotta
In realtà se noi ci soffermassimo sulla comprensione del testo o sulla capacità di problem solving e non sul solito setting scolastico italiano del dare-ricevere nozioni in modo totalmente impersonale, i DSA scomparirebbero. Se il nostro sistema di insegnamento fosse davvero inclusivo cercando la comunicazione con chi ha DSA, volendo comprendere perché ci si distrae o perché quel passaggio non si riesce proprio a ricordarlo, i DSA probabilmente non avrebbero bisogno di tutti questi strumenti che spesso li fanno anche sentire a disagio.
Normale chi?
Socialmente però, sembra inaccettabile non ricordarsi la tabellina del 3 o non essere certi di una data importante come l’esilio di Dante, perché ci si aspetta che questo è normale. Ma normale non esiste, non c’è un rapporto duale, una divisione netta, tra ciò che è normale e ciò che non lo è. Ci sono solo molte persone, tutte diverse tra loro, ognuna con un tipo di intelligenza personalissima e non sempre in accordo con altri tipi di intelligenze. Troppo spesso ci troviamo a combattere con degli stereotipi e troppo spesso chi ha DSA è “intelligente ma non si applica”, “Quanti geni ci sono e ci sono stati che sono dislessici”, “Non sembri dislessico”, “Sei intelligente per essere discalculico”..
Il paradosso dell’ingiustizia nella società della libertà
Non è un’ingiustizia sentirsi diversi e in qualche modo penalizzati per non corrispondere a un sistema prestabilito che pretende che siamo tutti uguali ? La base dell’uguaglianza non dovrebbe essere proprio il riconoscimento delle differenze ? Forse è arrivato il momento di rivoluzionare la nostra cultura, mettendo in discussione la società dei privilegi e imparando che diverso non è né migliore né peggiore.
Virginia Maggi