Testa tra le nuvole? Dipende dai neuroni del cervello

Uno studio dell’università di Stanford ha scoperto che le nostre impreviste e temporanee distrazioni dipendono dai neuroni del cervello che arrestano la loro attività per qualche secondo per risparmiare energia

A tutti capita ogni tanto di avere la testa tra le nuvole. Cerchiamo di prestare attenzione a qualcosa che stiamo facendo, ad una lezione che con fatica e rassegnazione un professore sta cercando di impartirci, alle parole di un amico e, piano piano, il nostro cervello inizia ad abbandonarci e i pensieri volano via, chissà dove, e ci dimentichiamo per qualche momento di tutto.

Questo accade perché il cervello, anche quando siamo svegli, si “addormenta” per qualche momento andando in stand-by. Uno studio condotto dall’Università di Stanford e pubblicato sulla rivista Science ha rilevato che i neuroni della corteccia celebrare, per risparmiare energia, a turno e nella frazione di pochi secondi, passano da uno stato attivo, “on”, ad uno stato di riposo, “off” per l’appunto.

Questa temporanea e breve inattività dei neuroni avviene per risparmiare energia e, inevitabilmente, genera in tutti noi questi fenomeni di distrazione e disattenzione.

I ricercatori che hanno diffuso questo studio sono riusciti a scoprire tale scoperta studiando e osservando attentamente i comportamenti delle scimmie e analizzando e registrando la loro attività celebrare. Secondo Kwabena Boahen, docente di bioingegneria dell’università di Stanford, durante la fase “on” i neuroni registrano un’attività estremamente attiva e veloce poi, improvvisamente, iniziando a rallentare e ad entrare nella fase “off”. Questo alternarsi di attività e inattività avviene continuamente.

Riportando il discorso su noi esseri umani, nel momento in cui la nostra attenzione viene richiesta per focalizzarsi su un nuovo stimolo proveniente da input esterni, i neuroni del nostro cervello non smettono mai di oscillare in questo “stato di coscienza e incoscienza”, tuttavia rimangono maggiormente nella modalità “on”, permettendo a noi e al nostro cervello di poter assimilare e prestare attenzione a ciò per cui essa viene richiesta. Secondo la dott.ssa Tatiana Engel, co-autrice di questo studio, questa tipologia di attenzione viene identificata come “selettiva” e consiste nell’avere alcune parti del cervello un po’ più sveglie per un po’ più di tempo in quanto focalizzate su input nuovi che provengono dall’esterno.

Secondo i ricercatori dello studio, questi cali di disattenzione servono ai neuroni del cervello per risparmiare energia e, inoltre, per eliminare tutte le “sostanze di scarto” che vengono generate dei neuroni nel momento in cui sono in modalità attiva, dannosi per le cellule stesse.

 

Giulia Simeone

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