Tutti i dissidenti russi avvelenati più o meno misteriosamente negli ultimi anni

dissidenti russi avvelenati

L’ultimo in ordine di tempo sarebbe il miliardario russo Roman Abramovich, ex patron del Chelsea che, insieme ad altri due negoziatori russi, qualche giorno fa avrebbe riportato dei sintomi da avvelenamento. La notizia, però, è destinata a restare fumosa e a non trovare conferme: i protagonisti della vicenda ora stanno bene e, essendo l’accaduto risalente a inizio marzo, nessuno di questi è stato sottoposto agli accertamenti necessari a dimostrare la presenza di sostanze tossiche nel loro corpo. Altri dissidenti russi sono però risultati misteriosamente avvelenati nel corso degli ultimi anni. 





Al di là degli sviluppi più recenti, però, la Russia di Vladimir Putin è uno Stato in cui, più volte, si è parlato di avvelenamenti senza troppi dubbi. Che sia solamente propaganda antirussa da parte dei nemici brutti e cattivi dell’Occidente? In molti osservatori hanno notato come l’essere oppositori del Cremlino porti, emblematicamente, ad avere maggiori possibilità di imbattersi in qualche sostanza tossica, disciolta magari in una bevanda o presente su una superficie di una camera d’albergo.

Dissidenti russi avvelenati: perché proprio il veleno?

Con tutti i modi che esistono per togliere di mezzo qualcuno, però, perché la Russia dovrebbe avere questa ossessione per il veleno? Le risposte sono molteplici e, secondo gli osservatori, anche alternative: alcune sostanze sono molto difficili da rilevare e le morti o i malori che eventualmente causerebbero sarebbero difficili da dimostrare, per via dell’inafferrabilità delle tracce che lasciano.

Molti, poi, ritengono che siano necessari agganci di altissimo profilo per procurarsi queste sostanze e farle circolare all’interno degli ambienti istituzionali: la Russia fa parte dei firmatari della Convenzione sulle Armi Chimiche del 1993, ma sostanze come il Novičok permettono di aggirare facilmente i divieti internazionali. Sono infatti difficilmente tracciabili con i metodi chimici standard in uso presso la NATO.

No, avvelenatori non ci si improvvisa

Di altissimo profilo, poi, dovrebbero essere anche le conoscenze delle persone che maneggiano queste sostanze con lo scopo specifico di avvelenare qualcuno: il rischio è quello infatti di rimanere uccisi dallo stesso piano che si sta mettendo in atto ai danni di qualche altra ignara vittima. Questa sarebbe per i detrattori di Putin la prova regina: solamente gli agenti segreti potrebbero contare su questo tipo di professionalità, mentre altri sostengono che questo non sia un criterio dirimente.

Rimane il fatto che produrre un veleno come il Novičok non sia un lavoretto da improvvisare in cantina il sabato pomeriggio: per farlo è necessario l’armamentario di un laboratorio militare.  Già Lenin, nel secolo scorso, aveva dato l’ordine di istituire un impianto chimico segreto, sotto il nome di LAB X: la produzione di questo stabilimento serviva per togliere di mezzo i dissidenti, come accadde con il bulgaro Georgi Markov, raggiunto a Londra da una consegna particolare di ricina, recapitatagli tramite un innocuo ombrello alla fine degli anni Settanta.

Ma veniamo ai giorni nostri: quanti sono i soggetti che si presume siano stati avvelenati dal Cremlino nell’era Putin?

1. Alexei Navalny, agosto 2020

Praticamente semisconosciuto almeno sulla scena internazionale prima del suo tentato avvelenamento, Alexei Navalny viene indicato oggi come uno degli oppositori più determinati di Putin. Durante la campagna elettorale del 2020, Navalny rientrando dalla città di Tomsk sale su un aereo per Mosca. Durante il volo, però, perde conoscenza e viene ricoverato in coma nella città periferica di Omsk. A causa dell’inadeguatezza della struttura, delle pressioni della famiglia e dell’intervento di Francia e Germania, Navalny viene trasportato a Berlino, dove viene curato.

Decide di rientrare in patria, nonostante sia consapevole che il comitato d’accoglienza russa gli abbia preparato una sorpresa amara. Lo arrestano all’atterraggio e Navalny finisce in uno dei carceri più duri di Russia, per poi essere sottoposto a un processo farsa e ricevere una condanna a 9 anni. Qual è però la colpa di Navalny? Fondamentalmente, l’essersi messo sulle tracce dei soldi di Putin, attraverso alcune videoinchieste pubblicate su Youtube.

2. Sergei Skripal e sua figlia, marzo 2018

A Salisbury, nel sud dell’Inghilterra, il 4 marzo 2018, su una panchina vengono trovate riverse due persone: si chiamano Sergei e Julija Skripal, hanno rispettivamente 67 e 33 anni e sono padre e figlia. Ma c’è ancora un dettaglio: Sergei è un ex agente dell’intelligence militare russa, condannato proprio dalla sua nazione per alto tradimento, perché accusato di aver ceduto ai servizi segreti britannici alcune informazioni. Dopo gli accertamenti, risultano avvelenati anch’essi dal Novičok. Guariscono dopo una lunghissima convalescenza: anche uno dei poliziotti che li soccorre deve sottoporsi a un lungo periodo di cure.

3. Vladimir Kara Murza, febbraio 2017

Quando il giornalista russo Vladimir Kara Murza arriva in ambulanza all’ospedale di Mosca il 2 febbraio 2017 sembra che a colpirlo sia stato un blocco renale. Poco dopo, però, gli esami stabiliscono che è stato intossicato da una sostanza sconosciuta. Il giornalista 35enne, allora, del movimento dissidente Open Russia, chiede di essere trasferito all’estero, dove resta a vivere.

4. Alexander Litvinenko, novembre 2006 

Un altro agente dei servizi russi, nel 2006, era fuggito a Londra. Si chiamava Alexander Litvinenko e aveva accusato i suoi capi di aver ordito l’assassinio di un oligarca, Boris Berezovsky. Dalla Gran Bretagna, poi, aveva accusato il Cremlino di aver ucciso anche la giornalista Anna Politkovskaya. Il 1 novembre 2006, però, Litvinenko viene ricoverato per un malore improvviso. Qualche ora prima ha incontrato alcuni russi in un albergo di Londra e, dopo varie analisi, si scopre che Litvinenko ha ingerito il letalissimo polonio, attraverso una tazza di tè.

Dopo incredibili sofferenze, Litvinenko muore una ventina di giorni successivi all’avvelenamento, in una delle storie più atroci relativamente ai dissidenti russi avvelenati. Le indagini britanniche individuano come responsabile un agente dell’Fsb, Andrey Lugovoi: Mosca, però, rifiuta l’estradizione. Oggi a battersi per la giustizia rimane la vedova di Litvinenko, Marina. 

5. Viktor Yushchenko, settembre 2004

Non solo dissidenti russi avvelenati. Nel 2004, l’ucraino Yushchenko è candidato alle elezioni presidenziali come leader dell’opposizione, contro il candidato filorusso Viktor Yanukovych. Nel settembre 2004, dopo qualche cucchiaio di minestra, viene ricoverato: si trova in Austria e viene salvato dalla morte. Nella minestra, si scopre, c’era della diossina. Con il volto sfigurato, decide comunque di correre alle elezioni di due mesi dopo, che si svolgono tra proteste e accuse di brogli.

Vince il suo avversario, ma le persone scendono in piazza con la “rivoluzione arancione” . Ottengono che le votazioni si ripetano, con un ballottaggio che gli assegna la vittoria. Successivamente afferma di essere stato avvelenato durante una cena, da tre uomini poi fuggiti in Russia. Uno di questi sarebbe Volodymyr Satsyuk, ex vicecapo dei servizi segreti ucraini e poi insignito della cittadinanza russa. 

Elisa Ghidini

 

 

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