La dissalazione (o più comunemente desalinizzazione) è uno degli argomenti che più mi interessa, così come mi interessano tutte le tecnologie che possono aiutare a risolvere ed affrontare i problemi ambientali perché sono fermamente convinto che la risposta al degrado ambientale e alla penuria di risorse che abbiamo provocato (sia con la civiltà industriale che col semplice sovrappopolare il pianeta) risieda prima ancora che in un cambio di mentalità nel trovare le soluzioni tecnologiche ai problemi.
La crescente penuria di acqua potabile è uno di questi problemi, eppure questo pianeta è coperto da mari ed oceani per due terzi (360.650.000 kmq rispetto ai 149.600.000 di terre emerse) , dunque la dissalazione, il processo con cui si rimuove la parte salina dall’acqua salata potrebbe risolvere il problema in molte aree aride, perlomeno tutte quelle a ridosso del mare. La notizia che giunge dal MIT di un sistema di dissalazione passiva molto più efficiente dei precedenti non poteva non attirare la mia curiosità.
La ricerca è frutto di una collaborazione tra scienziati del prestigioso Massachusetts Institute of Technology e dell’Università Jiao Tong a Shanghai ed è stata pubblicata su Energy and Environmental Science.
Passiva significa che si tratta di un processo che non richiede l’utilizzo di macchinari e dunque l’impiego di energia a parte quella del Sole, appare evidente come questo renda la tecnologia ancora più appetibile sia per ragioni di efficienza energetica, che di costi, che ambientali.
Il bello è che a noi profani una volta spiegato il sistema con cui i dottorandi Lenan Zhang e Lin Zhao, il post-dottorando Zhenyuan Xu, e il capo del dipartimento di ingegneria meccanica la professoressa Evelyn Wang hanno ottenuto questo risultato sembra persino banale. Essenzialmente un distillatore solare multistrato, a ogni stadio del processo i pannelli solari scaldano l’acqua fino a farla evaporare, il vapore si condensa sul pannello successivo e qui entra in gioco il vero uovo di Colombo, quando il vapore si condensa rilascia calore, normalmente quel calore andrebbe perso, invece questi ricercatori hanno trovato il modo di recuperarlo usandolo per riscaldare il successivo pannello vaporizzatore, questo ha innalzato enormemente l’efficacia del prodotto.
Gli scienziati per la loro prova del concetto hanno realizzato un dispositivo a dieci elementi sul tetto del MIT e hanno ottenuto acqua potabile di qualità superiore a quella richiesta dagli standard minimi degli acquedotti cittadini in quantità di 5,78 per metro quadrato , un’efficienza di più del 200% (cioè più del doppio) superiore al record precedente ma gli scienziati sostengono che teoricamente che un dispositivo più grande potrebbe arrivare fino al 700 o 800% di maggiore efficienza.
Questo sistema di dissalazione passiva è perlopiù realizzato con componenti economici, quindi scalarlo non dovrebbe essere un problema per i costi (l’unico componente un po’ costoso è un aerogel che serve da isolante termico ma gli scienziati confidano di poter trovare soluzioni alternative) e non ci sono nemmeno resti di cui disfarsi perché il sale e quanto filtrato col loro sistema tornerebbe in mare.
Roberto Todini