Putin ufficializza il dispiegamento di armi nucleari in Bielorussia

Putin annuncia il dispiegamento di armi nucleari russe in Bielorussia.

Mentre in Ucraina l’esercito di Kiev ha intensificato la controffensiva e le forze russe hanno iniziato a colpire i soccorritori e i superstiti del disastro della diga sul Dnepr, Putin incontra Lukashenko a Sochi, in Russia, per rafforzare l’intesa bellica e siglare un nuovo accordo militare tra i due Paesi.

In uno scenario “bucolico” allestito appositamente per il vertice economico tra diversi Paesi dell’ex Unione Sovietica, i due Presidenti di Russia e Bielorussia si sono confrontati in merito al dispiegamento di armi nucleari russe nel territorio bielorusso, previsto entro la prima settimana di luglio 2023.

Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa russa Interfax, Putin ha affermato che:

“Il 7-8 luglio saranno completati i preparativi delle relative strutture e inizieremo immediatamente le attività legate al dispiegamento di tali armi sul vostro territorio”.

E mentre ospitava Lukashenko nella sua residenza sul Mar Nero, il Presidente russo ha tenuto un discorso televisivo dove ha aggiunto: “Tutto sta procedendo come previsto”.

Il dispiegamento di armi nucleari russe in Bielorussia: il piano che Putin aveva già in mente da tempo

Già lo scorso marzo, Putin aveva annunciato la sua volontà di collocare armi nucleari tattiche in Bielorussia come conseguenza dell’annuncio della Gran Bretagna di consegnare alle forze militari ucraine proiettili all’uranio impoverito.

“Le metteremo lì per addestrare i militari bielorussi a partire dal 3 aprile, come hanno fatto gli Stati Uniti in Europa”

Con queste parole, Putin si è espresso in merito alla sua volontà di distribuire armi tattiche nucleari di sua proprietà nel territorio bielorusso, volendo inoltre sottolineare il fatto che questo suo progetto non infrange il trattato di non proliferazione nucleare “Start”.

Come riportato dalla testata “European Pravda” che si ricollega alle informazioni rilasciate dall’agenzia russa “RIA Novosti” e alle parole del vicecapo della delegazione russa, Konstantin Vorontsov, pronunciate in un intervento durante una riunione del Primo Congresso dell’Assemblea Generale dell’ONU, Putin aveva già l’intenzione di convertire alcuni aerei bielorussi Su-25 per adattarli al trasporto di armi nucleari, con lo scopo di utilizzare tali mezzi per trasferire i sistemi missilistici Iskander-M a doppia capacità, in territorio bielorusso.

Infatti, Vorontsov ha dichiarato che le azioni russe che prevedono lo spostamento di armi nucleari, sono legittimate dalla possibilità di un avanzamento delle disposizioni nucleari della Nato verso est (un esempio è la Polonia, che da anni sostiene di essere coinvolta in progetti nucleari tuttora pianificati).

In questo contesto, si aggiunge l’Istituto per lo studio della guerra (ISW) che asserisce che Putin era già propenso a collocare armi nucleari in Bielorussia prima dell’invasione dell’Ucraina, ma poi ha fatto coincidere tale posizionamento del nucleare a Minsk con l’inizio di una campagna propagandistica volta ad intimorire i Paesi dell’Unione europea e l’Ucraina.

La minaccia nucleare chiama in causa anche Lukashenko

Le conseguenze della guerra in Ucraina e le tensioni tra l’occidentale e Mosca, hanno messo in moto un’azione volta al dispiegamento di armi nucleari russe in Bielorussia, cosa che il Presidente di Mink aveva proposto al suo alleato già a novembre 2021.

L’accordo militare sancito a Sochi è stato ufficializzato da Lukashenko in un’intervista rilasciata alla tv statale russa Rossija 1, dove il Presidente bielorusso ha affermato di essere già in possesso di una parte delle armi nucleari di Putin previste dall’accordo.




“La bomba è tre volte più potente delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Più di 80 mila persone moriranno all’istante, oltre 250mila morti successivamente. Questa bomba è tre volte più potente. Non so, un milione potrebbe morire subito. Dio non voglia che quest’arma venga usata”

Sono queste le affermazioni con le quali Lukashenko ha spiegato la potenza di tali equipaggiamenti bellici e nonostante tali armi siano dispositivi a corto raggio potrebbero comunque arrivare a colpire territori molto lontani dal confine russo.

Questo dispiegamento nucleare rappresenta il primo schieramento di questa tipologia di attrezzature militari al di fuori del confine russo a partire dalla caduta dell’Unione Sovietica,  giustificato dai due leader coinvolti facendo ricorso alla preoccupazione per le 200 testate nucleari tattiche B61 di proprietà degli USA, presenti nelle basi in Belgio, Germania, Italia, Turchia e Paesi Bassi.

La consegna delle armi nucleari, però, non sarebbe ancora terminata e, una volta ultimata, tali armamenti verranno collocati in diversi luoghi di stoccaggio presenti già nell’era sovietica e predisposti nuovamente per tale scopo.

La mobilitazione della Nato per fronteggiare il dispiegamento di armi nucleari russe

Dalle forti dichiarazioni di Lukashenko, il quale afferma che non esiterà a usare il nucleare se vi sarà la necessità e/o in caso di un’aggressione subita, la Nato ha risposto attraverso le dichiarazioni del segretario generale, Jens Stoltenberg:

“Continuiamo a vedere una sconsiderata retorica sul nucleare da parte della Russia”

Ciò non toglie il timore del pericolo oggettivo che tale mossa militare e strategica del Presidente russo comporta a livello internazionale.

La Nato, quindi, dovrà necessariamente discutere degli aspetti che riguardano il dispiegamento di armi nucleari nell’attuale contesto, per tutelare e controbattere a tale strategia militare nel minor tempo possibile.

Infatti, il segretario generale aggiunge che “I ministri prenderanno in considerazione un adattamento in corso sulla deterrenza della Nato sul nucleare”

Come risposta a tali avvenimenti, il ministro degli Esteri lituano tende a specificare, in un’intervista rilasciata al “Financial Times”, che la Nato deve senza ombra di dubbio evolvere per quanto riguarda la difesa dei Paesi baltici, soprattutto dopo questo nuovo accordo militare tra Putin e Lukashenko.

“Gli Stati baltici devono essere rafforzati. La Lituania deve essere rafforzata perché abbiamo un territorio vulnerabile”

Infatti, secondo Gabrielius Landsbergis, i progetti attuali non hanno più alcuna utilità rispetto alla situazione attuale che è ormai cambiata definitivamente.

Tali piani strategici vanno obbligatoriamente rivisti, perché nel caso in cui si perdesse il controllo del corridoio di Suwalki, le cose peggiorerebbero in pochissimo tempo, lasciando le nazioni baltiche in balia di una minaccia nucleare che colpirebbe i sistemi di sicurezza internazionali.

Andrea Montini

 

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