Studi recenti dimostrano che l’apprendimento delle lingue straniere negli studenti affetti da dislessia evolutiva potrebbe apportare significativi miglioramenti anche nell’uso della lingua madre.
Ma che cos’è la dislessia evolutiva e che cosa comporta in chi ne è affetto?
In occasione della Settimana Nazionale della Dislessia, indetta dall’Associazione Italiana Dislessia, è importante fare chiarezza su questo disturbo specifico dell’apprendimento. La dislessia evolutiva è una disabilità nell’apprendimento della lettura. Disabilità che si presenta nonostante condizioni di apprendimento e livelli di intelligenza adeguati e in assenza di altri disturbi neurologici, fisici o emozionali.
La legge 170 del 2010 riconosce la dislessia come disturbo specifico dell’apprendimento (Dsa) e introduce il piano didattico personalizzato come strumento utile a definire le specifiche modalità di insegnamento e valutazione che la scuola intende adottare nei confronti di ogni singolo studente affetto da Dsa. Queste modalità possono includere sia misure compensative, sia misure dispensative, affinché a ogni studente vengano offerte opportunità di apprendimento eque e adeguate alla sua situazione.
Per quanto non sia affatto solo un deficit, bensì spesso una risorsa, la dislessia evolutiva comporta una serie di carenze a livello linguistico. Carenze che si manifestano principalmente in una lettura lenta, faticosa e imprecisa, e in una produzione linguistica difficoltosa. Le persone affette da dislessia presentano inoltre problematiche a livello cognitivo, quali una scarsa memoria di lavoro e deficit di attenzione.
Dislessia e lingue straniere
Di fronte a questo tipo di difficoltà sembra impossibile aspettarsi che una persona dislessica possa apprendere con successo una lingua straniera. Anzi, sembra forse ingiusto sottoporla a una prova così impegnativa. Eppure, le regolamentazioni europee prevedono che ogni studente goda di pari e appropriate opportunità per l’apprendimento di almeno due lingue straniere. L’utilità dell’apprendimento delle stesse, inoltre, non è sancito solo dalla legge: studi recenti, tra cui quelli effettuati presso l’Università degli Studi di Verona, dimostrano infatti che l’apprendimento delle lingue straniere nelle persone affette da dislessia può essere la chiave per una significativa riduzione delle difficoltà legate alla disabilità stessa.
Essendo ben consapevoli delle difficoltà riscontrate nell’apprendimento e nell’uso quotidiano della lingua madre, è comprensibile che gli studenti dislessici si sentano scoraggiati all’idea di intraprendere lo studio di una lingua straniera. La dislessia infatti comporta limitata consapevolezza fonologica e grammaticale e scarsa capacità di decodificazione e spelling, nonché notevoli deficit lessicali – tutti aspetti essenziali per l’apprendimento di una seconda lingua.
Trattandosi di una seconda lingua, tuttavia, possiamo verosimilmente immaginare che le difficoltà incontrate dagli studenti dislessici saranno, almeno in una certa misura, condivise anche dagli studenti della classe che non presentano questa disabilità. La difficoltà comune genera una minore frustrazione negli studenti e può rafforzare l’autostima di chi è affetto da dislessia e favorire la motivazione all’apprendimento.
Metodi di insegnamento
Bisogna inoltre considerare una differenza sostanziale tra l’apprendimento della lingua madre e quello delle lingue straniere. Mentre la prima viene acquisita in modo naturale fin dai primi mesi di vita, le seconde vengono solitamente acquisite attraverso l’insegnamento del lessico e delle strutture grammaticali. I deficit grammaticali e lessicali dovuti a questa disabilità rendono tuttavia inefficace l’apprendimento implicito delle lingue e beneficiano invece dell’insegnamento esplicito di regole e strutture grammaticali. Per questo motivo, pur nella difficoltà, per le persone dislessiche, la modalità ideale di apprendimento è quella che viene solitamente impiegata per l’insegnamento delle lingue straniere.
È inoltre dimostrato che la competenza metalinguistica guadagnata grazie all’insegnamento esplicito della seconda lingua viene trasferita anche sulla lingua madre, garantendo allo studente dislessico una migliore padronanza della stessa. In questa ottica, dunque, l’apprendimento di una lingua straniera non è più solo un’occasione di sviluppo sociale e culturale, ma anche uno strumento di trattamento della dislessia evolutiva che ha ricadute positive anche sulla prima lingua.
Perché ciò avvenga, tuttavia, devono essere adottate tutte le misure compensative necessarie affinché l’apprendimento della lingua straniera sia per lo studente dislessico il meno complesso possibile. Caratteri più leggibili, uso di dizionari e strumenti di controllo ortografico: gli strumenti in grado di agevolare gli studenti dislessici sono numerosi e indispensabili. È inoltre essenziale tenere in considerazione le esigenze specifiche dei diversi studenti, adattando il formato e la durata delle verifiche e riducendo le richieste in termini quantitativi, ma mai qualitativi.
Infine, adottando metodi basati su multisensorialità, differenziazione delle attività e coinvolgimento, è possibile favorire l’apprendimento non solo di coloro che sono affetti da dislessia, ma anche di tutti gli altri studenti.
Cristina Resmini