Discriminazione sul lavoro per LGBT: un fenomeno più diffuso del previsto

transgender

Un recente studio condotto dalla Fundamental Rights Agency dimostra come il 23% delle persone LGBT+, in Europa, abbia subito discriminazioni sul posto di lavoro.

La FRA, agenzia dell’Unione Europea che si impegna in maniera costante per assicurare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, porta a galla un dato quasi inaspettato. Sappiamo bene quanto l’omo-bi-lesbo-transfobia impregni di marcio la società tutta, ma immaginare che l’identità sessuale possa avere un peso maggiore delle competenze lavorative di un individuo sconvolge non poco.

Il luogo di lavoro è spesso uno di quelli in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo giornaliero: un luogo in cui sentirsi, quindi, sé stessi per vivere al meglio la routine lavorativa. Ma se questo non accadesse? Se lesbiche, gay, trans, bisessuali sentissero la loro libertà d’agire e lavorare minata da un pregiudizio o atteggiamento svalutativo? 

Eclissi d’identità

Per alcuni LGBT l’unica possibile soluzione al pericolo di discriminazione è nascondere la propria identità. Fingere, quindi, di non essere sé stessi. Mostrarsi “normali” agli occhi del proprio datore di lavoro e dei colleghi. Ma quanto può far male alla propria anima tutto ciò? A lungo andare, la performance lavorativa può certamente risentire di questo soffocamento identitario, portando magari a delle conseguenze insolubili. Ma pensiamoci, dall’identità sessuale dipendono caratteristiche importantissime delle nostra persona, che possono avere un peso inestimabile sul luogo di lavoro.

Carisma, espansività, empatia sono soltanto alcuni tratti caratteriali che dipendono direttamente dalla nostra identità e dal modo di esprimerla. Eclissando noi stessi possiamo andare incontro, oltre che ad un personale malessere generale, anche a cattive performance sul luogo di lavoro. E ancora, la chiusura sociale, la paura di rilasciare informazioni personali ai colleghi e a chi ci circonda può certamente far intendere una mancata predisposizione alla socialità ed al far parte di un team, caratterizzando negativamente la propria figura lavorativa.

Le principali forme di discriminazione sul lavoro per LGBT

Quindi, se molti decidono di nascondersi, altri preferiscono dar spazio a sé stessi facendo il famoso outing sin da subito. Questa è la scelta sicuramente più coraggiosa e giusta, ma quali possono essere le conseguenze? Se si è fortunati ci si imbatte in un ambiente di lavoro aperto e fluido, non attento a particolari sfumature ma concentrato sulla qualità del lavoro soltanto. Oppure, come dimostrato dallo studio della FRA gli LGBT possono andare incontro a particolari forme di discriminazione.

Ma come può manifestarsi la discriminazione sul lavoro per LGBT? Le forme del fenomeno in causa possono essere diverse, più o meno dirette. Possono riguardare l’accesso al lavoro, le condizioni lavorative e l’espulsione dal lavoro. Quando parliamo di discriminazioni nelle condizioni lavorative queste possono riguardare la retribuzione, i possibili avanzamenti di carriera, il demansionamento ma anche la possibilità negata di effettuare corsi di formazione e orientamento. L’espulsione dal lavoro come forma discriminatoria fa ovviamente riferimento al licenziamento illegittimo di un individuo.

Discriminazione diretta e indiretta

Purtroppo, non tutte le ingiustizie nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e trans possono essere considerate discriminatorie. Esiste, difatti. una distinzione tra discriminazione diretta ed indiretta. Nel primo caso, un individuo, sulla base del suo orientamento sessuale viene favorito meno rispetto ad un altro individuo in una situazione analoga. Nel secondo caso, invece, le persone LGBT vengono poste in una situazione di svantaggio sulla base di una prassi (apparentemente neutra), per il solo motivo di avere un diverso orientamento sessuale. 




E’ importante includere nelle forme di discriminazione ( e la legge lo fa) anche le molestie. Queste ultime consistono in comportamenti indesiderati, intenzionali e non, che violano la dignità di una persona sulla base della propria identità di genere o orientamento sessuale. Le molestie creano certamente un clima intimidatorio, umiliante ed offensivo sul luogo di lavoro.

Come vengono tutelati sul lavoro gli LGBT in Italia?

Lo studio della Fundemental Rights Agency riguarda certamente l’intero continente Europeo. Ma in Italia come stanno le cose? Il nostro paese è considerato uno dei meno tolleranti in merito alle diversità. Le discriminazioni di razza, di sesso, di religione ed orientamento sessuale sono all’ordine del giorno. Ci basta ascoltare le notizie di un TG o leggere un giornale per rendercene immediatamente conto. La principale legge ( la stessa che differenzia discriminazione diretta e indiretta) che mira a contenere le discriminazioni sul lavoro per persone LGBT è il D.lgs 9 luglio 2003, n. 216 che prevede:

“[…] la parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap,
dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le
condizioni di lavoro”, tenendo conto anche “[…] del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini”.

Il decreto tutela le persone LGBT dalle discriminazioni  lavorative nell’accesso all’occupazione e al lavoro, nei criteri di selezione e nelle condizioni di assunzione; nell’occupazione e nelle condizioni di lavoro; nell’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento, formazione, perfezionamento e riqualificazione professionale; nell’affiliazione e nell’attività delle organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro e altro tipo, e nelle prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni.

Questione di mentalità

Sappiamo perfettamente quanto le leggi, seppur giuste, non riescano a limare molto spesso e in maniera profonda quegli atteggiamenti oramai radicati nella società. La discriminazione sul lavoro per LGBT può sembrare a molti un problema di poco conto. Per altri addirittura inesistente. In realtà il semplice fatto di sottovalutarlo non fa altro che ingigantirne la sua entità. Bisogna al contrario dare un’ immagine ad ogni genere di ingiustizia. Farla girare attraverso ogni tipo di canale. In modo che possa raggiungere e far riflettere il più alto numero di persone.

E’ solo una questione di mentalità. E la mentalità collettiva può evolversi in bene soltanto grazie ad una presa di coscienza. Per tale motivo bisogna parlare e non tacere. Nel 2020 un lavoratore non può essere soggetto di discriminazione a causa della propria identità sessuale; non può e non deve nascondersi.

Gabriella Gaudiano

 

 

 

 

 

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