Dopo 40 anni dal disastro di Bhopal nell’India centrale, 337 tonnellate di rifiuti tossici sono state finalmente rimosse dal sito della Union Carbide. L’operazione, iniziata nei giorni scorsi, ha coinvolto 12 camion speciali in grado di trasportare fino a 30 tonnellate ciascuno, che hanno trasferito i materiali in un inceneritore situato a Pithampur, a circa 225 chilometri dalla città. La velocità dei mezzi è stata limitata a 50 chilometri orari per garantire la sicurezza durante il trasporto, mentre oltre mille agenti e cento specialisti hanno supervisionato l’intero processo. L’iniziativa è stata avviata a seguito di una sentenza dell’Alta Corte del Madhya Pradesh, che aveva imposto una scadenza di quattro settimane per completare il trasferimento.
Un funzionario della polizia ha dichiarato che “per garantire la sicurezza, il traffico nel raggio di 2 chilometri è stato bloccato e misure simili sono in vigore per tutto il percorso”, al fine di garantire la massima sicurezza possibile anche nel trasporto delle scorie verso Pithampur.
Una ferita mai chiusa: il disastro di Bhopal del 1984
Il disastro di Bhopal risale alla notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, quando una nube di isocianato di metile fuoriuscì dall’impianto della Union Carbide, causando la morte di migliaia di persone in pochi giorni. Le stime ufficiali parlano di 3.500 vittime immediate, ma secondo i rapporti successivi i decessi nel corso degli anni superarono i 15.000.
Questo incidente rimane uno dei più gravi disastri industriali della storia, con conseguenze devastanti per la salute delle comunità locali e per l’ambiente. Nonostante i decenni trascorsi, il sito non è mai stato completamente bonificato, e i materiali tossici hanno continuato a contaminare il suolo e le falde acquifere.
La destinazione dei rifiuti e i dubbi degli attivisti
I rifiuti trasferiti sono destinati a essere inceneriti a Pithampur, ma questa soluzione ha sollevato numerose critiche. Attivisti locali e residenti temono che il processo possa provocare nuove contaminazioni ambientali, ricordando un precedente del 2015 in cui il trattamento di una piccola quantità di scarti a Bhopal avvelenò falde acquifere e ruscelli.
Le autorità hanno assicurato che saranno adottate tutte le precauzioni per prevenire ulteriori danni, inclusi test per monitorare le emissioni dell’impianto. Tuttavia, il clima di sfiducia rimane forte tra le comunità interessate.
Secondo quanto è stato fatto sapere dalla polizia locale, ogni container ha un numero di identificazione diverso e il percorso scelto è stato identificato appositamente per ridurre al minimo le interruzioni del traffico notturno. Assieme ai container, ci saranno scorte di polizia, ambulanze, vigili del fuoco e il pronto intervento.
Proteste e richieste di giustizia
Parallelamente alla rimozione delle scorie, a Bhopal si sono intensificate le proteste delle vittime del disastro e dei loro familiari. Il movimento International Campaign for Justice in Bhopal ha organizzato un sit-in a tempo indeterminato per denunciare il mancato supporto alle iniziative di cura e risarcimento.
Particolare attenzione è stata posta sulla chiusura del Sambhavna Trust, un ospedale che per 28 anni ha offerto assistenza ai sopravvissuti, ma che ha dovuto interrompere le attività per la mancanza di fondi, in seguito al blocco dei finanziamenti esteri imposto dal governo indiano.
Il piano di smaltimento: un percorso a lungo termine
Secondo i responsabili dell’operazione, lo smaltimento delle 337 tonnellate di rifiuti tossici richiederà dai tre ai nove mesi per essere completato. Questo rappresenta solo il primo passo di un processo più ampio che, si spera, porterà finalmente a una bonifica completa dell’area. Il direttore dell’agenzia governativa per la gestione del disastro di Bhopal, Swatantra Kumar Singh, ha dichiarato che saranno messe in atto tutte le misure necessarie per garantire che fumi e ceneri prodotti dall’incenerimento non compromettano ulteriormente l’ambiente.
Nonostante un tempo con dei limiti abbastanza brevi, lo scorso dicembre l’Alta Corte aveva già criticato la gestione delle scorie da parte del Governo centrale, accusandolo di negligenza e mancati progressi nel corso del tempo: “uno stato di inerzia nonostante 40 anni”, aveva denunciato la Corte, descrivendo lo stato delle cose.
Apparentemente, il progetto di smaltimento dovrebbe essere realizzato in 180 giorni di tempo. Nei primi 20 di questo mese, i rifiuti saranno trasportati nel sito apposito dedicato allo smaltimento e successivamente inceneriti verso l’80° giorno del processo.
Una responsabilità internazionale
Il sito della Union Carbide, ora proprietà della multinazionale Dow Chemical, continua a essere un simbolo dell’inefficacia delle politiche di responsabilità ambientale e sociale. Gli attivisti chiedono non solo la bonifica totale dell’area, ma anche il riconoscimento delle responsabilità da parte delle aziende coinvolte, oltre a risarcimenti adeguati per le vittime.
Nonostante alcuni passi avanti, il disastro di Bhopal resta una ferita aperta che testimonia i rischi legati alla mancanza di regole rigorose per la gestione dei materiali pericolosi.
Una strada ancora lunga
Questa rimozione dei rifiuti rappresenta un’importante tappa nella lunga battaglia per affrontare le conseguenze del disastro di Bhopal. Tuttavia, il cammino verso la giustizia e la bonifica ambientale definitiva appare ancora lontano. Mentre le operazioni di smaltimento continuano, le vittime e le comunità locali chiedono che il loro diritto a un ambiente sano e a un risarcimento equo venga finalmente riconosciuto, ponendo fine a decenni di sofferenze e negligenze.