Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno – la nuova comunicazione dei sentimenti
Prima di arrendermi ho tentato con l’amica più vicina, ho cercato di interessarla a pensieri più intimi, ma lei, pur cara e composta, è sfuggita al profondo, e mi ha riportato al nipotino che cresce, al cane che le manca, all’ altra amica distrutta.
D’accordo con lei ormai sono anch’ io, d’accordo che ormai non si può più.
Magari il pensiero deve essere semplice, non deve annoiare, deve essere breve.
Un lampo.
Un twitter e non abbiamo più amici ma followers.
Il pensiero breve.
Così abbiamo tutti, molti, abbassato la testa, piegati sui tasti, sui quadrati di un tablet, raccontiamo e pigiamo di storie dell’anima, dolori e sapori, gelati e ricordi, inserendo nei nostri profili immagini di infanzie lontane, fotografie di gite festanti, codazzi di amici che fanno vittoria con due dita alzate.
Vittoria, Vittoria.
Abbiamo vinto l’incomunicabilità.
Lo zio ci risponde malmostoso al telefono?
Io lo scrivo sul sito.
Il figlio decide di non parlarci più?
Noi tutti possiamo confidarlo in Australia, ad Abu Dhabi.
Un marito ci tradisce con Petruska, ma cosa importa?
Possiamo sicuro saperlo perché abbiamo una rete che lavora per noi.
Una rete amica fatta di amici, di amici carissimi, di amici amici, certo anche loro con i loro difetti.
Spariscono, infatti, non sono mai gli stessi, non durano mai oltre tre giorni, per la regola aurea che …dopo tre giorni l’altro poi puzza.
Non esistono affatto questi nuovi amici, ma sono perfetti, finché tutto dura, finché ancora valga per tutti l’insopprimibile bisogno di essere vivi, di avere bisogno di parlare e sfogarsi senza le inevitabili rotture dell’altro, senza dover sentire e raccogliere il vero sconforto di un prossimo vero.
Lo diciamo a tutti il nostro dolore così nessuno ci crederà, così nessuno ci sentirà, così come le donne africane. Urlavano e urlavano in una buca il dilaniamento di avere perduto.
Noi lo urliamo nell’etere opaco del web.
E diventa un gioco, diventa soltanto una fotina, un messaggino.
Una mail.
Un filmato.
Un Url da trascinare, da saper ricopiare.
Nella frammentazione dei rapporti retati, nella immensa bugia di poter noi sconfiggere almeno una volta,
almeno ora, la nostra bellissima e solitaria malinconia, il nostro guscio di sensazioni, una prigione ma un universo,
da raccontare … A chi ci ascolta.