Emergono serie preoccupazioni nel CPR di Milano riguardo alla violazione dei diritti di difesa dei trattenuti. Una avvocata ha denunciato comportamenti arbitrari e limitazioni ingiustificate che sollevano interrogativi sulla tutela legale all’interno della struttura.
All’interno del CPR di Milano, la situazione sembra peggiorare sempre di più, suscitando preoccupazioni riguardo alla negazione dei diritti dei trattenuti. In questo contesto, l’attenzione si sposta dalla problematica già nota del diritto alla salute, che continua a rappresentare una situazione critica, ad altre questioni altrettanto gravi, tra cui le violazioni del diritto alla difesa.
Questo diritto è particolarmente cruciale per le persone straniere, che si trovano catapultate in udienze flash di pochi minuti soltanto 48 ore dopo il loro fermo. In questo breve lasso di tempo, queste persone si vedono giudicate sulla base di circostanze spesso precarie, e le decisioni prese in queste udienze avranno un impatto significativo sulle loro vite, decidendo se dovranno subire la privazione della loro libertà personale mese dopo mese.
La rete “Mai più lager – No ai Cpr” ha più volte denunciato non solo singoli episodi di violazioni dei diritti all’interno del CPR, ma ha anche sollevato una questione di fondo che riguarda la mancanza di continuità nell’assistenza legale per i trattenuti durante l’intero processo. Questa preoccupazione è stata portata all’attenzione del Garante Nazionale, ed è stata oggetto di dibattiti con il Consiglio Nazionale Forense.
Nelle scorse settimane, la situazione sembra essersi ulteriormente deteriorata. Ciò che emerge è una mancanza di controllo e rispetto per i diritti alla difesa all’interno del CPR di Milano. Sorprendentemente, il gestore stesso del centro prende decisioni unilaterali su questioni fondamentali. Questo atteggiamento imperante sembra non suscitare alcuna reazione significativa da parte degli agenti e delle autorità preposte alla supervisione, come la Prefettura.
Un esempio recente coinvolge una avvocata, che ha condiviso proprio con la rete “Mai più lager – No ai Cpr” la propria esperienza all’interno del CPR. Queste sono alcune delle questioni da lei sollevate:
- La limitazione del tempo a disposizione per i colloqui con i propri assistiti, con la possibilità di incontrarne solo uno su tre a causa di un presunto alto numero di colloqui da gestire (stando al racconto dell’avvocata, non v’era traccia di altre/i legali);
- Il rifiuto dell’accesso a un interprete di fiducia durante un colloquio con un assistito che era arabofono e analfabeta;
- La sorveglianza costante da parte di dieci agenti durante il colloquio;
- Il rifiuto di concedere l’accesso a un provvedimento giudiziario che riguardava il suo assistito e che avrebbe dovuto essere impugnato entro 15 giorni;
- Il divieto di raccogliere la nomina del cliente;
- Il sequestro di documenti relativi al suo assistito da parte del direttore del centro.
Tali esperienze rivelano comportamenti arbitrari e preoccupanti, che sollevano dubbi sulla conformità delle pratiche all’interno del CPR di Milano. Si pone anche la questione di un possibile “rito ambrosiano” che sembri andare contro i principi costituzionali.
È essenziale affrontare queste problematiche e garantire che i diritti fondamentali delle persone siano rispettati e tutelati in ogni contesto, compresi i centri di detenzione. La negazione dei diritti alla difesa e altre violazioni all’interno del CPR richiedono una risposta tempestiva e decisa, al fine di proteggere la dignità e i diritti di tutti gli individui, indipendentemente dalla loro situazione.