L’Egitto ha annunciato provvedimenti contro la crisi dei diritti umani. Ma un rapporto di Amnesty International sembra dimostrare il contrario
Diritti umani in Egitto: una situazione in peggioramento
Il 3 luglio del 2013, il Presidente Abdel Fattah al-Sisi si è insediato in Egitto mediante un colpo di Stato. Da quel momento, il Paese si trova al centro di una grave crisi umanitaria.
L’anno scorso, il governo egiziano ha pubblicato la Strategia Nazionale dei diritti umani (NHRS), con l’obiettivo di garantire un maggiore impegno nel rispetto dei diritti umani.
Una nuova indagine di Amnesty International, tuttavia, mostra come la situazione non sia migliorata. Al contrario, appare peggiorata a fronte di una repressione e di un dissenso in costante aumento.
Secondo la segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard, l’NHRS altro non sarebbe che uno strumento di propaganda volto celare la grave crisi umanitaria, in vista della Conferenza ONU sul cambiamento climatico (Cop27) che si terrà in Egitto a Novembre.
Le autorità egiziane hanno dato vita alla NHRS per celare l’incessante violazione dei diritti umani, pensando di poter prendere in giro il mondo in vista della Cop 27.
Ma la cruda realtà della grave situazione dei diritti umani non può essere ridisegnata con un’azione di marketing
Strategia Nazionale per i diritti umani: cos’è e perché non funziona
La Strategia Nazionale per i diritti umani in Egitto si articola su otto principi base:
- Universalità dei diritti umani
- Non discriminazione
- Stato di diritto
- Democrazia
- Buon governo
- Diritto allo sviluppo
- Dovere dei membri della società di rispettare i diritti
- Libertà fondamentali
In relazione a questi punti, indica quattro “sfide chiave” su cui il governo egiziano promette di impegnarsi:
- Necessità di migliorare la cultura dei diritti umani
- Necessità di migliorare la partecipazione degli uffici pubblici
- Raggiungimento di uno sviluppo economico mirato
- Sfida al terrorismo e ai disordini regionali
Successivamente, vengono annunciate le strategie da adottare per rispondere alle questioni, elencando punti di forza, punti di difficoltà e successi delle autorità.
In generale, la crisi viene imputata a minacce alla sicurezza nazionale, mancanza di una cultura dei diritti umani e crisi economica.
Dal punto di vista legislativo, l’Egitto dichiara di essere impegnato nel rispetto delle Convenzioni Internazionali su diritti economici, sociali e culturali, prevenzione della tortura, ed eliminazione delle discriminazioni.
Le nuove leggi introdotte a partire dal 2013, tuttavia, criminalizzano l’esercizio dei diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, minano la possibilità di un giusto processo e forniscono maggiore autorità alle forze dell’ordine.
Nella Strategia si annuncia l’intenzione di potenziare la cooperazione con l’ONU e con il Consiglio dei Diritti Umani.
Nella realtà, però, l’Egitto non ha accolto le visite procedurali speciali delle Nazioni Unite, compiendo persino rappresaglie nei confronti degli operatori.
Per quanto riguarda il sistema giuridico, l’NHRS prevede maggiori protezioni legali contro l’arresto arbitrario e l’ingiusta detenzione, garantendo giusti processi.
Vengono anche annunciati nuovi provvedimenti per migliorare le condizioni di vita nelle carceri, con un sistema avanzato di visite dei familiari e un migliore apparato sanitario.
Le indagini di Amnesty International, però, rivelano come nelle carceri siano presenti migliaia di prigionieri politici tra cui difensori dei diritti umani, avvocati, attivisti, giornalisti e politici dell’opposizione.
Le carceri sono sovraffollate, con scarsa ventilazione, servizi igienici e sanitari sotto standard, carenza di cibo, accesso all’aria aperta e all’esercizio fisico scarso o nullo.
Inoltre, solo negli ultimi due anni, decine di prigionieri sono morti a causa del mancato accesso al sistema sanitario.
L’NHRS afferma il diritto dei cittadini a riunioni e manifestazioni pacifiche, nei limiti delle norme. Inoltre, indica come unico impedimento all’esercizio di questa libertà la mancanza di consapevolezza dei requisiti legali.
Secondo le indagini, tuttavia, il diritto alla manifestazione pacifica è stato severamente minato da alcune nuove leggi, che hanno portato all’arresto e alla violenza verso dimostranti pacifici.
In merito alla libertà di espressione, a partire dal 2013, le autorità egiziane hanno censurato centinaia di portali, fatto irruzione nelle redazioni di organi di stampa indipendenti e arrestato diversi giornalisti critici verso il governo.
Infine, il governo annuncia nuovi provvedimenti nella protezione di donne, minoranze religiose e membri della comunità LGBT+.
In Egitto, infatti, non è ancora presente una legislazione che protegga le donne da tutte le forme di violenza, compresi lo stupro coniugale e la violenza domestica.
I manifestanti dei diritti LGBT+ continuano a subire repressioni e arresti arbitrari, mentre sono ancora presenti forti tensioni verso i membri della Chiesa cristiana.
Il ruolo della comunità internazionale
A partire dal lancio del NHRS, il governo egiziano ha promosso e menzionato più volte il piano di fronte a governi e personaggi pubblici, dando prova di un impegno a favore dei diritti umani.
In altre occasioni, invece, le autorità si sono riferito alla Strategia come a un mezzo per deviare le critiche sulla crisi umanitaria egiziana.
Pur concedendo fiducia alle autorità nella realizzazione di alcuni punti del NHRS, Amnesty International ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché faccia pressione sull’Egitto.
La comunità internazionale non deve farsi ingannare dal tentativo dell’Egitto di cancellare l’enormità della crisi dei diritti umani nel paese.
Invece, deve mettere pressione sulle autorità egiziane affinché assumano iniziative concrete per porre termine al ciclo di violazioni e di impunità
In particolare, è stato raccomandato di chiedere, privatamente e pubblicamente, alle autorità egiziane di adottare misure significative in merito a:
- Rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone detenute arbitrariamente
- Fine alle rappresaglie contro i difensori dei diritti umani e gli operatori della società civile
- Codice di condotta per le forze dell’ordine
- Istituzione di un meccanismo di monitoraggio e rendicontazione
A Novembre, la città di Sharm el-Sheikh ospiterà la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.
Ambientalisti e attivisti per i diritti umani hanno espresso preoccupazione in merito alla limitazione delle proteste e alle possibili rappresaglie delle autorità.
Giulia Calvani