Diritti LGBT: In Danimarca essere trans non è più tra i disturbi mentali

All’alba del 2017 un paese europeo è stato il primo al mondo a rimuovere la categoria transgender dalla lista dei disturbi mentali, non sorprenderà nessuno apprendere che questo primato se l’è aggiudicato un paese scandinavo e in particolare la Danimarca.
Un primo passo nel non considerare i trans dei malati era stato fatto nel 2013 quando nel manuale delle patologie mentali utilizzato dagli psichiatri americani si era passati da “disordine dell’identità di genere” a “disforia di genere“, come a dire che si riconosceva che una diversità tra l‘identità sessuale a cui l’individuo sentiva di appartenere e il sesso di nascita non è necessariamente una patologia da curare, ma da curare sono solo le eventuali situazioni di stress e malessere collegate.

L’anno scorso i politici Danesi dichiararono di voler spingere l’OMS a rimuovere la categoria transgender dalla decima edizione della sua lista “International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems” e che in mancanza di risposta avrebbero comunque agito unilateralmente. Nella decima edizione della lista la categoria transgender è ancora presente ma l’OMS ne ha annunciato la rimozione dalla undicesima revisione che è prevista in uscita nel 2017.

In realtà anche se rimuovere la categoria transgender dall’elenco delle malattie ha innumerevoli ed ovvi effetti positivi sui diritti delle persone LGBT, non mancano degli effetti avversi.

Tra gli effetti positivi della declassificazione di transgender quale disturbo mentale rientra ad esempio che prima poteva essere addotto come motivazione ostativa all’assegnazione di un posto di lavoro, ovviamente anche la stigmatizzazione sociale dovrebbe diminuire anche se su quello avrei i miei dubbi perché in paese arretrati come l’Italia la stigmatizzazione dell’omosessualità è ancora presente anche se non è più considerata una malattia da molto tempo.

Il principale effetto negativo del rimuovere la condizione di transgender dall’elenco delle malattie è che potrebbe complicare il meccanismo di accesso a certe prestazioni sanitarie, ad esempio la chirurgia di riassegnazione di genere, in paesi come la Danimarca dove la sanità pubblica rimborsa certi trattamenti si tratterà soprattutto di un problema di burocrazia pubblica, di ridefinire qualcosa nell’iter,  ma è facile immaginare un domani negli USA in cui le assicurazioni sanitarie potrebbero facilmente contestare la necessità medica di suddetti interventi e rifiutarsi di pagare.

Roberto Todini

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