La deforestazione del Brasile ed il venir meno dei diritti dei nativi. L’onorevole Evi ci aiuta a comprendere i danni umani e ambientali delle recenti politiche brasiliane.
L’attuale governo brasiliano guidato dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro ha un’agenda esplicitamente anti-indigena. Si vuole abbandonare le comunità indigene mentre affrontano le invasioni di accaparratori di terre, minatori e taglialegna. I diritti umani e la crisi ambientale in Brasile sono interconnessi, poiché attaccare i diritti dei nativi spiana la strada alla distruzione delle foreste.
In risposta all’emergenza, i leader indigeni in Brasile, i giovani attivisti per il clima e le organizzazioni della società civile stanno unendo le forze. La volontà è quella di creare una coalizione di parlamentari europei, la cancellazione dell’accordo UE-Mercosur e un blocco immediato delle importazioni legate alla deforestazione. La portavoce nazionale di Europa Vede, l’europarlamentare Eleonora Evi, ha risposto alle nostre domande sulle problematiche ambientali ed umanitarie.
Cosa c’entra il Brasile con l’Europa? Cosa sta accadendo di importante?
In questo momento in Brasile si sta compiendo un ennesimo scempio ai danni dei popoli indigeni. Non soltanto questi hanno dovuto subire nel corso dei secoli, soprusi, ingiustizie e violenze ma oggi continuano ad essere minacciati. Nel 2021 non siamo ancora riusciti a garantire che i nativi possano vedere rispettato il loro diritto alla terra. Quello che sta accadendo è la classica manifestazione della politica di Bolsonaro. L’attuale presidente brasiliano, da quando ha preso il potere, non ha fatto altro che calpestare i diritti dei più deboli, in particolare indigeni. Bolsonaro sembra ascoltare solo le lobby delle industrie e dei potentati presenti in Brasile.
Si deve denunciare e raccontare quanto sta accadendo. Perché l’Europa? Perché l’Europa in questo momento non sta prendendo alcuna posizione, non sta facendo dichiarazioni di denuncia. Noi, un piccolo gruppo di europarlamentari, abbiamo, una decina di giorni fa’, incontrato a Bruxell una piccola delegazione di rappresentati di popoli indigeni. L’obiettivo è quello di creare un gruppo di lavoro ed un inter gruppo che possa essere pronto e attivo nel portare avanti questa battaglia. L’Europa ha un enorme responsabilità quando porta avanti una certa politica commerciale votata alla massimizzazione dei profitti.
Prima di affrontare il discorso commerciale e dei rapporti tra politica commerciale e diritti dei nativi, volevo approfondire un altro tema. L’ambientalismo: i nativi vengono considerati i guardiani di questa foresta, della natura. Quali sono i danni e le conseguenze a lungo termine delle politiche volute dai “ruralisti” brasiliani? Qual è il prezzo ambientale degli allevamenti e delle coltivazioni in Amazzonia?
Le conseguenze ambientali sono devastanti. Sia dal punto di vista climatico che dal punto di vista di perdita della biodiversità. Queste sono le due crisi gemelle che sono denunciate da ogni evidenza scientifica, da ogni report. Suona un codice rosso per l’umanità. Nell’azione umana si vede la responsabilità inequivocabile delle attuali crisi ambientali. Nel portare avanti delle politiche e delle pratiche come quelle di Bolsonaro nel polmone verde dell’amazzonia è irresponsabile.
Bisogna, infatti, considerare l’inestimabile servizio ecosistemico che l’Amazzonia ci ha fornito in termini di assorbimento della Co2. La cosa drammatica è che la foresta amazzonica si sta trasformando da pozzo di carbonio (che cattura le emissioni per stoccarle) sta diventando una vera e propria fonte emissiva. Se abbattiamo la foresta per costruire campi o pascoli è evidente che danneggiamo il potere di assorbimento di co2. Non serve ribadire, poi, gli effetti della perdita di biodiversità, l’altra crisi fondamentale.
La distruzione di biodiversità continua a ritmi senza precedenti in questi anni. Stiamo vedendo una perdita costante di biomassa, di insetti, impollinatori e animali selvatici. Questo è dovuto non solo per la distruzione degli habitat ma anche all’utilizzo di prodotti come pesticidi chimici. In Amazzonia tutto questo è concentrato ed avviene ad un ritmo inaccettabile. Noi europei siamo responsabili del 10% della deforestazione globale e questo è dovuto anche ai nostri consumi. Tutto ciò dovrebbe essere motivo di grande riflessione.
Allo stesso tempo, nella questione convive il danno nei diritti umani, nei diritti dei nativi, nei diritti alla terra. Nel brasile ciò ha preso forma in una diatriba legale. 6000 indigeni partecipanti alle manifestazioni e oltre cento gruppi di nativi ufficialmente riconosciuti. Cos’ è il “Marco Temporal” e come commenti le manifestazioni di Luta pela vida?
Una vera e propria lotta per la sopravvivenza di queste popolazioni, guardiani di questi preziosissimi ecosistemi. La protesta si concentra ora sulla proposta di legge 490. Con questo progetto di legge si sta cercando di modificare la costituzione brasiliana per introdurre retroattivamente questo “marco temporal”. Questa clausola di occupazione finisce per spostare la data di promulgazione della costituzione brasiliana, dando di fatto un aut aut alle popolazioni indigene. È infatti quasi impossibile che i nativi possano dimostrare di essere stati presenti in quelle terre prima della data fissata. Questo è uno stratagemma architettato per cercare di sottrarre la terra ai nativi.In passato si è fatto tantissimo per cercare di trovare soluzioni giuridiche per tutelare il diritto alla terra dei nativi. Europa, Nazioni unite erano in prima linea per questi interventi.
Questo è un attacco assolutamente spregiudicato da parte di Bolsonaro e delle lobby agrobuisness, industria della carne della soia, del legname e minerario.
Oltre al danno anche la beffa: si introduce la possibilità per il governo di accaparrarsi quelle terre per ragioni di assistenza medica o pubblica utilità. Quanta ipocrisia, sono chiavi di ingresso per distorcere la narrazione di quanto sta accadendo. I popoli indigeni risultano essere strette più che mai e per questo si stanno battendo moltissimo. Ci aspettavamo una sentenza della corte suprema brasiliana questo settembre ma un giudice della corte ha intenzionalmene fatto perdere tempo. Le prime dichiarazioni del relatore del caso sembravano anche propendere per la causa dei nativi. Il giudizio riguardava ovviamente il pl490. Non bisogna demordere, però. La luta pela vida deve continuare e noi in Europa dobbiamo dare voce e forza alla lotta.
Infatti, visti gli sviluppi della battaglia legale, è probabile che la battaglia si sposti sul piano mediatico ed economico. Già in passato, per l’amazzonia, si è ricorsi a embargo su prodotti provenienti da queste zone. Visto che non possiamo interferire nel sistema legale brasiliano, possiamo colpire l’interesse economico dietro la deforestazione e le violazioni dei diritti degli indios. Rendere più difficili gli scambi con Bolsonaro potrebbe essere d’aiuto. Cos’è l’accordo con il mercato comune del sud America? Di cosa si parla? Quali sono i margini d’azione dell’Europa?
L’UE, sul piano della politica commerciale, sta facendo l’opposto di ciò che ci aspettavamo. Ha negoziato un accordo col Mercosur. I negoziati, condotti dalla commissione europea, si sono chiusi nel 2019. I paesi membri ed il Parlamento Europeo, però, devono ratificare questo accordo. Non tutto è già deciso. Per questo è bene oggi fare grande pressione politica per spingere la politica, istituzioni, governi, parlamento per non ratificare l’accordo. La ragione è che questo accordo va a peggiorare la situazione che abbiamo descritto prima. È certo, infatti, che un accordo commerciale andrà ad aumentare esponenzialmente la deforestazione, perché aumenteranno le esportazioni in particolare di carne e soia. Alcuni dati sulle Importazioni che aumenteranno: 99 mila tonnellate di manzo, 180 mila tonnellate di pollame o canna da zucchero. Si tratta di un aumento decisamente consistente dei prodotti che causano la deforestazione.
Che cosa avverrà?
Aumenterà questo modello agricolo intensivo basato sulla monocultura o sull’allevamento intensivo. Ciò non aiuta crisi climatica e crisi di biodiversità. Portare avanti un accordo di questo tipo è nefasto. Il parlamento europeo, l’anno scorso, in una risoluzione si è espresso criticando questo accordo. Il parlamento, quindi, pare si stia schierando nel modo giusto. Noi verdi siamo agguerritissimi su questo punto e vogliamo il blocco dell’accordo per rinegoziarlo completamente. C’è un aspetto da considerare. Se la questione climatica o dei diritti dei nativi non ci convince, allora dovremmo valutare che noi esporteremo in brasile pesticidi chimici che in Europa abbiamo vietato perché pericolosi. Li esportiamo nei paesi del mercosur, che li utilizzeranno per le coltivazioni dei prodotti che ci riporteremo in Europa sulle nostre tavole.
Francesco Maria Trinchese
A questi link, si possono trovare maggiori informazioni per le questioni relative al tema trattato.
Link all’intervista integrale a Eleonora Evi:
https://www.instagram.com/tv/CUDDGpnpWUt/
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