L’Europa, un unico continente dai mille riflessi. Gli Stati che la compongono continuano ad essere distanti chilometri non solo geograficamente. Il centro Europa, stella polare della cultura, guarda a Paesi solo isolate provincie degli imperi del passato. Esistono realtà dove il progresso non indica solo quello economico ma anche personale, primo gradino di quello sociale. Dove i diritti civili non sono sterile carta bianca in una società che incarna essa stessa la modernità. Ecco che i ruoli si ribaltano e i grandi del passato guardano ai giganti del presente.
I diritti civili: la condizione della donna nell’Europa del Mediterraneo
Una donna può essere madre senza sacrificare la sua carriera e i suoi diritti civili? Può scegliere di non esserlo senza la qualifica di “incompleta”? Sicuramente non in Italia dove una donna che diventa mamma può dirsi realizzata e soddisfatta, a dire dell’immaginario comune, ma perde irrimediabilmente se stessa. Un paradosso senza soluzione per il quale mettere al mondo un figlio comporta allo stesso tempo pienezza e perdizione.
Nato l’erede sarà impossibile per lei uscire con le amiche senza che si urli alla madre snaturata, mentre inspiegabilmente per la partita a calcetto del compagno non sembrano esserci obiezioni. Che non osi lamentarsi! “L’hai voluta la bicicletta ora pedala!” si sentirà rispondere, come se il concepimento non richiedesse anche il contributo di una seconda persona. Venendole richieste il doppio delle prestazioni, divisa tra incombenze domestiche e lavorative, è sempre lei a dover sacrificare la propria crescita professionale e i propri obiettivi, messi sempre in secondo piano.
Sul posto di lavoro la situazione non è certo più semplice. I trattamenti economici, formalmente garantiti, di fatto corrispondono poco a quelli dei colleghi uomini. In più ancora oggi esistono alcuni ruoli ai quali il genere femminile non è naturalmente “predisposto”.
In altri Paesi anche di un certo peso nel continente la situazione non sembra di più ampio respiro. La Spagna segue il cattivo esempio italiano con disoccupazione e differenza di trattamento salariale femminile elevatissime. Preoccupanti le crescenti violenze sessuali registrate. Scarse le garanzie a diritti fondamentali come l’aborto, consentito ma con non pochi ostacoli di cui pagano il prezzo sempre le donne.
I diritti civili: la condizione della donna dell’Europa del nord
Ma non tutto il mondo è paese, la situazione cambia spostandosi un po’ più in su sulla cartina geografica. La Scandinavia occupa quasi integralmente il podio (con l’eccezione della medaglia d’oro all’Islanda) tra Paesi in cui la parità è una concreta realtà (secondo il Global Gender Gap Index). L’occupazione femminile si registra intorno al 70% (con oscillazioni a seconda della Nazione) contro il 46% italiano. Altissimo è il tasso delle donne madri che lavorano senza sentirsi obbligate a rinunciarvi. Le cause sono tra le altre: il numero crescente di congedi parentali conferiti ai padri e i molti sussidi forniti dallo Stato. In testa si collocano i generosi investimenti pubblici al sistema degli asili nido. Questi consentirebbero ai genitori di conciliare lavoro e famiglia senza troppi sensi di colpa con costi bassissimi.
Sul posto di lavoro si registra una parità di percentuali tra lavoratori e lavoratrici e anche il divario salariale è insignificante. In politica la presenza femminile è molto alta senza la necessità di predisporre per legge quote rosa. Presenti al contrario negli statuti di alcuni partiti, con una volontaria attività di equilibrio di genere nella stesura delle liste elettorali.
In Svezia nel 2021 il 49% dei parlamentari sono donne. Grazie all’attenzione ordinaria che viene riservata al tema della parità nelle agende dei politici. Da non confondere con le urlate promesse delle campagne elettorali nostrane, cadute nel dimenticatoio al termine delle elezioni. Uguaglianza che viene garantita anche per il lavoro domestico non retribuito. Singolare ambito di intervento, almeno se si considera la nostra tradizione, dove è una strega femminista qualsiasi donna che condivida le occupazioni della casa con il partner.
La Finlandia e la Danimarca non sono da meno, seguono poco distanti il primato svedese con percentuali di tutto rispetto collocandosi anche in questo al vertice della graduatoria.
Il paradosso scandinavo
Non è tutto oro quel che luccica nella Gerusalemme del lavoro femminile. Accanto ad una realtà normativa veramente avanzata in un’ ottica ultra moderna, sussistono ancora delle questioni irrisolte. In ambito domestico elevatissimo è il tasso di violenza che vede protagonista il genere femminile dando vita al “paradosso scandinavo”. Le ragioni del fenomeno non sono chiare e sono ad oggi oggetto di dibattiti e studi. Quel che sembra evidente è che c’è ancora da lavorare nella progredita Scandinavia per sradicare un maschilismo e un’etica del possesso che resiste anche ai freddi climi nordici.
Tutela degli omossessuali, differenze normative nel continente europeo
All’avanguardia anche in altri tra i diritti civili più discussi e d’attualità marcano la linea che sembra spaccare in due l’Europa. La Danimarca è stata la prima nel 1989 a riconoscere le Unioni civili, seguita a ruota dai vicini.
La Finlandia, ad esempio, è considerato uno dei Paesi più LGBT-friendly al mondo dal punto di vista formale ma non solo. La discriminazione è attestata al minimo e la maggior parte della popolazione locale si è dichiarata favorevole ai matrimoni omosessuali.
La Norvegia ha consentito le Unioni civili all’inizio degli anni ’90. In poco più di 20 anni, esattamente come in Danimarca, si è arrivati al riconoscimento del matrimonio, all’inseminazione artificiale per le coppie composte da due donne e alle adozioni aperte. Evidentemente gli unici requisiti necessari per vivere insieme e crescere un figlio sono l’amore e la volontà di assumersi un impegno per la vita. Idea che farebbe rabbrividire coloro che, seduti sui loro secolari valori, non riescono a concepire un mondo diverso da quello che sono stati abituati a credere giusto. E’ una questione di educazione che sembra traballare nelle sue fondamenta negli Stati che si affacciano Mediterraneo.
Il caso Italia, viste le recenti vicende, non necessita di ulteriori osservazioni in un’epoca che odora di Medioevo e poco di modernità. In questo triste quadro non siamo gli unici a necessitare una riforma culturale radicale. Anche la Grecia, nonostante le leggi che legalizzano le unioni delle coppie dello stesso sesso, non si spinge fino al matrimonio o all’adozione. Prevede tutele che introducono disparità di trattamento con le coppie eterosessuali. Una timida apertura non sufficiente a garantire il diritto di essere se stessi.
Nuovi orizzonti per i diritti civili
Recente è la notizia di una proposta di legge in Svezia che riguarderebbe la pratica di cambiamento del sesso biologico. Si tratta di un disegno di legge che consentirebbe di cambiare nei registri della popolazione il sesso sin dall’età di 12 anni. Mentre prevede la maggiore età per sottoporsi all’intervento chirurgico. Si sono subito accese importanti discussioni sulla giovane età indicata, ritenuta ancora troppo prematura. Gli esperti consigliano di aspettare almeno i 16 anni per una maggiore consapevolezza sessuale. Tuttavia è innegabile sia una rivoluzione copernicana nell’ottica dei diritti civili.
In un Paese dove non si è stati in grado di approvare un disegno quale quello del Ddl Zan, una proposta del genere rasenta l’utopia. Pensare che gli stessi politici che urlavano come gorilla allo zoo solo poche settimane, possano discutere un tema tanto importante e delicato riesce difficile. Eppure per quanto non sia semplice non è consentito gettare la spugna.
I Paesi dell’Europa del nord dimostrano che la conquista concreta dei diritti civili è lunga ma possibile. Si tratta di un percorso progressivo nel quale passo dopo passo si raggiunge un nuovo obiettivo senza che sia previsto un vero e proprio traguardo. E’ necessario consentire l’entrata del nuovo dalla porta principale, non da quella di servizio. Svecchiare una dimensione valoriale che privilegi i diritti fondamentali e la loro applicazione effettiva. La staticità di una cultura ne determina sempre la rovinosa decaduta. L’essere umano come le società sono naturalmente portati all’evoluzione. Crescita e cambiamento sono parte di un processo in cui non è contemplato immobilismo.
Sofia Margiotta