Quando il direttore di un supermercato spia le commesse, è violazione di privacy? Succede che il direttore di un punto vendita piazzi delle telecamere per la sicurezza, ma tutta questa sicurezza va assicurata anche nello spogliatoio delle commesse?
Il fatto
Ogni negozio è dotato di una rete di video sorveglianza necessaria, non solo per tutelarsi dai malviventi ma anche per altre ragioni. Controllare l’operato dei dipendenti è proprio una di queste. Ma il direttore del supermercato di Rimini ha fatto qualcosa in più piazzando altre quattro telecamere nascoste in punti strategici. Il direttore ha infatti inserito occhi elettronici nel magazzino, nel corridoio, nel laboratorio e nello spogliatoio, violando così la privacy.
Scelta giusta o sbagliata? Quello che è certo è che il direttore non ha condiviso la sua intenzione con il personale che ha deciso di parlare. La voce è cominciata a circolare fino ad arrivare alle orecchie delle forze dell’ordine le quali, a colpo sicuro, si sono recate nel punto vendita. Gli agenti della Questura romagnola hanno così sequestrato tutta la strumentazione e denunciato l’uomo con diverse accuse. Tra queste, oltre alla violazione del controllo del personale, anche violazione della privacy e interferenza nella vita privata dei dipendenti.
La violazione della privacy
Quando gli agenti della Questura si sono presentati al direttore questo ha fatto visionare loro tutto il circuito di video sorveglianza. Il sessantenne, tuttavia, ha omesso di presentare le riprese del circuito di sorveglianza aggiuntivo.
Le forze dell’ordine gli hanno intimato di mostrare tutte le riprese e al direttore non è restato altro che obbedire dichiarando:
Le ho installate per evitare la piaga dei furti e per controllare l’operato dei miei dipendenti
Non possiamo giudicare sulla bontà delle parole del direttore che, di fatto, non ha mai subito condanne ed è incensurato, sposato e padre di due figli. Tuttavia, il fatto che le riprese delle telecamere arrivavano, tramite un server, direttamente nello schermo del suo smartphone, non gioca a suo favore.
Il server e lo smartphone dell’uomo, insieme alle quattro telecamere sono ora nelle mani degli agenti. Questi avranno il compito di capire da quanto tempo si protraeva il fatto.
Elena Carletti