Sento dire in giro che il razzismo è una categoria di pensiero superata, ormai. E davanti ad un disastro ferroviario avvenuto in Puglia, c’è chi conta le Persone che ne sono state vittime, dicendo: “20 non sono molti, ma sono comunque 20 terroni in meno”.
Sento dire che il femminicidio è una delle tante trovate mediatiche, mentre le Donne che muoiono per mano di uomini sono tante. Realmente. E c’è chi litiga sui numeri, mentre di là, poco più in là, a morire sono delle Persone.
Sento dire che drammi come la pedofilia o lo sfruttamento di Bambini e Bambine, sono fenomeni lontani, che accadono laddove non esiste la Cultura della Cura: fatevi un giro nelle periferie dimenticate, nei quartieri, nei posti, qui in Italia, in cui anche l’incesto è praticato con normalità, come normalità.
Sento dire che vivo in un Paese libero, in cui Pensiero e Parola possono essere espressi, pronunciati, diffusi. Apprendo questo mentre una tesista viene condannata a due mesi di reclusione (con la condizionale) per aver scritto e discusso una tesi argomentando i NO TAV.
Sento dire che sono fortunata perché vivo in un Paese in cui chi di dovere ha a cuore la salute, il benessere dei cittadini e delle cittadine, e vedo padri e madri costretti e costrette a lavorare, anche in condizioni di salute non idonee. E di là, vedo gente annoiata e appisolata su comode poltrone.
Sento dire che “Vengono qui e pretendono gli alloggi lussuosi”, e lo sento dire davanti alla bancarella dei pomodori raccolti da extracomunitari, in cambio di una bassissima ricompensa, per non parlare delle condizioni in cui il lavoro si svolge.
Sento dire che il “Genere femminile non osi lamentarsi”, mentre risuonano ancora le parole di un presidente del consiglio: “Dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze in Italia”; leggo di “Donne sindache: ne saranno capaci?”; e so di gente che storce il naso quando un Papa conferisce alle donne ( o semplicemente lo pensa) ruoli che sono appartenuti sempre e solo agli uomini. E vengo a sapere del vergognoso, spaventoso, mortificante comportamento adottato in tribunale ai danni di una donna, vittima di uno stupro di gruppo: “Così indagano sui tuoi gusti sessuali, con chi sei stata prima, per quanto tempo. Sul fatto che sei femminista, che lotti per le battaglie lgbt o se hai partecipato a una manifestazione. Al processo, un avvocato ha tirato fuori una foto postata tre anni dopo la notte della violenza, su un social, in cui sorridevo ad un concerto, per dimostrare che non stavo poi così male”. E mi hanno insegnato che le parole non fanno meno male delle pietre.
E sento dire… E vedo fare…
E pretendiamo di correre nelle più lontane parti del pianeta per civilizzarne le popolazioni.
Ma dove andiamo? Cosa proclamiamo in giro per il mondo? Se in casa nostra esistono ancora gli schieramenti ideologici, le categorie mentali, con tutte le tristi, a volte tragiche conseguenze, che dividono il Nord dal Sud, gli uomini dalle donne, gli adulti dai bambini, i ricchi dai poveri, i nativi dagli immigrati.
Curiamo le nostre piaghe, prima di crederci e presentarci guaritori e guaritrici di quelle altrui.
Bisogna avere il coraggio di leggere la storia e l’attualità del proprio Paese, prima di predicare la buona novella altrove.
Non siamo migliori né più buoni né più colti di altri Popoli.
Sì, giusto: sento dire che le cose cambieranno. Ma lo sento dire da tanto tempo.
Deborah Biasco