Pressochè schiavi: a Bergamo dipendenti pagati 50 centesimi all’ora

Fonte: dpgomma.it

Purtroppo è ormai assodato che in Italia non bastano le zampe di un millepiedi per contare i casi di sfruttamento nel campo del lavoro.

Questa volta a far parlare è la cosiddetta “Rubber valley”, il distretto della gomma del Sebino, nome con cui è conosciuto il lago d’Iseo, che comprende circa una decina di comuni della provincia di Bergamo e uno della provincia di Brescia, per un totale di 200 aziende e 4500 dipendenti, che con i suoi 2,5 miliardi di fatturazione e con 430 milioni di export, nonostante la crisi attraversata da tutta l’industria italiana negli ultimi anni, si conferma il maggiore produttore e fornitore nazionale ed europeo delle guarnizioni in gomma destinate a numerosi settori, quali edilizia, industria alimentare, elettrodomestici, rubinetteria e non solo.

dipendenti sfruttati
Fonte: YouTube

Peccato per il dietro le quinte.

Infatti la Guardia di finanza, notando ultimamente un numero esagerato di furgoni che partivano e tornavano carichi di guarnizioni, ha effettuato un blitz nell’azienda di Credaro, rivelando la verità: i dipendenti regolari erano quattro, ma ce n’erano altri nove irregolari che lavoravano nelle rispettive abitazioni: un indiano, due albanesi, tre indiane, una senegalese, una marocchina e anche un’italiana, per la maggior parte donne che avevano la necessità di rimanere a casa a guardare i bambini o parenti anziani, e così più facilmente sfruttabili, o meglio schiavizzabili, in quanto la paga era a dir poco disdicevole e infame.

Il lavoro effettivo di cui si occupavano era la “sbavatura di guarnizioni”, ovvero strappare a mano il materiale in eccesso dalle forme di gomma uscite dalla macchina; la paga corrispondeva a 0,70/1 euro ogni 1000 pezzi, per i quali impiegavano circa due ore, e dunque, il guadagno che riuscivano ad ottenere era di 50 centesimi all’ora.




Ovviamente la titolare, si è subito difesa fingendo di non capire, dicendo che aveva aperto l’azienda da poco, sei mesi, e che non ne sapeva nulla. Intanto, che lo capisca o meno, la multa da 27000 euro non gliela toglie nessuno, e nemmeno l’obbligo di mettere in regola tutti i lavoratori.

E’ senza dubbio benvoluta la crescita che i grandi distretti industriali portano nel nostro Paese, ma ciò deve avvenire in contesti di legalità e di rispetto dell’individuo. Sono ancora molti i passi avanti da fare nel campo del lavoro, ma tornare indietro è inaccettabile.

Roberta Rosaci

 

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