Dior e Matteo Garrone lavorano insieme al lancio della collezione Haute Couture AW20/21 di Maria Grazia Chiuri. Il risultato della collaborazione è qualcosa di incantevole e ammaliante, capace di trasportare, appassionati di moda e non, in un altrove meraviglioso.
Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior dal 2016, è la prima donna a guidare l’aspetto creativo in 69 anni di storia del marchio. Tutte le sue scelte artistiche sono state dirompenti: tra messaggi femministi presentati agli spettacoli di moda e promozione costante di valori di libertà e indipendenza.
La collezione è stata iniziata durante il lockdown e la Chiuri ha affermato di aver subito previsto che non sarebbe stato possibile fare un vero show per presentarla al pubblico. È questo ciò che l’ha motivata a scegliere sin dal principio, come referente, il sogno.
“Le immagini surrealiste riescono a rendere visibile quello che di per sé è invisibile. Sono incuriosita dal mistero e dal magico, che offrono anche un modo per esorcizzare la morte e l’incertezza del futuro.”
Il film che è stato realizzato da Dior e Matteo Garrone per il lancio della collezione Haute Couture porta l’affascinante titolo “Le Mythe Dior”.
Durante la seconda guerra mondiale, in Francia, si realizzò il “teatro della moda”.
In un momento di difficoltà politica nacque una collaborazione tra artisti e couturier tesa a dichiarare che la moda continuava a vivere nonostante tutto. Venivano realizzate piccole bambole, abbigliate con vestiti in miniatura, che avrebbero viaggiato in giro per il mondo in piccoli teatrini itineranti. Sarebbero stati i mini manichini a parlare per gli stilisti impossibilitati a spostarsi, e avrebbero raccontato loro il messaggio di speranza dei propri creatori.
È lo stesso desiderio di comunicare fiducia, continuità e armonia che ha portato Dior ad affidare un messaggio onirico di tale profondità a Matteo Garrone. Il regista, apprezzato dalla lungimirante Maria Grazia Chiuri per Il racconto dei racconti, è stato dunque invitato a fare incursione nello sconosciuto mondo della moda.
“Quando Maria Grazia Chiuri mi ha telefonato per chiedermi di rappresentare la sua collezione couture in un film, ho subito accettato la sfida da buon giocatore. Mi sembrava molto bella la sua idea di far viaggiare per il mondo, chiusi nei bauli, gli abiti di dimensioni mignon. E da lì ho cominciato a pensare che questo racconto poteva diventare una favola, un’avventura onirica”.
È stata immaginata una mini collezione, capace di raggiungere ogni luogo mediante un magico baule dalle forme della facciata storica di Dior. Lo scrigno colmo di tesori è un elemento tipico del magico e del fiabesco che rimanda, allo stesso tempo, tanto al sogno quanto al significato storico dei Théâtre de la Mode.
A trascinare dentro un altrove spettacolare sono poi le atmosfere minuziosamente ricreate nel Giardino di Ninfa. Proprio nell’anno in cui si festeggia il centenario di questo luogo speciale a Cisterna di Latina, il monumento naturale diventa setting del film. Gli spazi che si alternano nelle inquadrature riflettono il luogo perfetto in cui trovano la loro collocazione ideale ninfe, sirene e divinità. Le affascinanti creature vengono rapite a loro volta dalla collezione Dior che, una volta indossata, contribuisce ad acuire il senso di incantamento dell’intero scenario.
Garrone è un autore che spesso inserisce elementi fiabeschi nei suoi film e in quest’opera sembra essere tornato davvero alle origini della favola: il mito. Il regista ha dichiarato che questo viaggio alle origini della cultura occidentale è stato, allo stesso tempo, un viaggio alle origini di se stesso. Prima di esordire nel cinema, la carriera scelta da Garrone era stata quella di pittore. I dipinti del Seicento e del Settecento, con le loro luci, il modo di inquadrare i volti, sono stati di grande ispirazione per la sua estetica di regista come per la realizzazione, nello specifico, de Le myhte Dior.
L’ideale classico della letteratura e l’artigianalità della manifattura Dior danno vita a un connubio completo. L’arte risuona nella moda e viceversa e Dior ha sempre dimostrato di avere questo sguardo laterale se si pensa che, nel 1933, lo stilista fu il primo a presentare a Parigi una audace mostra di artisti surrealisti.
Al di là dei pregiudizi che possono abbracciare la grande industria dell’abbigliamento, la moda, e in particolare l’haute couture, ha sempre sostenuto l’arte e comunicato attraverso le sue forme. Un prodotto di lusso acquista tanto più valore quanto più riesce a esprimere trasversalmente il suo brand, mediante nuovi e vecchi media.
Le mythe Dior mostra l’armonia che esiste tra attività “artigianali”, come il cucito e la pittura, e le arti “nuove” del cinema e della comunicazione. Dior e Matteo Garrone creano qualcosa che affascina non solo per la magia delle atmosfere ma perché la lingua parlata dal regista e dalla grande casa di moda è una sola: quella dell’arte. Comunicare bellezza, eleganza, e sogno attraverso la forma e il taglio di un tessuto non è differente dal farlo impiegando medium più convenzionali.
Martina Dalessandro