Le dimissioni di Zingaretti sollevano domande sul futuro della sinistra e della politica italiana
Nelle sue ultime dichiarazioni l’ex segretario del Partito Democratico non torna indietro. Le dimissioni di Zingaretti, arrivate nel pomeriggio di giovedì come un fulmine in un cielo non tanto sereno, sono il culmine di una crisi. Il leader democratico ha usato parole dure nei confronti dei propri compagni di partito, accusandoli di essere più interessati alle poltrone che ai problemi dell’Italia.
La normalizzazione della sinistra
Secondo l’onorevole Fassina di LeU, un tempo dirigente del Partito Democratico, siamo di fronte all’ultimo atto di normalizzazione del Paese già iniziato con la caduta del Conte bis. È una normalizzazione che riguarda prima di tutto la sinistra e la sua identità. La linea di Zingaretti era stata caratterizzata – dopo un inizio tentennante – da una strenua difesa dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle, che doveva diventare solida e strutturata.
Ultimo dei segnali in questa direzione, pochi giorni fa, l’inclusione nella Giunta regionale del Lazio di due consigliere grilline, Roberta Lombardi e Valentina Corrado. Il gesto non è stato apprezzato da tutti, come del resto non lo è stato la creazione di un inter-gruppo parlamentare al Senato tra PD, M5S e LeU. La stessa tattica non è stata seguita alla Camera, ma anzi accolta con freddezza dal capogruppo democratico Graziano Delrio.
L’assemblea del partito
Se, in un primo momento, alcuni speravano che le dimissioni di Zingaretti fossero una finta, è ormai chiaro che non è così. La prossima assemblea di partito del 13-14 marzo dovrà prenderne atto e decidere come affrontarle. Tra le ipotesi si prospetta un segretario provvisorio fino al prossimo congresso ordinario del 2023. Si fa il nome in questo caso di Roberta Pinotti, ex Ministra della Difesa.
Altra strada sarebbe l’indizione di un congresso straordinario per eleggere il nuovo segretario e, con esso, la strategia politica del partito. Le dimissioni di Zingaretti, e le sue dichiarazioni, sembrano in effetti voler indicare questa seconda via. L’ex segretario ha auspicato che il suo passo di lato possa essere l’occasione per un vero chiarimento sull’identità e la strategia del partito.
Gli avversari interni
Tra coloro che non vedono di buon occhio un’alleanza strutturale con la sinistra e con il Movimento 5 Stelle c’è Stefano Bonaccini, che da molti è dato come possibile successore alla segreteria. Il suo silenzio lascia pensare che il Presidente della Regione Emilia-Romagna non sia molto afflitto dalla crisi in atto.
Anche i renziani e i centristi interni al partito come Andrea Marcucci, capogruppo democratico al Senato, non hanno mai risparmiato critiche al Conte bis e alla sua maggioranza. Lo stesso Marcucci, in piena crisi di Governo lo scorso gennaio, spingeva per accogliere di nuovo Italia Viva nella maggioranza.
I renziani
La reazione di Italia Viva, che con Gennaro Migliore si limita a rassicurare sulla tenuta del Governo, è molto eloquente. Lo è altrettanto, ma sul fronte opposto, Giuseppe Conte che si è detto dispiaciuto delle dimissioni di Zingaretti, del quale ha apprezzato le doti di leader “solido e leale”. Dichiarazioni di solidarietà sono arrivate anche dal pentastellato Federico D’Incà.
I possibili scenari
Negli sviluppi delle prossime settimane sarà più chiaro chi riuscirà a prevalere: se una linea centrista che guarda più a Renzi e a Calenda, oppure la sinistra raccolta attorno all’ex segretario che vorrebbe solidificare l’alleanza con LeU e 5 Stelle. La crisi in atto non metterà nell’immediato in pericolo il Governo, sulla cui stabilità Zingaretti rassicura dato che persino Matteo Salvini si era detto preoccupato. Se pure è chiaro che la destra del partito è la più convinta sostenitrice del Governo Draghi, quando anche la sinistra dovesse rimanere in sella è improbabile che voglia mettere in crisi l’Esecutivo.
Lorenzo Palaia