A Gerusalemme diminuisce la popolazione ebraica mentre cresce quella palestinese

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Lo Stato d’Israele aveva poco più di un milione di abitanti al momento della sua nascita nel 1948. Oggi, secondo i dati diffusi dall’Ufficio centrale di statistica israeliano (CBS), ne conta più di nove milioni. Secondo queste medesime statistiche, nella capitale Gerusalemme sta crescendo la popolazione palestinese mentre diminuisce la popolazione ebraica.

I dati dell’Ufficio centrale di statistica israeliano: diminuisce la popolazione ebraica

Oltre l’impressionante crescita demografica in meno di un secolo, le statistiche del CBS portano alla luce un altro rilevante fenomeno. A Gerusalemme, città sacra da sempre contesa da israeliani e palestinesi, la maggioranza ebraica si riduce progressivamente.  Un dato che sorprende visto l’alto tasso di natalità della comunità ebraica haredi, più del doppio del 3.1 delle donne arabe.

L’altissima riproduttività di questa componente ultraortodossa ha fatto sì che questa, nonostante costituisse una minoranza, fosse sempre particolarmente influente negli assetti interni del paese. Secondo i recenti dati divulgati dal CBS, gli ebrei haredi costituiscono circa il 48% della popolazione ebraica a Gerusalemme. Si tratta del 29% dei residenti complessivi, che alla fine del 2021 erano 966.200 mila, il doppio rispetto a Tel Aviv.

Nonostante ciò, la maggioranza ebraica della capitale israeliana potrebbe non esserlo più in futuro visto il trend di questi ultimi anni. Nel 2021, gli ebrei costituivano il 59,7% (576.600 mila) della popolazione totale di Gerusalemme mostrando un calo rispetto al 2020. Nell’anno della pandemia, infatti, rappresentavano il 60,4% dei residenti totali e il CBS stima che i numeri scenderanno ancora sensibilmente nel 2023. Si tratta del margine più stretto per la maggioranza ebraica dal 1967 quando Israele ha occupato militarmente Gerusalemme est, territorio appartenente ai palestinesi. Questa “rivoluzione demografica” che si sta verificando progressivamente nella città, contesa da decenni da israeliani e palestinesi, costituendo una delle dispute principali del conflitto fra i due, potrebbe esercitare in futuro un peso politico rilevante.

I cittadini palestinesi residenti a Gerusalemme: un’apartheid in stile israeliano

I dati del CBS dimostrano forte e chiaro come i palestinesi costituiscano una fetta importante dell’attuale popolazione della capitale israeliana. Tuttavia, sono sottoposti all’autorità di Israele. Non solo, la zona araba della città è occupata militarmente dal 1967. Si tratta della Gerusalemme est, chiamata anche “città vecchia” in quanto parte del centro storico dove si trovano importanti luoghi sacri tanto per la religione ebraica quanto per il cristianesimo e l’islam.

Come fosse una sorta di nuova Berlino, sono notevoli le differenze fra le aree est ed ovest di Gerusalemme. Queste ultime sono moderne e funzionali per quanto riguarda l’architettura ma anche per i servizi come i trasporti pubblici. Al contrario, il settore arabo della città viene trascurato dall’amministrazione comunale e presenta edifici malmessi ed un diffuso tasso di povertà, come riportano i suddetti dati del CBS.

A Gerusalemme si assiste dunque ad una “supremazia ebraica” nonostante le statistiche ci parlano di una crescita costante del popolo palestinese. In questo contesto, possiamo immaginare una progressiva escalation delle tensioni fra palestinesi e israeliani, specialmente se la realtà futura dovesse essere quella di uno Stato unico. Lo ha sottolineato Mohammed Shtayyeh, Primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, durante un incontro con dei giornalisti europei:

Se Israele non accetta oggi i due Stati, vivremo domani nella realtà di uno Stato unico dove decidono solo gli israeliani […] ci sarebbe una ‘sudafricanizzazione’ della questione palestinese, con un nuovo regime di apartheid”.

È dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948 che gli ebrei israeliani cercano di mantenere il controllo a discapito del popolo palestinese. Una forma di oppressione sistematica di un gruppo razziale nei confronti di un altro che negli ultimi mesi ha raggiunto nuovi picchi, come nel caso del disegno di legge che propone di reintrodurre la pena di morte esclusivamente per i prigionieri palestinesi.

Diminuisce la popolazione ebraica ma gli ultraortodossi la fanno da padroni

La maggioranza ebraica non ha solo visto un calo negli ultimi anni ma anche un cambiamento nella sua composizione interna. I dati dell’Ufficio centrale di statistica israeliano mostrano infatti come a Gerusalemme la componente ortodossa stia conoscendo una crescita rapidissima. Tanto rapida che si stima che, se nel 2050 la popolazione di Israele dovesse raggiungere i 13 milioni, un terzo di questi saranno proprio ultraortodossi.

Abbiamo spiegato questo fenomeno citando l’elevato tasso di fertilità delle donne haredi, con una media di sette figli per donna. Va anche considerata una sensibile differenza nella distribuzione delle nascite secondo l’età dei genitori rispetto al resto della popolazione. Il 45% delle nascite degli ebrei haredi si concentra infatti fra i 20 e i 30 anni mentre nella stessa fascia di età parliamo del 25% per gli ebrei laici. Più semplicemente, all’interno della comunità haredi le generazioni si susseguono più velocemente.

Non si tratta di meri dati demografici, un aumento esponenziale di appartenenti alla comunità ultraortodossa, che segue una rigidissima dottrina religiosa, potrebbe avere non poche conseguenze sul piano geopolitico. Le ultime elezioni di novembre hanno segnato una decisiva virata a destra del governo. Considerando che la maggior parte degli ebrei haredi vota per partiti come Shas o Ebraismo della Torah Unito, le successive formazioni politiche sono destinate ad essere ultraconservatrici e, di conseguenza, mostrarsi ostili ad ogni compromesso con la componente araba della popolazione. La discriminazione sistematica dei palestinesi a cui accennavamo in precedenza sarebbe destinata, se così fosse, solo a peggiorare.

Oggi il popolo palestinese viene trattato da Israele come un gruppo etnico inferiore ma se le tendenze demografiche continueranno su questa scia, gli equilibri sono destinati a cambiare.

Caterina Platania

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