Differenza di genere: quale ruolo possono avere i giocattoli?

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Giocattoli: ogni bambino ne riceve durante la propria infanzia. Ma ci siamo chiesti quanto possano essere correlati alla differenza di genere?

Presumibilmente, in occasione del compleanno di una bambina, sceglieremmo di comprare una bambola o qualcosa che ha a che fare con la cura della casa e della famiglia. Se invece fosse un bambino a compiere gli anni, con ogni probabilità opteremmo per delle costruzioni, delle macchinine, oppure un pallone da calcio. È una tendenza, un retaggio, che ci portiamo dietro da tempi immemori.

Ma le cose stanno fortunatamente cambiando

Il tema del genere e dello stereotipo sessuale è al centro di discussioni da molto tempo. I primi studi a mettere in relazione la scelta dei giocattoli e la formazione dell’idea di gender sono stati condotti negli anni ’70 e hanno evidenziato – prevedibilmente – la tendenza da parte degli adulti a scegliere giocattoli che rispecchiano gli stereotipi di genere.

Ai giorni nostri, sono numerose le ricerche in merito, e un focus particolare lo meritano quelle di Becky Francis, accademica britannica specializzata in disuguaglianze educative. La ricercatrice pone l’accento su quanto la scelta del giocattolo da parte di un adulto influisca sull’identità sociale e sulle future aspettative professionali del bambino; generalmente, infatti, i maschi sono indirizzati verso attività che implicano l’utilizzo della logica e della manualità, le femmine verso la cura del prossimo.

Estremamente rilevanti sono anche le conclusioni raggiunte della Fawcett Society, associazione benefica nel Regno Unito che si occupa di campagne per i diritti delle donne e l’eguaglianza di genere. Secondo l’associazione, infatti, il 69% degli uomini tra i 18 e i 35 anni è convinto che stereotipi su cosa i bambini dovrebbero fare abbiano un effetto negativo sulla loro percezione dell’essere uomo o donna; ci sarebbe anche una maggior propensione da parte degli adulti – e non solo – a tollerare un comportamento da maschiaccio da parte di una bambina, piuttosto che un comportamento da femminuccia da parte di un bambino.

Ma c’è di più: 6 genitori su 10, infatti, sosterrebbero che il marketing da parte delle aziende produttrici rafforzerebbe questa tendenza a creare uno stereotipo di genere, tendenza che ovviamente è andata ad aumentare con la produzione e la comunicazione di massa.

Il compito dei giocattoli dovrebbe essere quello di combinare divertimento, sviluppo delle capacità cognitive, di movimento e affettive, assecondando le necessità del singolo, le sue attitudini naturali.

Partire dal presupposto che una bambina abbia il desiderio di riversare le proprie ambizioni e desideri sulla costruzione di un nido e di una famiglia, rappresenterebbe una forzatura che ci riporta indietro nel tempo, ignorando che ogni individuo è diverso dall’altro e ha il diritto di varare diverse opzioni in totale libertà.




Anche negli anni ’80 l’azienda propose nuovi modelli, cercando di rinnovare costantemente la propria proposta commerciale.

Che cosa cambierebbe se smettessimo di seguire una corrente maggioritaria dettata da marketing e stereotipi come stanno già  facendo alcuni genitori, soprattutto in Nord Europa ? Cosa cambierebbe se questo atteggiamento lo si applicasse non solo ai giocattoli, ma anche ai vestiti, ai libri, ai cartoni animati? Chi stabilisce che cosa sia da maschio e cosa invece da femmina? Forse un buon inizio per tagliare le gambe alle discriminazioni di genere – e non solo – potrebbe essere cercare di assecondare e valorizzare le naturali propensioni dei bambini, che nascono liberi dai pregiudizi.

Sofia Dora Chilleri

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