Arriva notizia dalla School of Earth, Energy & Environmental Sciences dell’Università di Stanford di una ricerca uscita su PNAS a proposito di un nuovo tipo di difesa dagli Tsunami.
Attualmente paesi come il Giappone che sono particolarmente esposti a tale distruttivo fenomeno tentano di difendersi con la costruzione di dighe marittime, dei grossi (e brutti) muri di calcestruzzo. Non credo esista qualcuno non lo sappia ma comunque nel caso: lo tsunami è un’onda anomala causata da eventi sottomarini, normalmente da un terremoto con epicentro in mare, anche frane sottomarine possono causare tsunami, ovviamente anche se un asteroide molto grosso precipitasse nell’oceano causerebbe qualcosa di simile.
Queste dighe marittime sono ovviamente deturpanti per il paesaggio (con impatto sul turismo locale), dannose per l’ambiente e per chi vive di pesca. Il Giappone ha speso l’equivalente di 12 miliardi di dollari per costruire centinaia di miglia di questi muri dopo un disastroso tsunami del 2011.
Ma i contro di questa soluzione non finiscono qui, ti chiudi dietro un costoso e brutto muro per un rischio abbastanza basso che un grosso tsunami ti colpisca e quando invece lo dovesse fare non hai la certezza assoluta che ti protegga, sotto uno tsunami davvero enorme il muro si potrebbe sgretolare e i frammenti essere scaraventati a terra dalla furia delle acque come proiettili.
Lo studio condotto da Jenny Suckale, assistente professore a Stanford, ma che comprende tra gli autori anche Abdul Muhari del coastal disaster mitigation division del Ministero della Marina Indonesiano ha individuato un’alternativa più bella ed elegante, che invece di impattare sulla qualità dell’ambiente e del paesaggio lo migliora e fa anche risparmiare un sacco di soldi! In realtà si tratta di un punto di partenza per rendere effettiva un’idea su cui si lavora da un po’, i cosiddetti tsunami mitigation parks si basano sull’idea che le foreste possano rallentare l’onda, ma i progetti visti finora a detta degli autori avevano un valore più estetico che di effettiva protezione. Tra l’altro dove le foreste non ci sono per piantarle e poi veder crescere abbastanza gli alberi i tempi sono molto lunghi. La novità del nuovo studio, basata naturalmente su accurati modelli al computer di come si diffondono le onde di uno tsunami, è l’aver scoperto che delle colline possono costituire una barriera altrettanto efficace dei muri di calcestruzzo per la maggior parte degli tsunami e nel caso di quell’enorme tsunami che si abbatte una volta ogni cento anni non falliscono peggio delle barriere. Il problema delle colline è l’erosione da parte delle acque, ma piantandoci alberi questi contrastano molto l’erosione. Quindi l’uovo di Colombo di questa nuova difesa dagli tsunami non sarebbero altro che colline coperte di alberi piazzate strategicamente sulla costa. Naturalmente non si tratterebbe di masse di terra costruite a caso, ogni collina dovrebbe essere disegnata con una linea particolare studiata per deflettere le onde a seconda delle caratteristiche della costa in modo da scaricare la massima energia lontano dai centri abitati.
Roberto Todini