‘Difendersi, una filosofia della violenza’ di Elsa Dorlin, pubblicato da Fandango nel 2020, un saggio illuminante che ripercorre la storia dell’autodifesa e della sua adozione da parte delle minoranze. Un romanzo ricco di documentazione, di riflessione, un’analisi sociologica e psicologica della storia del potere, della storia degli indifesi e degli indifendibili.
‘Difendersi, Una filosofia della violenza’ è un libro di Elsa Dorlin, filosofa francese e professoressa presso l’università Paris 8 Vincennes/St. Denis. Pubblicato in Italia da Fandango nel 2020, il libro si propone di tracciare la storia dell’autodifesa e del suo significato in quanto diritto. La Dorlin, grazie ad una documentazione fittissima, crea una rete i cui fili legano all’interno della Storia le minoranze, accomunate non soltanto dall’essere private del diritto all’autodifesa, ma dal divenire oggetto della strumentalizzazione di quest’ultima.
La Dorlin stessa, nel prologo del libro, enuncia la materia dell’opera: ‘Propongo qui di percorrere ogni tappa di una storia costellata dell’autodifesa‘. Continua affermando la volontà di ‘ricercare una memoria delle lotte nelle quali i corpi dei dominati costituiscono l’archivio principale‘. Corpi, muscoli, da questi viene vissuta l’esperienza della violenza, sia quando è subita, sia quando è perpetrata. La filosofa francese non si limita a presentare gli episodi come un mero racconto, ma li analizza sotto la lente d’ingrandimento degli aspetti sociali, politici, del contesto storico in cui sono circoscritti.
Le ‘etiche marziali di se’‘ definite dalla Dorlin, il ‘passaggio alla violenza‘ sono viste come una volontà di autodeterminazione della propria soggettività. C’è un prevaricatore che è sempre in diritto e in dovere di difendersi, che è difendibile e difeso dalla giustizia. C’è, dall’altra parte, un prevaricato, che in virtù dell’essere parte di una minoranza, non gode di questo diritto. Nel momento in cui lo rivendica, diventa un soggetto pericoloso, a-normale, minaccioso. E’ così che i ruoli si rovesciano, è così che i poteri forti, i media, demonizzano le minoranze proprio nel momento in cui rivendicano questo diritto.
Ne sono un esempio i colonizzati africani, ai quali è proibito portare armi o costituire assemblee. Ne sono un esempio le rivoluzionarie francesi, che chiedono agli uomini di poter far parte della Guardia Nazionale, che chiedono il diritto e il dovere di difendere la patria. Ma non si tratta soltanto di sterile patriottismo. I principi della Rivoluzione predicano uguaglianza, eppure le donne non hanno il diritto di difendere in primis sé stesse. Se lo chiedono non sono credibili, perché sono culturalmente tagliate fuori dal monopolio maschile della gestione della lotta armata.
L’autodifesa, diversa dalla legittima difesa, è quindi uno strumento che oltre a preservare l’integrità del corpo fisico, vuole rivendicare la dignità del soggetto. E’ proprio questo il motivo per cui le minoranze non vengono messe in condizioni di difendersi. Sta proprio qui il cuore della questione ideologica secondo la quale il rapporto dominatore/dominato non è e non può essere un rapporto tra pari. Potersi difendere vuol dire costituirsi come soggetto, pretendere il riconoscimento come tale e perciò significa intaccare il meccanismo del suprematismo bianco e virile. Rendere indifesi vuol dire rendere inferiori e viceversa. Chi può difendersi ha potere e viceversa.
L’autodifesa sembra così essere prerogativa del potere dominante. Nel momento in cui un membro facente parte di una minoranza accenna al minimo atto di difesa, questo gli si ritorce contro. Non parliamo al passato, perché questa realtà è la realtà di oggi. La realtà in cui la polizia abusa del proprio potere, uccide persone nere e in tribunale si avvale della retorica della legittima difesa. La realtà figlia, erede legittima della cultura che vuole alcune vite più degne di altre. Ed è proprio di ‘genealogia‘ che scrive la Dorlin, più che di storia. Perché questi non sono ‘episodi’, non sono eventi sciolti, ma hanno una matrice comune, ideologica e culturale.
La filosofa francese ci consegna un quadro fluido, in divenire, non Storia cristallizzata vista in retrospettiva. Capire i meccanismi che stanno alla base delle dinamiche oppressore/oppresso delineate in questo testo è fondamentale per riconoscerli e intercettarne gli effetti. Inoltre, ci rende consapevoli della necessità della lotta, contro le tendenze banalizzanti di chi crede che non ve ne sia più bisogno.
‘Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza’.
-Antonio Gramsci