Nell’immaginario simbolico la porta chiusa stigmatizza l’Inconoscibile. Come una barriera tra il sé e l’altro da sé. La curiosità di spingersi oltre il visibile e oltre il limite oggettivo. Questa sensazione ha origini primitive, fa parte del sentire umano e è preesistente ad esso.
Letteratura, cinema e musica riportano stilemi che rievocano questo impulso dell’inconscio che non può trattenersi dal superare la barriera del conoscibile e allo stesso tempo ne teme le conseguenze.
Premessa: il linguaggio è volutamente “fiabesco”.
La celebre favola di Barbablù, trascritta da Charles Perrault nel XVII secolo, segue proprio questo copione. La vicenda narra di un uomo ricco e facoltoso, che possedeva oro, argento e ville magnifiche, ma il suo aspetto era sgradevole e impauriva la gente a causa della sua lunga barba blu. Egli desiderava maritarsi e conobbe due sorelle graziose, che rabbrividivano all’idea di congiungersi in nozze con un tal tipo.
Ma dopo aver passato dei giorni tra ville, ori e feste; la minore, resasi conto del buon partito, acconsentì allo sposalizio. Trasferitasi a casa del consorte, munito della famigerata Barbablù, costui prima di un viaggio di lavoro le consegnò le chiavi delle stanze di tutta la casa, raccomandandosi di non aprire l’”ultima porta”, in fondo al lungo corridoio.
Ella non riuscì a soffocare l’impulso di aprirla e gettò un urlo alla vista di donne sgozzate e sangue che colava sul pavimento. Le vittime erano le precedenti mogli di Barbablù. Costui al suo ritorno scoprì l’antefatto dalla piccola chiava macchiata di sangue. La rincorse per ucciderla, affilando il coltello, e in soccorso della sventurata arrivarono i fratelli che la salvarono dall’epilogo drammatico. Morale della favola: le conseguenze dell’eccessiva curiosità.
Filone analogo segue la celebre opera in musica di Béla Bartok, su libretto di Bela Balazs, “Il castello del principe Barbablù”. La scena iniziale si rivela in un’atmosfera buia e cupa dove Judith e il principe duettano avvolti nelle tenebre. La sposa appena arriva nel castello lo trova senza finestre, senza luce, e desidera portare calore in quel freddo e angusto ambiente, in cui anche le pareti trasudano lacrime. Sette stanze misteriosamente chiuse e con il divieto da parte del principe di entrarvi.
L’insistenza di Judith la porterà ad schiudere porta dopo porta, dove vedrà orrore, sangue, armi, gemiti, laghi di lacrime, nubi rossastre, finchè giunge all’ultimo stipite. E con sorpresa tre donne finemente vestite le vengono incontro: sono le tre mogli del mattino, del pomeriggio e della sera. Barbablù a questo punto rivela che Judith sarà la sua mogli della notte e la ricopre di un manto stellato e la avvolge nell’oscurità senza speranza di luce.
Infine una pellicola introspettiva “Dietro la porta chiusa” di Fritz Lang. Qui l’aspetto psicologico è centrale per lo snocciolamento della vicenda. Il protagonista afflitto da un disturbo mentale che lo porta ad essere aggressivo e violento, in quanto ha subito il trauma della perdita della moglie in circostanze dubbie. In realtà l’amore incestuoso possessivo della sorella porterà essa a macchiarsi di questo crimine.
Egli ossessionato dal livore del sangue collezionava stanze dove erano avvenuti omicidi famosi, sostenendo che era l’ambiente che portava a commettere atti delittuosi. Traumatizzato da piccolo dall’essere stato chiuso a chiave in una stanza, complice la gelosia morbosa della sorella. La nuova moglie Cecilia aprirà la quarta stanza dove con sgomento vedrà che è riprodotta la sua stanza. A questo punto consapevole delle turbe del marito cercherà di salvarlo con il suo sentimento sincero; sventato l’episodio dell’incendio doloso con cui la sorella cercherà di uccidere entrambi.
Tre diversi modi di rappresentare un dramma dell’inconscio che assurge a simbolo di quell’altrove, denso di mistero, che rapisce e trascende.
Non mi far male,
Barbablù
Non voglio rose. Non voglio la luce del sole
No non li voglio mai più
Quant’ è oscuro il tuo castello
Quant’ è oscuro
Povero povero Barbablù
Costanza Marana