Didattica a distanza nelle scuole italiane: difficoltà ed opportunità

Didattica a distanza

Il sistema scolastico italiano si trova a fare i conti con la didattica a distanza come conseguenza del diffondersi dell’epidemia di Covid-19.

Risale al 5 Marzo l’annuncio della sospensione delle ordinarie forme di istruzione in tutta Italia. Tale provvedimento è stato il primo, tra quelli relativi alla gestione dell’emergenza del Corona virus, ad essere applicato all’intero territorio nazionale.

Prima di quella data chi viveva fuori dalle  zone originariamente colpite poteva ancora pensare che la propria vita non avrebbe subito cambiamenti a causa dell’aumento del contagio in Italia. Questa illusione è sicuramente crollata quel pomeriggio. La chiusura delle scuole è stata, a tutti gli effetti, il primo sentore che la crisi, che inizialmente si credeva circoscritta a determinate zone di Italia, potesse iniziare a riguardare tutti.

Molte furono le polemiche innescate dal provvedimento al momento della sua presentazione.

Se le perplessità riguardanti la necessità di una simile decisione si possono dire superate completamente, lo stesso non vale per i dubbi derivanti dalle difficoltà che il sistema di didattica a distanza avrebbe comportato. Anzi, visto il prolungamento fino a data da definirsi di questa modalità di istruzione, le richieste di aiuto in tal senso sono diventate ancora più urgenti.

Le problematiche generali relative alla didattica a distanza fanno riferimento alla scarsa digitalizzazione che caratterizzava le scuole italiane prima dell’emergere di questa situazione straordinaria. Gli istituti scolastici si sono dovuti organizzare autonomamente, facendo anche i conti con le difficoltà riscontrate, prima di tutto, dai docenti.

La principale criticità rilevata dalle scuole italiane nell’assicurare agli studenti il proseguimento del percorso formativo deriva dalla loro possibilità  di accesso alla diverse piattaforme di e-learning utilizzate dagli istituti.

Molti bambini e ragazzi, infatti, hanno difficoltà di connessione alla rete internet e non tutti possiedono gli adeguati dispositivi per poter usufruire della didattica a distanza. È importante sottolineare che queste criticità riguardano principalmente le fasce di popolazioni più deboli.




A questo proposito è interessante citare un dato contenuto in un rapporto Istat risalente al 2018.

Nello studio viene portato alla luce il fatto che, se è vero che negli ultimi anni l’utilizzo della rete internet ha subito un incremento significativo, questa tendenza è stata raggiunta grazie al massiccio utilizzo della rete mobile.

A più persone, quindi, è garantito un accesso ad internet, ma per le famiglie il cui grado più alto di istruzione sono la licenza media e il diploma, questa possibilità è data dall’utilizzo dei dispositivi come telefoni e smartphone.

Il rischio, quindi, è quello di aggravare lo svantaggio dei soggetti tradizionalmente più deboli.

Questa eventualità è resa più concreta dal fatto che, per quanto puntuali ed efficienti possano essere gli interventi educativi caricati da maestri e professori sui diversi portali on-line, l’onere dell’istruzione degli studenti di tutta Italia ricade sulle spalle delle famiglie in misura significativamente maggiore rispetto a quanto avviene in condizioni di normalità.

Questo aspetto della problematica riguarda soprattutto gli studenti delle scuole primarie e di quelle secondarie di primo grado, ma non può essere trascurato. Non tutti i genitori, infatti, hanno capacità e competenze che permettano loro di assistere in modo adeguato i propri figli.

Il grado di istruzione della famiglia di provenienza è, già in condizioni di normalità, un fattore di fondamentale importanza nella determinazione della possibilità di avere un percorso scolastico di successo. Bisogna tenere in considerazione il fatto che questo dato, nelle attuali circostanze, rischia di aggravarsi.

A rimanere svantaggiati possono essere, ad esempio, i figli di immigrati. Coloro che sono arrivati in età adulta nel nostro paese possono aver difficoltà con la lingua e con gli argomenti trattati nei programmi scolastici italiani e l’apprendimento dei loro figli, a maggior ragione in questa fase, può risentirne fortemente.

La difficoltà più grande, però, riguarda le famiglie con figli titolari di percorsi di istruzione personalizzati. Questi soggetti sono normalmente affiancati nel proprio apprendimento da insegnanti di sostegno. La mancanza di queste figure rischia di inficiare seriamente la continuità del percorso di questi bambini e ragazzi.

La ministra Azzolina, titolare del Miur, aveva annunciato fin da subito che il suo ufficio si sarebbe occupato di garantire a tutti il proseguimento del percorso di formazione scolastica.

L’impressione, però, anche consultando i materiali resi disponibili nell’apposita sezione del sito del ministero è che le incombenze finalizzate a questo scopo siano in larga parte delegate all’impegno dei singoli istituti scolastici e delle famiglie.

Esempio di questo è la Nota prot.n. 388 del 17 Marzo 2020 in cui sono contenute le “Prime indicazioni operative per le attività di didattica a distanza”.  Nel documento si fa riferimento alle esperienze sorte su iniziativa dei diversi istituti e si ribadisce l’importanza della didattica a distanza quale strumento utile a non interrompere il percorso degli alunni delle scuole italiane.

Le modalità in cui si prevede che possa essere realizzato questo modello di istruzione, però, sono molto diverse. Così infatti viene definita la didattica a distanza nel documento sopracitato:

Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza.

La ministra tiene anche a sottolineare che l’invio di materiali che non siano stati precedentemente spiegati non è da considerarsi lecito e che le scuole, soprattutto gli istituti di formazione primaria, devono fare il  possibile per permettere ai bambini di operare in autonomia, riducendo “gli oneri a carico delle famiglie”. Agli insegnanti di sostegno, poi, viene chiesto di mantenere un contatto a distanza.

Le indicazioni della ministra sono giuste e dimostrano di tener conto di molti degli aspetti problematici considerati durante il presente articolo.

Rimane, però, il dubbio circa l’incidenza concreta di questi suggerimenti. Le difficoltà di realizzazione di quei precetti, infatti, sembrano rimanere appannaggio dei presidi e degli insegnanti. La qualità dell’istruzione garantita agli studenti italiani, quindi, rischia di essere molto disomogenea. Più di quanto accade in condizioni normali.

Va detto che un aiuto concreto, di natura economica, indirizzato alle scuole italiane è stato previsto nel Decreto legge del 17 Marzo, soprannominato “cura Italia”.

Per la scuola sono stati stanziati 85 milioni. Di questi, 10 milioni devono servire alle scuole italiane per procurarsi i materiali per la didattica a distanza, mentre 70 milioni sono indirizzati all’acquisto di strumentazioni da mettere a disposizione, in comodato d’uso, agli studenti che, per difficoltà economiche, non dispongono di computer o altre apparecchiature utili a seguire le lezioni in via telematica.

I rimanenti 5 milioni devono servire a formare il personale sulle metodologie di insegnamento sulle piattaforme on-line.

I finanziamenti verranno ripartiti tra le diverse regioni tenendo conto delle relative distribuzioni di reddito.

Pur riconoscendo l’intenzione del governo, viene da domandarsi quale efficacia queste misure possano avere vista l’attualità delle difficoltà cui cercano di far fronte.

Nella situazione di grave emergenza e nella condizione di dolore che il nostro paese si trova ad attraversare è difficile prendersi un attimo per considerare le difficoltà e le questioni qui poste. Ma è giusto farlo.

Magari, quando tutto sarà finito, avremo appreso qualcosa sull’importanza e il valore di tutto ciò che è pubblico.

Fondamentale è il sistema di sanità, certo, ma non meno importante è l’educazione.

Una volta tornati alla normalità, forse, potremo utilizzare le criticità riscontrate durante questo periodo per migliorare la qualità dell’istruzione ordinaria. Solo grazie ad un efficiente sistema scolastico pubblico, infatti, possono essere garantite a tutti le stesse possibilità di realizzazione, a prescindere dalle condizioni di partenza.

Una simile affermazione può forse sembrare banale o utopica, ma l’ideale cui si ispira è uno dei fondamenti della democrazia italiana. È importante premurarsi del fatto che venga rispettato. Sempre.

Silvia Andreozzi

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