Le recenti dichiarazioni di Streeting sulla salute mentale, in cui ha sostenuto che ci sarebbe una “sovradiagnosi” di alcune condizioni psicologiche, hanno suscitato una reazione diffusa tra esperti e professionisti del settore. Wes Streeting, segretario alla salute nel governo britannico, ha infatti messo in dubbio la diagnosi eccessiva di disturbi mentali, suggerendo che molte persone vengano erroneamente etichettate come malate. Questa posizione, sebbene sostenuta da alcune argomentazioni, ha sollevato preoccupazioni tra coloro che si occupano di salute mentale, poiché potrebbe contribuire a stigmatizzare chi soffre realmente di problemi psicologici e renderne più difficile l’accesso al trattamento adeguato.
Le reazioni degli esperti alle dichiarazioni di Streeting sulla salute mentale
Nel corso di un’intervista, Streeting ha affermato che molte persone vengono “scartate” dal sistema e non ricevono il supporto necessario, il che, secondo lui, impedisce loro di rimanere al lavoro o di tornare a lavorare. Nonostante le sue dichiarazioni siano state fatte con l’intento di migliorare la situazione, gli esperti sono intervenuti per sottolineare che il rischio di stigmatizzare chi soffre di disturbi mentali potrebbe far più male che bene.
Minesh Patel, direttore associato della politica e delle campagne per la carità Mind, ha infatti dichiarato che, sebbene sia vero che molti non ricevano il giusto sostegno, il linguaggio usato da Streeting rischia di creare un clima di discredito nei confronti di chi cerca di affrontare problemi di salute mentale. Patel ha anche evidenziato le difficoltà connesse alla richiesta di benefici, un processo che può essere lungo e complicato, e ha avvertito contro l’uso di termini che possano ridurre la gravità della sofferenza psicologica.
Le dichiarazioni di Streeting sulla salute mentale hanno inoltre sollevato preoccupazioni riguardo alla possibilità che il governo possa ridurre ulteriormente i finanziamenti per i servizi di salute mentale. Robert Howard, professore di psichiatria geriatrica presso l’University College London, ha espressamente dichiarato che “punire” le persone non porterà a un ritorno al lavoro, anzi, rischia di aggravare la loro condizione.
Secondo Howard, il vero modo per aiutare chi soffre di disturbi mentali a reintegrarsi nel mondo del lavoro è garantire loro l’accesso a trattamenti psicologici tempestivi ed efficaci, piuttosto che sminuire la loro malattia. Questo approccio, basato sulla comprensione e sul supporto, è fondamentale per il recupero di molte persone, in particolare dei giovani che soffrono di ansia generalizzata, un disturbo che rende difficile lavorare.
Le sfide della riforma del sistema di welfare
Nonostante queste critiche, Streeting ha ribadito che il governo ha l’intenzione di riformare il sistema di welfare per supportare chi è più vulnerabile. Ha anche sottolineato che una delle priorità del governo è garantire a chi ha bisogno un’adeguata dignità e indipendenza, ma che il sistema di welfare deve essere anche un trampolino di lancio per il ritorno al lavoro. In questo contesto, ha dichiarato di essere contrario a un approccio che veda le persone con malattia mentale come un peso per la società.
Tuttavia, l’incertezza riguardo alle misure concrete che verranno adottate ha suscitato preoccupazione tra i membri del partito Laburista, che temono che le nuove politiche possano peggiorare la situazione di chi già fatica a ottenere i giusti aiuti.
Le dichiarazioni di Streeting sulla salute mentale, purtroppo, arriva in un momento di crescente disuguaglianza economica e sociale, con milioni di persone fuori dal mercato del lavoro a causa di malattie a lungo termine. Sebbene il governo britannico abbia promesso di migliorare le condizioni delle persone disabili e malate, la sua azione concreta è stata finora insufficiente a rispondere alle esigenze di chi ha bisogno di supporto.
In molti temono che le proposte di riforma non siano sufficientemente inclusive, e che le persone più vulnerabili vengano ancora una volta lasciate indietro. Il dibattito si concentra ora su come rendere i benefici sociali più accessibili, ma anche su come evitare che una visione restrittiva della salute mentale conduca a decisioni politiche dannose per la società.
Elena Caccioppoli