Il dialetto nella canzone d’autore dagli anni ’50 ad oggi

dialetto nella canzone

dialetto nella canzone

Dagli anni Cinquanta molti artisti decidono di utilizzare il dialetto nella canzone per custodire le tradizioni regionali e offrire un’alternativa linguistica. Gli interpreti della canzone tradizionale popolare diventano gli autori dei propri brani e non permettono che i dialetti vengano dimenticati.

Nascita della canzone d’autore italiana

Nel 1958  il cantautore Domenico Modugno vince il festival di Sanremo con la canzone Nel blu dipinto di blu. Per la prima volta nella storia della canzone d’autore italiana è presentato in televisione  un brano scritto e interpretato dallo stesso autore.

Qualche anno prima Modugno, ispirato alla tradizione dei cantastorie siciliani, pubblica il suo terzo singolo: La donna riccia / Lu pisce spada, in dialetto siciliano e salentino.

La censura del dialetto

Durante il regime fascista è proibito l’utilizzo del dialetto per disciplinare l’uso della lingua nazionale. In seguito alle direttive dialettofobe del regime, il dialetto nella canzone rimarrà un “folklore finto” che si ridimensionerà solamente nei decenni a seguire. Infatti  il numero di autori impegnati a produrre testi nella varietà dialettale è ancora esiguo.

Il revival della musica popolare

Dario Fo, futuro premio Nobel per la letteratura, dirige nel 1966 una rappresentazione teatrale di canti popolari dal titolo “Ci ragiono e canto”.

Il canto popolare basa ritmo, andamento e pause sui gesti del lavoro: sono i gesti svolti che determinano il canto

Dario Fo




Lo spettacolo è riproposto dieci anni dopo in diretta televisiva e propone il dialetto nella canzone popolare. I temi trattati sono aderenti alla questione sociale italiana, come l’emigrazione dal Sud verso il Nord e l’eccidio dei contadini di Avola avvenuto in Sicilia nel 1968.

Le prime cantautrici donne

Anche la disparità tra la donna e l’uomo nella vita familiare, sociale ed economica è un grave problema, in particolare nelle regioni del Sud Italia. La donna è relegata nell’ambiente domestico e vittima di soprusi imposti dalla rigida visione di tipo patriarcale. Tuttavia, da questa condizione emergono due donne importanti nella storia della canzone popolare italiana.

Rosa Balistreri è chiamata “la voce della Sicilia” e Maria Carta è considerata l’autentica voce della cultura della Sardegna. Insieme saranno le protagoniste del revival del dialetto nella canzone popolare degli anni Settanta.

Nello stesso periodo il musicista napoletano Carlo D’Angiò fonda la Nuova Compagnia di Canto Popolare e poi, insieme al cantautore Edoardo Bennato, il gruppo Musicanova.  Il loro obiettivo è riproporre i valori della canzone popolare campana. La cantautrice Teresa De Sio esordisce con il gruppo popolare Musicanova, pubblica un album con le Villanelle Popolari del Cinquecento e continua a dedicarsi fino ai giorni nostri al rinnovamento della lingua napoletana.

I cantautori di successo 

Tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni 0ttanta diversi cantautori dal Nord al Sud sono alla ricerca di nuove frontiere lessicali e scrivono canzoni d’autore in dialetto.

In Liguria

Fabrizio De André pubblica nel 1984 l’album Crêuza de mä , che segna l’inizio della nuova stagione neodialettale. Il cantautore afferma che è più semplice cantare in dialetto poiché la lingua italiana è povera di parole tronche.

Emilia Romagna

Pierangelo Bertoli incide l’album S’at ven in meint, interamente in dialetto modenese. Anche lui considera il dialetto un’ottima alternativa alle frasi lunghe e costrette dell’italiano. In un periodo in cui va di moda cantare in inglese preferisce utilizzare il dialetto d’origine.

Campania

Pino Daniele pubblica nel 1977 il suo primo album, intitolato Terra mia.  La lingua impiegata è prevalentemente il dialetto napoletano, in armonia con la musica blues. Il cantautore dimostra come il dialetto nella musica americana abbia una resa positiva pari all’inglese.

Sicilia

Nel 1979 esce l’album  L’era del cinghiale bianco  di Franco Battiato, il quale contiene un’unica canzone in dialetto: Stranizza d’amuri.

Il fenomeno delle posse

Negli anni Novanta il dialetto nella canzone riprende la sua dignità e verrà preservato dal fenomeno delle posse.

Si tratta di un  genere musicale affermatosi in quasi tutte le regioni italiane, che utilizza il dialetto per esprimere la condizione giovanile in opposizione al  sistema economico, politico e istituzionale. Il dialetto è contrapposto all’idioma nazionale, considerato la lingua del potere (posse  dal latino possum =  potere).




Oggi il dialetto è sopravvissuto nella canzone d’autore?

Il dialetto nella canzone d’autore  è utilizzato da molti artisti ed è possibile presentarlo anche al festival di Sanremo, in quanto varietà della lingua italiana.

La scuola di Rosa Balistreri

Ad oggi sono molti i cantautori che valorizzano l’eredità linguistica della cantautrice Rosa Balistreri. Carmen Consoli ne propone diverse  canzoni ai suoi concerti e scrive anche lei tre brani in catanese, affermando che questa varietà linguistica è utile per affrontare tematiche serie in maniera divertente. Sempre in Sicilia, il cantautore Francesco Giunta sceglie di scrivere solo in dialetto e pubblica diversi album. Inoltre riadatta in palermitano la canzone “La buona novella” di Fabrizio De Andrè, il testo è approvato e acquisito dalla Fondazione De Andrè.

La canzone d’autore in dialetto trasmessa in televisione

Nel 2019 esce l’album Zara Zabara, dodici canzoni per Montalbano, scritte e cantate da Olivia Sellerio per la serie televisiva Il Commissario Montalbano. Le canzoni in dialetto palermitano sono state mandate in onda nel territorio nazionale dal canale RAI.

Cristina Meli

 

 

 

 

 

 

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