Il diabete è una patologia apparentemente molto conosciuta. Tuttavia in molti ne ignorano le caratteristiche così come la storia, il presente e il futuro della ricerca in questo campo, ricerca che ai suoi esordi ha portato a una delle scoperte più rivoluzionarie in campo medico: l’insulina.
Che cos’è il diabete: un ripasso
Il diabete mellito è una patologia che provoca l’aumento della glicemia, ovvero l’aumento degli zuccheri presenti nel sangue. Questo avviene a causa della riduzione o del totale annullamento della produzione di insulina, un ormone pancreatico con diverse funzioni, tra cui quella ipoglicemizzante.
Normalmente quando aumenta il livello di zucchero nel sangue, le cellule beta nel pancreas rilasciano l’insulina. L’insulina è un ormone che attiva tutte le cellule del corpo affinché prelevino dal sangue il glucosio. Nel diabete di tipo 1, il sistema immunitario distrugge le cellule beta, mentre nel diabete di tipo 2, sono le cellule del corpo a non riuscire ad assorbire zucchero a sufficienza, lasciandolo circolare nel sangue.
Si tratta di una patologia generalmente molto diffusa, tanto da essere definita dall’OMS un’emergenza sanitaria globale: si stima che le persone affette da diabete in tutto il mondo siano circa 346 milioni.
Esso si distingue in diverse tipologie, tra le più diffuse ci sono:
- Il diabete di tipo 1: è una malattia autoimmune, ciò significa che in questo tipo di diabete (che riguarda il 10% dei casi) sono gli stessi anticorpi ad attaccare le cellule pancreatiche addette alla produzione di insulina. Le ragioni per cui questo avviene potrebbero essere legate a fattori genetici, a virus o ad agenti tossici ambientali, anche se a questo riguardo non si è ancora arrivati a delle risposte chiare. Coloro che sviluppano questa patologia sono inevitabilmente insulino-dipendenti, in quanto la produzione di insulina in questi casi è troppo bassa o completamente assente. Nella maggior parte dei casi i primi sintomi si manifestano in età infantile o durante l’adolescenza, raramente essi arrivano a presentarsi dopo i 40 anni.
- Il diabete di tipo 2: nel diabete di tipo 2 la componente genetica può determinare una predisposizione per lo sviluppo della malattia, tuttavia sono le cause comportamentali e ambientali i principali fattori che incidono nello sviluppo della patologia. Il diabete di tipo 2 non è una malattia autoimmune, e può presentarsi con un decorso più lento nel corso della vita. I fattori di rischio sono legati a: cattive abitudini alimentari, sovrappeso, obesità, stress causato da fattori socioeconomici.
- Il diabete gestazionale: può comparire durante la gravidanza e in genere scompare dopo il parto.
Per il diabete, in origine inevitabilmente mortale (soprattutto nel caso del diabete di tipo 1), esiste una terapia assolutamente efficace che è sempre la stessa da ormai un secolo: la somministrazione di insulina. Il fatto di aver scoperto ormai da molto tempo una terapia vincente non significa che non sia arrivato il momento di passare dalla terapia alla ricerca per una cura definitiva. Questo anche in virtù del fatto che il numero di persone affette da diabete stia crescendo in maniera importante, tanto da essere definito dall’Istituto Superiore di Sanità “la malattia cronica più diffusa dell’infanzia e della adolescenza, rappresentando un problema emergente per la salute pubblica“.
Ma ripassiamo ora la storia di una delle scoperte tecnologiche più importanti della medicina per poi vedere quali passi avanti sono stati fatti, come si gestisce il diabete nel presente e quali sono le sfide per il futuro.
Passato
La corsa per la scoperta della molecola responsabile per l’abbassamento della glicemia iniziò a fine 1800. Furono però gli scienziati canadesi Frederick Grant Banting e Charles Herbert Best che nel 1921 all’Università di Toronto riuscirono a ottenere un estratto del pancreas, l’insulina, poi perfezionato e reso più puro grazie all’aiuto del biochimico James Collip.
L’estratto di insulina venne iniettato per la prima volta a un ragazzo di 14 anni nel 1923, salvandolo da morte certa. La notizia fece presto il giro del mondo creando un’enorme richiesta. Banting, con l’aiuto del collega John Macleod, riuscì a sviluppare una forma di insulina più pura estratta dal pancreas bovino, scoperta che gli valse il Nobel per la medicina.
Nel corso degli anni successivi, si svilupparono diverse strategie di estrazione dell’insulina di origine animale e si scoprì, nel 1948, l’insulina NPH in grado di prolungare gli effetti della stessa permettendo di ridurre le iniezioni giornaliere. Solo nel 1978 si arrivò a sintetizzare la prima insulina umana, ovvero una proteina identica geneticamente a quella prodotta dal nostro organismo, per via sintetica, riducendo a zero tutte le possibili reazioni allergiche precedentemente associate all’insulina animale.
Dagli anni ’70 in poi si susseguirono una serie di innovazioni importantissime per la terapia del diabete: vennero creati i primi glucometri portatili per monitorare i livelli di glicemia, venne messo in commercio un primo mini-infusore di insulina, venne inventata la prima penna insulinica a sostituzione delle ingombranti siringhe di vetro e, nel 1999, venne approvato il primo sistema per il monitoraggio continuo del glucosio (CGM).
Presente
Le innovazioni sviluppate nel corso di un secolo hanno portato a quelle che sono le terapie diabetiche attuali. Queste si differenziano sostanzialmente dal tipo di diabete.
Le tecnologie attuali per la terapia del diabete di tipo 1 consistono fondamentalmente nell’assunzione di due tipi di insulina: le insuline a lungo termine assunte per iniezione con un’azione lenta prolungata durante il giorno a controllo di possibili cali glicemici, e quelle a breve termine anch’esse assunte per iniezione in corrispondenza di ogni pasto.
Per monitorare l’andamento glicemico sono oggi disponibili dei sensori da applicare dietro al braccio che, connessi a un dispositivo elettronico o direttamente allo smartphone tramite app, segnalano lo stato degli zuccheri nel sangue in ogni momento, avvertono con degli allarmi qualora questi fossero troppo bassi (ipoglicemia) o troppo alti (iperglicemia), e raccolgono i dati del glucosio nel corso del lungo periodo, dando uno spettro anche generale dell’andamento glicemico.
In generale, le difficoltà associate alla gestione del diabete di tipo 1, nonostante le tecnologie per il trattamento siano avanzatissime e permettano a coloro che ne soffrono un ottimo stile di vita, non sono comunque da sottovalutare.
Chi è affetto da diabete di tipo 1 deve considerare moltissimi fattori e parametri, oltre banalmente al cibo che assume, prima di procedere con le iniezioni di insulina: il caldo, lo stress o l’attività sportiva sono fattori che incidono moltissimo su quanto glucosio viene consumato e quanto invece rimane in circolo nel sangue. Se ad esempio si prevede una giornata intensa di attività fisica, di caldo o ancora di stress, dunque condizioni per cui il corpo deve bruciare molti zuccheri, sarà necessaria una dose inferiore di insulina. Viceversa in momenti di sedentarietà ne servirà di più.
Il rischio di sbagliare dose è sempre presente: se la dose insulinica è eccessiva si va incontro a un calo di zuccheri che può essere più o meno grave, in caso contrario a un picco glicemico. Per questo, l’introduzione nel mercato dei sensori collegati ad app o a dei piccoli dispositivi appositi è un enorme aiuto nella gestione quotidiana dell’andamento glicemico.
La terapia per il diabete di tipo 2 è in generale meno complessa dal momento che in molti casi la correzione dello stile di vita, adattando l’alimentazione e facendo maggiore attività fisica, e/o l’assunzione di farmaci ipoglicemizzanti permettono di ottenere risultati terapeutici significativi.
Futuro
Nonostante gli enormi passi avanti fatti in questo campo, essere diabetici (in particolare soffrire di diabete di tipo 1) significa comunque convivere con iniezioni quotidiane e con la possibilità di sviluppare gravi danni cronici e altre complicanze. Per questo, dopo un secolo dalla scoperta dell’insulina e grazie alle nuove tecnologie disponibili, si sta lavorando per dare una svolta al trattamento cercando dei mezzi per controllare al meglio la quantità di insulina necessaria riducendo il più possibile le oscillazioni glicemiche (che possono portare allo sviluppo di altre patologie), e al contempo pensare a una strada per una cura definitiva.
Il futuro del trattamento del diabete è in realtà già alle porte. Tra le novità che “bollono in pentola”, oltre a quelle digitali quali sensori e app che sono oggi già realtà, ci sono:
- le insuline “intelligenti” sensibili al glucosio. Si tratta di nuove insuline di base “dormienti” che funzionano come se avessero un interruttore: si attivano quando rilevano una certa quantità di zucchero nel sangue, prevenendo l’iperglicemia, e tornano neutrali quando la glicemia si abbassa. Lo studio su questo nuovo tipo di insuline modificate (in gergo insuline NNC2215) è stato pubblicato in ottobre su Nature.
- le terapie con cellule staminali. Queste, in una prospettiva futura, si potrebbero sviluppare da essere delle terapie a diventare una vera e propria cura. Per ora, gli scienziati di molti centri di ricerca hanno portato avanti con successo molti studi clinici in cui sono state usate cellule staminali per creare delle cellule simili alle cellule beta responsabili per la produzione di insulina, che la rilasciano correttamente quando queste sono esposte a glucosio. Lo sviluppo di cellule beta “sostitutive” avrebbe come fine quello di poterle trapiantare nei pazienti, incapsulate in delle strutture che riescano a proteggerle dall’attacco del sistema immunitario. Infatti, nel caso del diabete di tipo 1, è la reazione autoimmune lo scoglio più grosso da superare, in quanto, anche trapiantando delle nuove cellule queste verrebbero comunque attaccate dallo stesso sistema immunitario.
Alessia Cancian