La ricerca è stata pubblicata sulla rivista PLOS ONE. Porta con sé una svolta nella diagnosi precoce del diabete mellito di tipo 2, una delle malattie croniche maggiormente diffuse al giorno d’oggi.
Biomarcatori nel sangue
I ricercatori hanno analizzato le sostanze presenti nel sangue di un gruppo di persone tre anni prima che queste sviluppassero la malattia. Lo stesso studio è stato effettuato su persone sane aventi stesso peso ed età simile ai malati. Comparando i risultati ottenuti si è scoperta la presenza di 1’129 proteine nei malati. Più interessante è la presenza di 754 molecole chiamate “micro-RNA”, note nella regolazione dell’espressione dei geni.
Questi biomarcatori sono al centro dell’attenzione del gruppo di ricerca. Sono molecole spia che segnalano la presenza della malattia molti anni prima della comparsa dei sintomi.
Il diabete mellito di tipo 2
Il diabete mellito di tipo 2, anche detto insulino-indipendente, è una malattia cronica degenerativa. È caratterizzata da alti livelli di glucosio nel sangue del paziente. Questo è dovuto ad un insufficiente produzione dell’ormone insulina da parte del pancreas e da un’inadeguata risposta, da parte delle cellule del corpo del paziente, a questo ormone.
“Il diabete mellito di tipo 2 è una seria condizione che può portare a complicazioni devastanti. Si riscontrano danni ad occhi e reni, malattie cardiovascolari e amputazioni” afferma Emily Burns, la responsabile delle comunicazioni riguardanti la ricerca del diabete nel Regno Unito.
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia molto diffusa
La malattia colpisce 415 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 3 milioni in Italia (5,5% della popolazione in Italia). Il numero complessivo è in aumento ed è previsto il raggiungimento di 642 milioni entro il 2040.
Al momento non esiste una cura risolutiva per questa malattia. Occorre perciò agire su tutti quei fattori che contribuiscono alla comparsa della patologia; bisogna quindi intervenire prima che il paziente riceva la diagnosi.
Tuttavia, non è così semplice: il paziente si rivolge al medico quando ormai i sintomi sono evidenti, ma l’inizio della malattia avviene anni prima. Di conseguenza, il punto è capire se si è a rischio o meno.
I biomarcatori sono la soluzione
John Petrie, professore a capo del progetto, afferma che “Una maggiore accuratezza nel riconoscere i soggetti più a rischio è molto importante”.
Con queste molecole si potrà porre l’attenzione su determinate persone apparentemente sane, ma il realtà malate. Tutto questo è possibile con un prelievo del sangue.
“Molti casi di diabete di tipo 2 possono essere prevenuti intervenendo precocemente” continua John Petrie “Attraverso un incremento dell’attività fisica e la prevenzione dall’obesità”.
Il progetto andrà avanti. In un futuro vicino potremo individuare la malattia prima che i sintomi siano evidenziabili dal paziente stesso. Di conseguenza, si avrà la possibilità di intervenire di largo anticipo per allungare e preservare il più possibile la salute del paziente.
Valentina Imperioso