La detenzione del giornalista basco di origine russa Pablo González, da due anni in un carcere polacco senza processo, è lungi dall’essere chiarita. Il suo caso è sempre più confuso. Le continue proroghe sollevano dubbi sul rispetto dei suoi diritti legali. Un’anomalia nel panorama giuridico europeo.
Sono trascorsi due anni dal suo arresto il 28 febbraio 2022, Pablo González rimane in custodia senza che siano stati resi pubblici dettagli sulle prove contro di lui o senza che sia stato fissato alcun processo. La ripetuta proroga della custodia cautelare di González evidenzia problemi all’interno del sistema giudiziario polacco, in particolare per quanto riguarda le detenzioni preventive prolungate. Il nuovo ministro della Giustizia Adam Bodnar si è impegnato ad affrontare queste preoccupazioni, offrendo potenzialmente la speranza che il caso trovi una soluzione giudiziaria. La situazione riflette dibattiti più ampi sulle pratiche legali della Polonia e sul loro impatto sui diritti individuali.
Specializzato nelle questioni del mondo post-sovietico, González è stato arrestato mentre seguiva la crisi umanitaria al confine polacco-ucraino in seguito all’invasione russa. Ambito su cui ha regolarmente riportato per importanti media spagnoli come Público, La Sexta, Gara e NAIZ. Tuttavia, anziché avere un riconoscimento del suo lavoro giornalistico, si trova ad affrontare gravi accuse che sollevano dubbi sul rispetto dei diritti fondamentali e della libertà di stampa in Polonia.
La magistratura polacca ha deciso pochi giorni fa (15 febbraio 2024, Corte d’appello di Lublino) di prorogare, per l’ottava volta, la sua custodia cautelare. Che durerà almeno altri tre mesi, e non c’è ancora una data per il processo. Questo rende ancora più urgente la richiesta di trasparenza da parte della procura polacca riguardo alle prove detenute contro di lui. Durante questi due lunghi anni, si sono levate numerose voci a favore del suo rilascio, sia nei Paesi Baschi che a livello internazionale, sostenendo l’assenza di crimini e prove contro di esso.
Il motivo del suo arresto? Pablo González è detenuto in Polonia da due anni con l’accusa di spionaggio a favore della Russia. Un’etichetta basata su prove vaghe e non supportate. Ovvero, senza fatti concreti su cui poter basare la sua difesa. L’Agenzia polacca per la sicurezza interna (ABW) lo ha accusato di utilizzare la sua professione giornalistica come copertura per attività per l’intelligence militare russa (GRU), rischiando una pena detentiva fino a dieci anni. Malgrado ciò, nessun caso specifico è stato fornito. Sono stati avviati procedimenti investigativi, inclusa una rogatoria inviata alla Spagna, ma González non è mai comparso in elenchi di scambi di spie tra Polonia e Russia.
Intanto un alone di mistero continua a circondare un caso in cui c’è poco spazio per i grigi e in cui convivono due posizioni opposte. Da un lato, alcuni dei suoi sostenitori sostengono che egli sia vittima di un assetto giudiziario; d’altro canto, vengono ripetutamente trapelate informazioni gravi che supportano le accuse della Procura polacca e che rafforzano la tesi che si tratti di una spia russa.
Il governo di Donald Tusk, al potere da dicembre, si è impegnato a porre fine ai lunghi periodi di detenzione preventiva, moltiplicatisi in modo esponenziale durante gli anni del suo predecessore, Mateusz Morawiecki. Si tratta di una strada che servirebbe a dare valore legale al caso contro Pablo González. A due anni dall’arresto di González in Polonia, vicino al confine con l’Ucraina e a pochi giorni dall’inizio della guerra, un solo punto resta chiaro: il detenuto merita che siano rispettati tutti i suoi diritti.
L’ambiente giornalistico teme che González possa rimanere detenuto in modo indefinito, come già accaduto, in casi simili, in Polonia, minando il principio di presunzione di innocenza e il diritto alla difesa garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Inoltre, González, secondo quanto spiega il suo entourage, si trova in una situazione di isolamento e il limitato accesso all’aria aperta, senza poter comunicare con nessuno se non in rare occasioni. Amnesty International ha chiesto la fine del regime di isolamento. Questa situazione ha portato alla formazione dell’Associazione #FreePabloGonzález, che continua a richiamare l’attenzione sull’ingiustizia della sua detenzione e sulla mancanza di trasparenza nel caso.
In una situazione in cui la presunzione di innocenza viene calpestata e i diritti umani violati si sono sollevate una serie di proteste e appelli per la sua liberazione da parte di organizzazioni giornalistiche internazionali e spagnole.
La situazione di González è un’anomalia nel panorama giuridico europeo. È l’unico giornalista dell’Unione europea detenuto in un carcere di uno Stato membro senza essere stato processato. Questa violazione dei suoi diritti fondamentali è stata denunciata da numerose organizzazioni professionali di giornalisti, ONG e associazioni della società civile. Tra cui Reporter Senza Frontiere (RSF).
La Federazione Internazionale e quella Europea dei Giornalisti (IFJ – EFJ) hanno ribadito la necessità di rispettare la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto ad un processo entro un termine ragionevole o alla liberazione in attesa del processo. La durata della detenzione provvisoria di González supera la normativa comune in Europa. Che generalmente limita questo periodo a due anni. Tuttavia, esistono eccezioni che consentono di prolungare la detenzione in casi complessi o fuori dal territorio nazionale.
Le associazioni giornalistiche spagnole, tra cui la Federazione delle Associazioni e l’Associazione dei giornalisti spagnoli (FAPE – UGT) e la Federazione dei sindacati dei giornalisti (FeSP), hanno espresso unitamente la richiesta di immediato rilascio di González e la garanzia di un processo equo secondo le normative democratiche. Miguel Ángel Noceda, Presidente della FAPE, ha ribadito l’impegno per la liberazione di González, definendo la sua prolungata custodia una forma di tortura.
Pavol Szalai, responsabile dell’ufficio UE-Balcani di RSF, ha sottolineato l’inconsueta durata della custodia di González senza un processo equo, ribadendo la necessità di rispettare i principi di giustizia e trasparenza dell’UE. RSF ha chiesto che il giornalista venga rilasciato prima che possa difendersi in tribunale e che venga garantita una minima trasparenza sulle prove detenute contro di lui.
In occasione del secondo anniversario del suo arresto, numerosi artisti, intellettuali e professori hanno espresso solidarietà a González, chiedendo un processo equo e trasparente. Manifestazioni e iniziative sono state organizzate in diverse città, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere le autorità a intervenire per garantire la giustizia.
Pablo cumplirá este miércoles 730 días incomunicado en una pequeña celda de una prisión polaca. Sin juicio. En la Unión Europea. Es inconcebible. Ayúdanos a que se haga justicia!!#FreePablo #DosAñosSinPablo #FreePabloGonzález pic.twitter.com/zjhOdPGND6
— Juan Teixeira (@JTeixeiraFoto) February 24, 2024
Il caso di Pablo González rappresenta non solo una sfida fondamentale per il rispetto dello stato di diritto e dei principi democratici all’interno dell’UE, ma anche un monito contro l’abuso di potere e l’ingiustizia sistematica. La sua custodia prolungata senza un processo giusto mette in discussione l’impegno dell’Europa per i valori fondamentali della libertà di stampa e dei diritti umani, richiedendo azioni immediate e concrete per garantire la sua liberazione e il rispetto dei suoi diritti legali.