La storia di Delonte West, ex giocatore NBA che ha trovato, dopo anni di umiliazioni, la forza per rialzarsi e prendere in mano la sua vita
La NBA, la lega dei campioni, dei supereroi, la lega dei migliori atleti al mondo, l’olimpo del basket mondiale. Per tutti la National Basket Association è sinonimo di tutto ciò, soprattutto grazie alle immagini che giungono fino a noi, le pubblicità, gli eventi, le schiacciate. Purtroppo, negli anni si è capito che dietro al colorato stemma NBA non c’era soltanto il bello, e spesso il lato scuro della luna può far paura. Nel corso del tempo, soprattutto durante gli ultimi 3 anni, diverse stelle del basket statunitense hanno dichiarato al mondo i loro problemi riguardo la salute mentale. Giocatori come Kevin Love, uno dei principali fautori di questa campagna, o DeMar DeRozan hanno deciso di raccontare pubblicamente i loro problemi di depressione, sensibilizzando il pubblico su temi che sempre più spesso affliggono i protagonisti di quelle giocate spettacolari che tanto ci piace ammirare.
La lega, dal canto suo, ha deciso di far includere obbligatoriamente un consulente psicologico nello staff di tutte le 30 franchigie NBA, nella speranza di aiutare i propri dipendenti e rendere la competizione un ambiente sano.
Quando nel 2004 Delonte West iniziava la sua carriera nei Boston Celtics però queste figure non erano ancora state inserite. I problemi mentali dei giocatori non erano ancora presi in considerazione.
I primi anni in NBA
Come ogni storia che si rispetti la strada di Delonte West verso la NBA è stata lastricata di ostacoli. I suoi problemi comportamentali, il bullismo e gli istinti suicidi lo portarono più volte ad essere ricoverato in ospedali per ragazzi autolesionisti.
Tuttavia, dopo aver promesso a se stesso di farcela ed aver disputato delle stagioni al college di alto livello, il 24 giugno 2004, nell’holliwoodiano contesto del Madison Square Garden di New York, ovvero la Mecca del basket, West viene scelto dai Boston Celtics con la 24esima scelta assoluta al Draft.
Nelle sue prime tre stagioni NBA riesce comunque a ritagliarsi un ruolo nella all’epoca decadente franchigia del Massachusetts. Giocò discretamente e diede l’impressione di poter stare “tra i grandi”.
Arriviamo però velocemente al 2008, anno in cui Delonte West arriva ai Cleveland Cavaliers di LeBron James.
La stagione 08/09 di Delonte West
Durante l’estate del 2008, poco prima dell’inizio della stagione, West sta giocando un’amichevole, quando inizia ad inveire pesantemente contro un arbitro, guadagnandosi un’espulsione.
Questo evento segnerà una svolta epocale nella vita di Delonte. Egli, dopo aver deciso di farsi aiutare, scoprirà di essere bipolare e inizierà le relative cure.
Qualche mese dopo inoltre, nel settembre 2009, West verrà arrestato per possesso di arma da fuoco e verrà condannato a 8 mesi di arresti domiciliari e 2 di libertà vigilata. La disfatta dei Cleveland Cavaliers durante le finali di conference, inoltre, darà adito al famosissimo scandalo che vorrebbe Delonte West invischiato in una relazione amorosa con la madre di LeBron James, l’ennesima batosta che metterà a dura prova la salute mentale del giocatore.
La fine della carriera cestistica e il collasso finale
Gli avvenimenti di quell’annata e il conseguente peggioramento della sua salute mentale avranno un impatto enorme sulla carriera di Delonte West, che dopo alcune brevi esperienze tra NBA e Cina si conclude definitivamente nel 2015.
Gli anni successivi passano velocemente, le poche notizie di West che circolano parlano di un uomo che ha sperperato tutto ciò che aveva guadagnato nel corso della sua carriera. Cadde nella tossicodipendenza e nell’alcolismo e sospese le cure per il bipolarismo.
Ad inizio 2016 iniziano a circolare alcune foto dell’ex giocatore scalzo per le strade di Huston, in una condizione di palese disagio. Nello stesso periodo, inoltre, l’instabilità di West si manifesta tramite alcuni tweet che l’ex Boston Celtics condivide, in cui ritorna sul gossip relativo alla presunta storia con la madre di LeBron James, in cui si rivolge al vecchio compagno di squadra con astio, poche settimane dopo aver annunciato pubblicamente tutta la sua riconoscenza nei confronti del campione NBA.
Il video del 2020, Cuban ed il riscatto
Dopo anni di tacita sofferenza il caso di West torna alla ribalta a gennaio 2020, quando vengono diffusi alcuni video di quest’ultimo seduto su un marciapiede, ammanettato, mentre rantola parole incomprensibili, mostrando un fisico ormai consumato da anni di abusi di sostanze stupefacenti.
Tutti gli anni di indifferenza e scherno da parte dei media e della comunità cestistica ritornano con forza di vulcano sullo schermo, in quella figura esile e smunta, che cerca di comunicare qualcosa di incomprensibile, forse una richiesta d’aiuto.
Delonte West non è più così divertente, la sua storia acquista tutto un nuovo significato e nessuno ha più voglia di ridere o di girarsi dall’altra parte, nessuno ha voglia di tirare fuori il tormentone della tresca con la madre di LeBron James.
Fortunatamente, nel mare di reazioni sconcertate della comunità NBA, una mano si allunga verso West, una mano amica, che gli aveva dato fiducia anni fa, quando ancora era un giocatore di pallacanestro, e gliela vuole dare ancora, non potendo restare inerme di fronte a cotanta tristezza. E’ la mano di Mark Cuban, proprietario dei Dallas Mavericks.
Cuban rintraccia lo sciagurato ragazzo che qualche anno prima aveva giocato nella sua squadra, lo convince a disintossicarsi ed a ricominciare a curare la sua malattia, finanziando il tutto con i propri soldi, ed infine, a settembre dello scorso anno, lo aiuta a ricucire i contatti con sua madre, cercando di rimanere presente durante tutto il processo di riabilitazione.
Una storia di amicizia, ma non solo
Il mio scopo raccontandovi questa storia non è semplicemente quello di parlarvi del riscatto del campione NBA di turno. Storie di questo tipo ne esistono a migliaia e le conosciamo tutti.
Ciò che nessuno nota, invece, è l’indifferenza, che d’altronde non sarebbe tale se qualcuno la notasse. L’indifferenza di trattare come nulla fosse un ragazzo con problemi, che a più riprese ha chiesto aiuto ed a più riprese ha provato a parlare della sua patologia.
L’indifferenza di schernire qualcuno affetto da bipolarismo pubblicamente, sentendosi giustificati dal fatto che quello è un personaggio pubblico.
Delonte West ora è salvo, e il nostro augurio è che possa continuare a percorre questa strada per molto tempo ancora. Ma tutti gli altri sono ancora nell’ombra.
I Delonte West della nostra vita sono ancora lì, che aspettano soltanto di essere trattati con rispetto, poiché nessuno chiede di trattare “normalmente” persone che purtroppo devono convivere con patologie, si esige solo rispetto.
Thomas Marzioni