Il (vero) ruolo dell’AI nel Patto europeo su migrazione e asilo

Il ruolo dell'AI nel Patto europeo su migrazione e asilo

Dalla gestione delle frontiere al trattamento delle
richieste di asilo, fino alla fornitura di servizi
di integrazione e alla biometria; in questo modo la digitalizzazione potrebbe stravolgere anche le politiche migratorie dell’Ue. L’AI ha tutto il potenziale per tradurre in pratica il quadro giuridico delineato nel nuovo Patto europeo su migrazione e asilo. Tuttavia, se non supportati da una visione politica chiara e capace di supervisionare l’intero processo decisionale, lo sviluppo e l’adozione di queste nuove tecnologie nel campo della migrazione rischiano di esporre migliaia di persone a violazioni dei propri diritti, ostacolando la cooperazione tra gli attori dell’UE e i paesi terzi coinvolti.

L’europarlamento e il Consiglio Ue hanno raggiunto un accordo per il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo. I cinque pilastri fondamentali sui quali è stata costruita l’intesa toccano tutte le fasi della gestione delle politiche migratorie: dallo screening dei migranti irregolari al loro arrivo nei paesi dell’Ue, al rilevamento dei dati biometrici, alle procedure per presentare e gestire le domande di asilo, fino alle  norme per determinare quale Stato membro è responsabile della gestione di una domanda di asilo, cooperazione e solidarietà tra Stati membri.

L’intenzione è ancora una volta quella di provare a governare un fenomeno divenuto oramai strutturale nella nostra società ma ancora derubricato sotto la generica voce delle ‘emergenze’. Del resto, la migrazione è sempre stato un nervo scoperto nelle politiche di Bruxelles e spesso ha polarizzato in modo irreversibile i dibattiti elettorali nei paesi dell’Ue come dimostra il recente caso delle elezioni polacche.

Ma tradurre in pratica un quadro giuridico così complesso come quello del Patto europeo su migrazione e asilo richiederà tempo, capacità, finanziamenti e cambiamenti operativi sostanziali. E proprio qui potrebbe entrare in gioco l’intelligenza artificiale (AI) che negli ultimi anni ha fatto enormi passi in avanti, penetrando in qualsiasi settore umano. Per sostenere l’attuazione del Piano sui migranti, la politica europea potrebbe seguire una tendenza crescente nel mondo e fare sempre più affidamento sulle  nuove tecnologie digitali anche nel campo delle politiche migratorie.

A frenare i facili entusiasmi ci pensano, però, le nuove insidie connesse all’implementazione su vasta scala di queste tecnologie; gli errori incontrollati nel processo decisionale causati da pregiudizi radicati negli algoritmi così come i rischi legati alla sicurezza dei dati e alla protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo sono aspetti che non possono essere sottovalutati.

I rischi dell’AI nella gestione delle politiche migratorie

Senza uno sforzo consapevole e deliberato dei policy maker nell’orientare la digitalizzazione, i pericoli emergenti dall’AI possono facilmente superare i benefici in ogni ambito dell’esistenza umana. Nel caso specifico delle politiche migratorie, l’uso sistematico della digitalizzazione è in grado di alterare interamente i cinque pilastri chiave sui quali si articola il Patto europeo su migrazione e asilo.



Prendiamo, ad esempio, la proposta di regolamento sullo screening per coloro che provano ad entrare in Europa. Il nuovo regolamento prevede che le persone che non soddisfano le condizioni saranno soggette a una procedura di screening pre-ingresso, che comprende l’identificazione, la raccolta di dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza, per un massimò di sette giorni. Nelle pratiche di screening pre-ingresso dei migranti che attraversano irregolarmente la frontiera, sarà necessario distinguere tra coloro che sono sbarcati tramite operazioni di ricerca e salvataggio e coloro che richiedono protezione internazionale alle frontiere esterne.

Di per sé, l‘uso di procedure accelerate di frontiera obbligatorie è un argomento molto dibattuto nelle discussioni sulla riforma dell’UE in materia di diritto di asilo e trova da sempre una forte opposizione da parte delle organizzazioni della società civile, preoccupate che il crescente utilizzo di queste procedure possa abbassare gli standard di protezione dei migranti. 

Se a questo primo controverso aspetto si aggiunge che i tempi ridotti dettati dall’AI per l’identificazione dei migranti potrebbero tecnicamente consentire agli Stati membri di trattare le domande senza autorizzare formalmente l’ingresso dei richiedenti nel loro territorio, il quadro generale non fa che peggiorare. Un aspetto che si tende a sottovalutare è che se questo utilizzo scorretto dell’AI divenisse prassi corrente, potrebbe mettere definitivamente in crisi l’orami noto meccanismo di solidarietà che il Patto europeo su migrazione e asilo ha già in parte mitigato, ostacolando la cooperazione tra i paesi, anziché rafforzarla.

Salvaguardare la flessibilità della componente umana

Quando si sviluppano e si utilizzano sistemi digitali avanzati, destinati a incidere sulla vita delle persone, ci sono considerazioni importanti da fare che non possono essere ignorate o rimandate. Innanzitutto, è bene ricordare che a dispetto dell’apparenza, gli strumenti software non sono mai “neutri” ma seguono dei criteri etici, e politici.

In tema di politiche migratorie, anche per quanto riguarda la ricollocazione dei migranti, le autorità politiche dovrebbero sempre valutare i pro e i contro dell’utilizzo di strumenti di screening interamente basati sull’AI, tenendo conto che il processo decisionale semi o completamente automatizzato comporta rischi importanti, come la perdita di empatia e flessibilità nelle decisioni finali. Quando i cittadini di paesi terzi arrivano senza documenti sulle coste degli stati europei, il riconoscimento della loro identità non dovrebbe dipendere soltanto dal giudizio di un algoritmo.

L’utilizzo di sistemi linguistici per il riconoscimento dei dialetti utilizzato nei controlli non è esente da rischi e può creare incomprensioni tra gli operatori e i migranti. La difficoltà di stabilire l’identità dei migranti rappresenta uno dei principali problemi nei sistemi di migrazione e asilo dell’UE. In Germania, ad esempio, il sistema di assistenza all’identificazione dei dialetti ha un tasso di riconoscimento del 70-85% per i diversi dialetti arabo, persiano e pashto.53.

Non è un segreto, infatti, che anche i sistemi di AI siano soggetti a un inevitabile condizionamento dell’automazione dal momento che possono ereditare gli stessi pregiudizi cognitivi (bias) dei loro programmatori (pregiudizi razziali, etnici, linguistici).

Come sarà impiegata l’AI nel Patto europeo su migrazione e asilo

Scaricare il peso decisionale finale ai soli strumenti digitali per diminuire la pressione esercitata sui decisori politici dal fenomeno migratorio, rappresenta uno dei modi in cui l’AI non dovrebbe mai essere impiegata su scala globale dal genere umano.

Eppure, da quanto si apprende, nel nuovo  Patto europeo su migrazioni e asilo l’implementazione delle tecnologie digitali verrebbe utilizzata per rafforzare sostanzialmente due aspetti: l’espulsione dei richiedenti asilo che arrivano in maniera irregolare, e il meccanismo limitato di ricollocamento dai paesi di arrivo a quelli interni, rafforzando i controlli alle frontiere.

In sostanza, l’AI dovrebbe ‘alleggerire’ il giudizio dell’autorità politica su questioni cruciali come la detenzione forzata dei migranti e la loro espulsione verso paesi all’Unione europea, inasprendo in modo ‘intelligente’ e rigido le maglie della rete securitaria e emergenziale per ritornare, di nuovo, al punto di partenza.

In fin dei conti, l’intelligenza artificiale, così come la conosciamo oggi, non potrebbe fare molto altro. Se lasciata sola dalla politica, questa potentissima forma di tecnologia non è grado di assicurare il giusto equilibrio tra standardizzazione e flessibilità non solo nella governance delle migrazioni ma in generale nel campo delle più disparate attività umane. Perciò, pensare che la predizione e l’automazione delle decisioni sia una scorciatoia indolore per presentare come oggettive e neutrali scelte di natura politica vuol dire difendere consapevolmente l’impunità e l’ipocrisia da parte dei decisori umani.

Per cambiare rotta è necessario che le tecnologie digitali operino sotto la piena supervisione delle competenze essenziali della politica; ma è anche vitale che quest’ultima decida di utilizzare questi strumenti in modo consapevole e responsabile. In alcuni paesi dell’Ue ciò accade già: in Finlandia, ad esempio, lo strumento di prescreening del Servizio d’immigrazione nazionale è abilitato da un “motore di configurazione delle regole” che consente al personale di riconfigurare i criteri del sistema in base alle mutevoli esigenze. E’ questa l’unica strada da seguire affinché i benefici superino i rischi.

Il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo rappresenta sicuramente l’ennesima occasione d’oro per costruire una visione strategica sul tema, ma la strada resta lunga e complicata.  Raggruppare i diversi sistemi di intelligenza artificiale secondo un metro di giudizio che prenda in considerazione il rispetto dei diritti umani e non la fredda variazione del grado di rischio (classificato come alto-medio-basso), sarebbe già un buon inizio. Dimostrerebbe che l’Ue ha intenzione di mantenere davvero la promessa di migliorare il sistema di asilo e migrazione, non solo per gli europei ma per tutti gli esseri umani in quanto tali.

Tommaso Di Caprio

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