Il barbaro omicidio di Giulio Regeni ha tenuto banco sui media nelle ultime settimane, anche in vista di possibili colpi di scena. In particolare, maggiori novità sarebbero dovute giungere da un incontro tenutosi la settimana scorsa tra i magistrati egiziani ed i loro omologhi italiani della procura di Roma; purtroppo l’incontro si è rivelato un’occasione persa, l’ennesima per riuscire a far luce sulla morte del ventottenne friulano.
Il fallimento è da imputare alla mancanza di collaborazione da parte egiziana, che ha rifiutato di condividere con gli inquirenti italiani materiale probatorio non di poco conto (tabulati telefonici e riprese audiovisive), che avrebbe potuto fornire elementi più chiari in un’indagine che di chiaro ha poco o nulla.
È opinione di chi scrive che non si riuscirà nell’immediato futuro ad individuare un responsabile chiaro ed un movente per l’omicidio, almeno questo dal punto di vista giudiziario. Tuttavia, è probabile che si arrivi ad una soluzione che possa soddisfare l’opinione pubblica italiana, ma questo non riuscirebbe a fugare comunque i dubbi sulla genuinità del procedimento investigativo (raccolta delle prove, ricerca del colpevole, incriminazione e via discorrendo).
Infatti, a quanto hanno rivelato alcune fonti anonime (la cui attendibilità è tutta da verificare), l’Egitto starebbe pensando di sacrificare il generale Khaled Shalabi, già condannato nel 2003 per i reati di tortura e falsificazione di rapporti della polizia. Shalabi, capo della polizia criminale, sarebbe quindi il capro espiatorio ideale per salvare la faccia e le relazioni con l’Italia: è un colpevole credibile, ha già precedenti identici, è ai vertici della polizia. Chi meglio di lui avrebbe potuto far uccidere Regeni e aggiustare le prove in modo da farlo apparire una rapina o un delitto a sfondo sessuale? Mancherebbe il movente, ma quello passerebbe in secondo piano: nel boato di un annuncio simile, si potrebbe anche sostenere che il mare si trova in montagna senza che molti se ne accorgano.
Perché è importante per l’Egitto e l’Italia trovare una soluzione al più presto? Perché il caso Regeni è esploso proprio quando si stavano stringendo importanti relazioni industriali e commerciali tra i due paesi. L’interscambio tra l’Italia e Egitto ha un valore di circa cinque miliardi di euro annui: in prima fila vi è l’Eni, poi troviamo Banca Intesa, Italcementi ed un altro centinaio di imprese nazionali medie e grandi. In particolare l’Eni, dopo la scoperta del giacimento di Zohr (il più grande mai scoperto nel Mediterraneo, ben 850 miliardi di metri cubi di gas naturale), rischierebbe di essere tagliata fuori dalla torta egiziana, rimettendoci 14 miliardi di investimenti tra Nooros (delta del Nilo, petrolio), il deserto occidentale (petrolio) e Zohr appunto. Ma anche le altre imprese perderebbero cifre molto importanti (nell’ordine di miliardi di dollari).
Dopo settimane passate ad offrire ipotesi sempre più fantascientifiche sul delitto, a quanto pare gli egiziani hanno deciso di impegnarsi nella costruzione di un colpevole credibile. A questo si è probabilmente giunti dopo le pressioni italiane (non irresistibili, a dire il vero) e dopo alcune proteste internazionali (gli Stati Uniti in particolare). Tuttavia, come si diceva sopra, la verità è ben lontana dall’essere accertata. Chi garantirebbe infatti, viste le precedenti ipotesi formulate, che si sia trovato il vero colpevole, e non un capro espiatorio un po’ più credibile di una banda di rapinatori provvidenzialmente sterminata dalla polizia? E cosa farà l’Italia?
A questo è più difficile rispondere. Le possibilità sono tre: potrebbe credere alla nuova versione egiziana, oppure accettarla con riserva, o ancora rifiutarla. Si può ipotizzare con ragionevole probabilità che la versione egiziana verrà accettata con riserva. Cosa significa? Che – pur consapevoli del fatto che sia verosimile ma non necessariamente vero – si accetterà di credere che ad uccidere Regeni sia stato Shalabi, l’Egitto probabilmente dirà che faceva parte di una frangia deviata della Polizia e darà un movente verosimile o anche veritiero (estorcere informazioni, soprattutto nomi, dei sindacalisti indipendenti egiziani), la notizia terrà banco sulla stampa per una settimana e poi passerà in secondo piano, scivolando nel flusso delle informazioni in cui ognuno di noi è immerso ogni giorno. Nel frattempo sarà prevalso il “comune interesse alla stabilità”, gli investimenti non si bloccheranno e tutto ritornerà alla normalità.
Un po’ cinico? Sono gli affari, bellezza.
Lorenzo Spizzirri