La giuria di Annette Bening ha dato al film La forma dell’acqua di Del Toro il Leone d’Oro della 74a mostra cinematografica di Venezia facendogli superare una concorrenza piuttosto alta.
Si ricorda che a contendere per il Leone d’Oro vi fosse Abdellatif Kechiche con Mektoub, My Love e Tre manifesti fuori Ebbing, Missouri, che forse potrà portare nei primi di marzo al secondo Oscar per Frances McDormand.
Ma si vedrà. Fatto sta che il film di Del Toro ha ricevuto grandi plausi dalla critica, successo di pubblico, 13 nominations agli Academy Awards.
La protagonista di La forma dell’acqua è Elisa Esposito (Sally Hawkins), donna delle pulizie di una basa di ricerca top secret di Baltimora. Tutta fuoco sotto cenere, orfana, muta e riservata, è attratta dall’acqua perfino fisicamente e presenta tre ferite misteriose sul collo.
Amica di Zelda (Octavia Spencer), sua collega nera e dell’illustratore gay Giles (Richard Jenkins), è outsider fin dentro l’anima.
Sarà proprio lei a sentirsi attratta misteriosamente alla strana creatura che viene portata in laboratorio, studiata dagli scienziati per la sua capacità di resistenza necessaria per la corsa allo spazio.
La creatura reagisce perfettamente ad Elisa, prova sentimenti, l’attrazione è inarrestabile. Ma lo è anche il pericolo, rappresentato dalla violenza brutale di Richard Strickland (Michael Shannon).
Il film di Del Toro è classicissimo nell’impianto, nella struttura e nei rimandi al cinema anni ’50, alla letteratura di serie B come è stato giustamente fatto notare ma soprattutto nel riferimento al Mostro della Laguna Nera.
Il filone horror anni ’50 è per il regista la scusa per ricreare quel mondo sotterraneo e dimenticato del cinema, cambiando il finale in positivo, puntando su personaggi lontani dal mainstream e rivoltandoli contro la violenza della costrizione, dei tempi.
La fantasia di Del Toro porta in contesti dove l’umidità è presente come il verde acqua, il turchese, le sfumature del blu in contrasto con le luci del mondo terrestre, che comunque rimandano sempre all’acqua, elemento cui tutto fa ritorno come una sorta di liquido amniotico o “regione dell’essere”.
Sally Hawkins, bravissima e circondata da un cast che la supporta in completa sintonia, è sempre in bilico tra il vibrante ed il simpatico, perfettamente in ordine con lo stile del film che vaga tra orrore, kitsch e grammatica classica.
Bellissima scena quella in cui il bagno è interamente riempito dall’acqua della vasca: è potente, leggiadra e divertente al contempo, fatta apposta per Elisa ed il suo amante mostruoso, pesci fuor d’acqua.
Forse molti avrebbero preferito un approccio più panico, mitico, selvaggio ed esoterico con l’Altro, il Mostro, l’Outsider, il Divino che la Protagonista cerca e ama con tutta sé stessa. Del Toro però ha la sensibilità di un bambino, cerca la favola e non il mito, la levità gioviale e non la complessità.
E questo fa del film una bella, densa ed affascinante storia d’amore, semplice e dritta al punto.
Antonio Canzoniere