Come il deficit federale degli Stati Uniti è divenuto di secondo piano in America.
Un’analisi storica
Negli ultimi anni, il deficit federale degli Stati Uniti ha perso centralità nella politica americana, nonostante in passato fosse uno dei temi principali. Durante le amministrazioni di Bill Clinton e George W. Bush, la questione del deficit dominava la scena politica: Clinton, verso la fine del suo mandato, riuscì persino a generare un surplus di bilancio. In quegli anni, il deficit medio si attestava attorno all’1% del PIL americano. Tuttavia, la crisi finanziaria del 2008 segnò una svolta significativa.
Il punto di svolta
La crisi finanziaria del 2008 cambiò radicalmente la situazione. La recessione spinse il governo a varare ingenti stimoli fiscali per sostenere l’economia. Sotto la presidenza di Obama, il deficit federale degli Stati Uniti medio salì all’8,4% del PIL tra il 2009 e il 2012. Sebbene l’aumento fosse motivato dalla necessità di evitare un collasso economico, destò preoccupazioni sulla sostenibilità del debito a lungo termine. Inizialmente, l’opinione pubblica accettò l’espansione del deficit come una misura necessaria, percepita come un “male minore” rispetto a un collasso economico di vasta portata.
Tra il 2013 e il 2019, le politiche fiscali divennero più prudenti, con un deficit medio del 3,5%, comunque superiore ai livelli pre-crisi, segno che le cicatrici economiche della recessione erano ancora presenti. Nonostante gli sforzi del Congresso per ridurre il deficit, la crescita dei costi sanitari e previdenziali continuò a esercitare forti pressioni sul bilancio federale. Sebbene vi fosse maggiore cautela nelle politiche fiscali, l’opinione pubblica tollerava ancora deficit più alti del normale, data la consapevolezza delle difficoltà nel controllare alcune spese strutturali come quelle sanitarie e previdenziali.
Con l’arrivo della pandemia di COVID-19 nel 2020, il deficit federale degli Stati Uniti esplose nuovamente, raggiungendo livelli record. Le amministrazioni Trump e Biden approvarono pacchetti di stimolo senza precedenti, per sostenere famiglie e imprese colpite dalla crisi sanitaria ed economica. Il deficit federale toccò il 15% del PIL nel 2020, il livello più alto dalla Seconda guerra mondiale. In quel contesto, l’opinione pubblica si mostrò più tollerante verso il forte aumento del deficit, considerandolo indispensabile per affrontare l’emergenza. Le preoccupazioni immediate sulla sostenibilità del debito furono accantonate in favore di misure straordinarie per gestire la crisi.
Nel 2023, il deficit federale degli Stati Uniti ha raggiunto circa 1,69 trilioni di dollari, pari al 6,3% del PIL. Le proiezioni della Congressional Budget Office (CBO) indicano che il deficit potrebbe crescere fino a 2,6 trilioni di dollari entro il 2034, rappresentando il 6,1% del PIL. Questa crescita è attribuibile principalmente alla crescita delle spese obbligatorie, come Medicare e Social Security, e ai costi crescenti per il servizio del debito, che nel 2024 dovrebbe ammontare a circa 6,5 trilioni di dollari.