Deepfake in politica e la nuova retorica delle Intelligenze Artificiali

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Nello scorso mese sugli account social di Matteo Salvini è comparso un video in cui il ministro si rivolge al suo pubblico parlando in fluente francese, grazie all’uso di tecnologie di intelligenza artificiale

Deepfake in politica e la nuova retorica delle Intelligenze Artificiali – In un paese dove il livello di educazione alle lingue straniere risulta ancora discutibilmente modesto, vedere, fra tutte le figure della politica italiana, Matteo Salvini parlare in fluente francese risulta non poco strano.

Si tratta di un’adozione da parte del ministro dei trasporti di un modello generativo solitamente definito come Deepfake, in grado di replicare il volto di una persona così da poterlo trasporre sul corpo di altri individui o modellarlo secondo i propri scopi. La storia dei deepfake è travagliata e spesso connotata da un uso poco etico delle stesse.

L’uso di questa tecnologia da parte di Salvini risulta, per il momento, sostanzialmente innocuo, facendo solo sembrare che egli sia più educato a livello di lingua di quanto non sia nell’effettivo. Eppure, il suo post permette di aprire una discussione sul posto delle intelligenze artificiali nel mondo della politica e della propaganda.

Deepfake, di cosa si tratta

Poche tecnologie hanno scosso l’opinione pubblica quanto i Deepfake nel 2017/2018: impiegati per i primi tempi in ambiti se non illegali, altamente immorali (il termine nasce dallo username di un utente che li utilizzava a fini pornografici, ed è la combinazione di Deep Learning e Fake, un genere di pornografia incentrato sul fotomontaggio).

Fra i primi esempi pubblicamente noti di Intelligenza Artificiale basata sul Deep Learning, ossia sull’apprendimento da parte della macchina basandosi su vaste quantità di dati, definite corpus digitale (o training dataset),Deepfake costruiscono una sorta di maschera digitale dinamica dell’individuo imparando dalle foto fornite dall’utente. Più foto hanno, meglio le applicazioni saranno in grado di replicare il  volto desiderato.

All’animazione facciale viene spesso associato l’impiego di sintetizzatori vocali, così da poter ricreare in tutto e per tutto le fattezze dell’individuo, muovendolo a fare (e dire) ciò che si vuole.

L’uso dei Deepfake in politica estera

Ci si è presto resi conto dei rischi insiti in un’adozione dei Deepfake in politica, quando il regista Jordan Peele nel 2018 aveva “fatto parlare” l’ex presidente degli USA Barack Obama per avvertire dei pericoli di una società dove “chiunque può far dire qualunque cosa a chi si desideri”.

Il rischio, mai del tutto scongiurato, aveva portato da un lato ad adozioni ludiche dell’oggetto (come all’infinito dibattito presidenziale fra Joe Biden e Donald Trump su Twitch, dove due simulacra dei presidenti continuano tuttora a combattersi), dall’altro a una nuova faccia della guerra di informazione, come nel recentissimo caso della Slovacchia, dove alcuni Deepfake sono emersi pochi giorni prima delle elezioni in cui un modello imitante il candidato Michal Simecka affermava di aver comprato voti.

Deepfake in politica italiana, propaganda per darsi un tono?

Nel video di Salvini, rilasciato per pubblicizzare un incontro, il ministro (o meglio, un suo simulacro) rivolge un invito a partecipare, specificando che non si tratta di un’iniziativa di partito, bensì di un’assemblea popolare, e che “migliaia di persone da tutta Italia verranno per discutere dell’avvenire”.

Il video non è dunque diretto a un ipotetico gruppo di follower d’ oltralpe, ma motiva il francese per via della presenza di Marine Le Pen, invitata da Salvini a partecipare all’evento. Viene da chiedersi allora perché il politico abbia voluto, per così dire, fingere di sapere parlare un’altra lingua.

Una possibile risposta sta nell’esercizio retorico di apparire più competente di quanto effettivamente non sia, specialmente quando il pubblico desiderato comprende una fascia di età nata precedentemente all’avvento dell’era digitale, e dunque non del tutto in grado di distinguere quando ci si trovi davanti a un Deepfake, o cosa esso sia in generale.

Il video ha un disclaimer a riguardo, per quanto vago, in cui Salvini (o piuttosto, il suo team di comunicazione) specifica di aver usato un’ app di Deepfaking. Per osservare però quanto poco conti agli occhi del pubblico, basta leggere i numerosi commenti in cui gli utenti Facebook si congratulano con il vicepresidente del consiglio per il suo “eccezionale francese”.

I rischi dell’Intelligenza artificiale come surrogato di competenza

Si è già discusso precedentemente dei rischi nell’affidarsi ciecamente alle nuove tecnologie, specie da parte di chi non solo si trova in posizioni di potere, ma non ha le necessarie conoscenze per usarle in maniera consapevole.

Come comune nello stile di comunicazione del ministro Salvini, l’affermazione di aver usato dell’AI è affiancata all’emoji di un robot, come se stesse rivolgendosi amichevolmente al suo pubblico di (e)lettori di fronte al caffè della buona mattina. Eppure, come abbiamo visto precedentemente, si tratta di tecnologie dall’eticità altamente discutibile, e l’uso di deepfake in politica ha precedenti disastrose.

deepfake sono d’altro canto una delle numerosissime nuove frecce nell’arsenale di un’informazione sempre più eterogenea e distorta, e a esserne colpita maggiormente rischia di essere la fascia di pubblico meno educata.

di Roberto Pedotti

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