Quella di oggi, mercoledì 30 dicembre 2020, è una data storica per l’Argentina. Dopo decenni di lotta, finalmente l’aborto è legge, e le donne del paese avranno libero accesso all’aborto legale, sicuro e gratuito.
L’aborto è legge in Argentina
Dopo 12 ore di discussione, alle 4:00 di questa mattina la vicepresidentessa, Cristina Fernández de Kirchner, annunciava l’esito della votazione: “Risultato approvato con 38 voti favorevoli, 29 contrari e un’astensione”. Il Senato ha così legalizzato l’aborto volontario entro le prime 14 settimane della gravidanza, mettendo fine a una legge fortemente restrittiva, discriminante e medievale, che penalizzava l’aborto, e dal 1921 obbligava le donne a ricorrere agli aborti clandestini, mettendosi nelle mani di medici poco qualificati e senza scrupoli per interrompere una gravidanza. I numeri della criminalizzazione dell’aborto parlano di una vera e propria piaga, che vede ogni giorno più di 185 gestanti finire in ospedale per complicazioni derivanti da aborti praticati senza un’adeguata assistenza medica.
L’aborto è legge, quindi, e l’Argentina “un paese più libero, un paese più egualitario, un paese migliore”, come ha dichiarato la deputata Silvia Lospennato, fervente sostenitrice del provvedimento, già approvato dalla Camera.
L’approvazione della legge costituisce anche un grande successo politico per il presidente Alberto Fernández, che aveva fatto della riforma della legge sull’aborto una parte importante della sua campagna elettorale. Dalla Casa Rosada ha così commentato l’esito della seduta del Senato: “L’aborto sicuro, legale e gratuito è legge. Ho promesso di farlo nei giorni della campagna elettorale. Oggi siamo una società migliore che amplia i diritti alle donne e garantisce la salute pubblica”.
La religione e la Chiesa con gli antiabortisti per la difesa di un modello retrogrado e medievale
Le lunghe ore di dibattito hanno visto uno scontro acceso tra i senatori pro aborto e gli antiabortisti, le cui perorazioni hanno raggiunto in alcuni casi toni drammatici. “Gli occhi di Dio guardano ogni cuore in questo luogo. Benedizione se diamo valore alla vita, maledizione se scegliamo di uccidere innocenti. Non lo dico io, lo dice la Bibbia su cui ho giurato “, ha affermato la senatrice María Belén Tapia. Anche Antonio Roda ha giustificato la sua opposizione alla proposta ricorrendo alla religione: “Ho sempre mantenuto la mia opposizione a questo progetto a causa delle mie credenze e pratiche religiose”, e ha continuato: “La vita è un dono di Dio”.
E mentre questa legge cerca di cancellare gli ultimi retaggi di un mondo patriarcale fondato su una religione discriminante e maschilista, il “moderno” Papa, con un tweet, esprime la sua opposizione all’interruzione volontaria della gravidanza: “Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni persona scartata è un figlio di Dio”.
Anche se l’aborto è legge quindi, è evidente che il cammino per renderlo una pratica socialmente accettata è ancora lungo. Si percepisce infatti nelle posizioni contro l’aborto la paura che l’uomo ha di perdere il suo potere, il tentativo estremo di afferrarsi a un modello sociale oramai retrogrado, che vede la donna in posizione subordinata, incapace di scegliere per sé stessa e quindi costretta a rimettere la sua decisione ad altri, che meglio di lei sanno cosa è bene per il suo benessere fisico e psicologico.
Inoltre sa un po’ di ipocrisia la strenua difesa della vita embrionale, che non esita a puntare il dito contro tutte quelle donne “assassine” che decidono di abortire, e sembra non considerare tutti quei bambini “lanciati alla miseria che vagano per le nostre città”.
L’aborto è legge: una vittoria per le associazioni femministe
Con questa storica decisione l’Argentina diventa uno dei pochi paesi dell’America Latina in cui l’aborto è legale, insieme a Cuba, Guinea, Guinea Francese e Uruguay.
La notizia ha scatenato l’euforia e la commozione delle migliaia di fazzoletti verdi che da ieri manifestavano per le vie di Buenos Aires. I collettivi femministi e donne di tutte le età esultano davanti al Palacio del Congreso per una riforma che riconosce alle donne la loro dignità e il diritto di essere libere, di poter scegliere del proprio corpo senza essere giudicate. Per le strade della capitale si celebra oggi il trionfo di chi si è sempre battuto per l’autodeterminazione femminile, ma anche per il diritto di ogni donna alla vita e alla salute, per mettere fine alla tortura di obbligare una donna a portare a termine una gravidanza, o alla condanna al carcere per aver violato questo provvedimento.
Al grido di vittoria delle donne argentine si unisce quello delle donne di tutto il mondo, quelle i cui diritti vengono riconosciuti e quelle che invece ancora lottano e muoiono per la loro libertà. Ma la marcia femminile, a testa alta e senza paura, continua.
Camilla Aldini