Che i rapporti tra De Luca e la movida non siano idilliaci, è chiaro a tutti. Per il Governatore della Campania, questa è tra le principali responsabili del propagarsi del Covid – 19. E quindi va limitata.
Del resto la sua volontà di distaccarsi dalle decisioni del governo e la sua propensione ad assumere un atteggiamento a dir poco prudente è nota già dall’inizio del lockdown.
Ed a testimoniarlo è l’ordinanza n. 51 del 24 maggio, che conferma quanto stabilito nella n. 49 del 20 maggio, in cui si leggeva:
“Risulta necessario disporre che i locali presso i quali ordinariamente si svolge la cd. “movida”, e in particolare i bar, i baretti e le vinerie, gelaterie, pasticcerie, i chioschi ed esercizi di somministrazione ambulante di bibite, debbano osservare l’obbligo di chiusura serale entro le ore 23:00”.
Basta davvero questo a fermare la “cd. movida”?
Considerando che la stessa regola – inspiegabilmente – non vale per i ristoranti, che è quasi estate e le temperature permettono di stare in giro fino a tarda notte, assolutamente no.
I bar chiudono, ma la gente può andare liberamente dove vuole. E allora via a cocktail bevuti in strada, ad assembramenti sulle panchine del lungomare, a cene fino a tardi.
E non solo. Il sabato e la domenica pomeriggio le strade sono piene di gente che passeggia, oppure è seduta a bere caffè e sorseggiare drink, come se nulla fosse accaduto. Durante la settimana la situazione migliora leggermente, ma dalle 19:00 in poi non è tanto diversa. Non esiste solo il caos notturno insomma.
A confermare il rapporto conflittuale tra De Luca e la movida ci ha pensato lo stesso protagonista, con un post su facebook – pubblicato, non a caso, lo stesso giorno dell’ordinanza n. 51 – che recita così:
“Questa epidemia ha cambiato il mondo, la gerarchia dei valori, la sensibilità delle persone. E non potrà essere messa tra parentesi, ma ci obbliga a qualche riflessione più di fondo. Occorre abituarsi a pensare che nulla potrà tornare puramente e semplicemente come era prima. Conviene allora pensare a forme di socializzazione all’insegna non più di una massificazione alienante, ma di una umanizzazione delle relazioni, di un rapporto più attento con l’ambiente, di una riscoperta dei valori di solidarietà. In questi anni abbiamo visto affermarsi troppo spesso modi di incontro tra i giovani segnati da uso di superalcolici, a volte droghe, al punto da perdere la stessa possibilità di comunicare, di parlarsi, di ascoltarsi. C’è da augurarsi che i problemi di questi giorni siano anche per tutti un’occasione per riscoprire modi di incontro e di divertimento più semplicemente umani”.
C’è – com’è sottinteso – un rapporto tra “modi di incontro tra i giovani segnati da uso di superalcolici, a volte droghe” e l’orario di chiusura dei locali? Davvero basta interrompere una piccola parte della vita notturna perché tutti i giovani – e non solo – seguano la retta via? Forse non è stato questo il modo migliore di giustificare la decisione presa.
E perchè il danno economico non è stato considerato?
Molti bar e “baretti” lavorano esclusivamente di sera, dopo le 22. La maggior parte dei loro gestori, in vista della riapertura del 18 maggio, nei giorni precedenti ha provveduto ad effettuare la sanificazione obbligatoria. In alcuni casi addirittura si sono rese necessarie modifiche strutturali per consentire ai clienti di mantenere la distanza di sicurezza. Tutto questo equivale a costi sostenuti (dopo uno stop forzato delle attività di quasi tre mesi, che ha generato inevitabilmente perdite più o meno ingenti). E come faranno ad andare avanti loro se solo la sera prima hanno saputo che non avrebbero potuto riaprire?
A nulla è servito l’intervento del presidente di Confesercenti Campania, Vincenzo Schiavo, che ha affermato:
“Se si crea assembramento non è certo a causa di un bar aperto oltre le 23, ma dipende dalla gente. L’affollamento viene fuori comunque, anche con i baretti chiusi, se non c’è la volontà delle persone di rispettare le regole, se non ci sono controlli e se non c’è attività di prevenzione ed educazione culturale. Gli esercenti vogliono lavorare, senza assembramenti, negli orari consoni”.
Bastano le immagini del capoluogo campano di sabato sera, che mostrano strade piene di gente, a confermare il suo pensiero.
Le persone vogliono e devono riprendere a lavorare. L’economia deve risollevarsi. Ha davvero senso riaprire spiagge, palestre, piscine, alberghi e chiudere i bar alle 23?
Cosa si sarebbe potuto fare in alternativa?
Si sarebbero potuti incrementare i controlli da parte delle Forze dell’Ordine, per esempio.
A quel punto – se proprio non fosse bastato e si fossero rese necessarie misure drastiche – si sarebbe potuto stabilire un “coprifuoco”, così da evitare assembramenti notturni ovunque, anche in strada.
Insomma, per mettere d’accordo finalmente De Luca e la movida le soluzioni ci sarebbero. Ma è la volontà di metterle in pratica che – a quanto pare – manca.
Anna Gaia Cavallo