“Club come il Frosinone non attirano fan, né interessi, né emittenti nel campionato. Arrivano, non cercano di competere e tornano indietro. Se non possono competere, se finiscono per ultimi, dovrebbero pagare una multa.
Anche la Uefa ha cercato di costringere i club a rispettare le regole del fair play finanziario. Le società dovrebbero essere strutturate geograficamente, in modo che possano essere autosufficienti. Se non possono sopravvivere finanziariamente, se non possono essere autosufficienti, dovrebbero essere espulse”
Queste le dure parole con cui Aurelio De Laurentiis si è espresso nei confronti del Frosinone. Quello sollevato dal patron partenopeo, non è sicuramente un problema nuovo per la nostra Serie A. Difatti già nel 2015, il presidente della Lazio Claudio Lotito, polemico quasi quanto De Laurentiis, aveva espresso le stesse perplessità del primo tifoso azzurro. In quel caso attaccando squadre modeste come Carpi, Latina e lo stesso Frosinone, che grazie al campionato a 20 squadre riescono a giocare qualche partita nella massima serie nazionale.
Tralasciando i modi bruschi con i quali De Laurentiis si è espresso, questa sua esternazione è giustificabile? Da quando, nel 2004, le partecipanti alla serie A sono tornate ad essere 20 quasi ogni stagione c’è la presenza di una squadra cuscinetto che perde puntualmente pressoché ad ogni giornata: il Frosinone quest’anno, il Benevento l’anno scorso, il Pescara quello prima ancora. La presenza di queste compagini, secondo il pensiero di De Laurentiis, rischia di danneggiare la competitività del campionato oltre che l’immagine stessa della serie A.
Di conseguenza la soluzione auspicata da De Laurentiis e Lotito di tornare alle 18 squadre non appare così prima di fondamento. Ma d’altra parte, osservando meglio il problema si nota come insieme a queste squadre cuscinetto in serie A salgono anche squadre battagliere che a volte riescono anche a mantenere il loro posto nel campionato nella stagione successiva. Basti pensare al Sassuolo di Squinzi, promosso nel 2013 e mai più retrocesso e che anzi si è anche affacciata alle porte dell’Europa.
Potrebbe la multa auspicata da De Laurentiis risolvere il problema? Probabilmente no. Questo perché non è certo la voglia che manca a piccole squadre di provincia neo promosse e, in molti casi neanche il denaro. Infatti, come ha fatto notare Stirpe rispondendo a De Laurentiis:
“Io i soldi nel calcio li ho sempre investiti, con quelli che ho ricavato dai diritti tv ci ho costruito uno stadio nuovo. Cosa che De Laurentiis non mi sembra abbia ancora fatto”.
Osservando meglio il problema delle “piccole” rievocato dalle parole di De Laurentiis si può notare come le più deboli e perdenti sono sempre quelle che non vengono promosse matematicamente, come l’Empoli quest’anno, ma che arrivano alla massima serie passando per i play-off, esattamente come il Frosinone, il Benevento o il Pescara. Queste compagini spesso sfruttano partite fortunate o di particolare spolvero per qualificarsi per la serie A ai danni di avversarie meglio attrezzate. Per non parlare del fatto che le squadre che si qualificano attraverso i play-off, lo fanno ad estate inoltrata, avendo così molto meno tempo di tutte le altre per prepararsi alla serie A.
Analizzando questi dati si può pensare quindi che lo sfogo di De Laurentiis non sia così delirante, ma che forse è il bersaglio ad essere sbagliato. Non è colpa del Frosinone o del suo presidente ma, molto più probabilmente, di un sistema sbagliato di partenza.