Il nuovo ddl sicurezza è in questi giorni in corso d’esame alla Camera. L’obiettivo della maggioranza è portare in aula il disegno di legge per la discussione generale il 27 giugno. Opposizione e associazioni come Amnesty, Antigone e ASGI denunciano l’incostituzionalità del nuovo disegno di legge, descrivendolo come una minaccia al nostro Stato di Diritto.
Il ddl sicurezza e i punti principali
Sono in corso i lavori nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia alla Camera sul ddl sicurezza, ovvero il Disegno di Legge n. 1660/C, presentato per la prima volta alla Camera il 22 gennaio 2024 a firma del Ministro dell’Interno Piantedosi, del Ministro della Giustizia Nordio e del Ministro della Difesa Crosetto. Le proteste nelle carceri italiane e nei CPR degli ultimi due mesi avevano già sollevato dubbi e preoccupazioni sul nuovo ddl sicurezza, un testo dai toni estremamente securitari con norme che mettono in dubbio lo Stato di Diritto, colpendo sempre di più le marginalità. Al testo originario sono stati aggiunti vari emendamenti nell’ultimo periodo dai gruppi della maggioranza. L’ultimo emendamento presentato dalla Lega prevede di sottrarre alla magistratura inquirente l’azione penale nei confronti delle forze dell’ordine per reati legati all’uso di armi o strumenti di coercizione in servizio, creando di fatto una giurisdizione separata e anticostituzionale per questa categoria di cittadini, già enormemente tutelata da altri articoli presenti nel testo originale. Questo privilegio si traduce in un’ulteriore criminalizzazione dei manifestanti, con pene più severe per chi commette reati di violenza o resistenza nei confronti di un pubblico ufficiale.
Mentre quindi si allargano le tutele per alcune categorie, altre perdono sempre più diritti e si ritrovano sempre più esposte a disuguaglianze e ingiustizie. Tra le norme contestate che sembrano condurre verso uno Stato di Diritto discriminatorio e limitante c’è, ad esempio, l’annullamento della possibilità di rinvio della pena per le donne in stato di gravidanza, una norma che sembra chiaramente creata per stigmatizzare il gruppo sociale delle donne rom.
All’interno del ddl è presente il nuovo reato di rivolta carceraria che equipara proteste violente e non violente. Questo annulla di fatto qualsiasi lotta sociale, considerando che anche chi attua proteste pacifiche o resistenza passiva, ad esempio rifiutandosi di rientrare in celle sovraffollate, potrà essere condannato fino a otto anni di reclusione. Viene così tolta definitivamente voce a chi ne ha già poca, azzittendo ogni possibilità di protesta e recriminazione, tenendo sotto scacco tutti i detenuti delle carceri e trasformando “il detenuto in un corpo docile che deve obbedire”. Il nuovo delitto di rivolta penitenziaria varrà anche per tutti i migranti detenuti nei Centri per il Rimpatrio o nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, i CAS.
Infine, un pericolo sottolineato da numerose associazioni è che il nuovo disegno di legge favorirebbe la circolazione di armi nei luoghi pubblici, consentendo a 300mila appartenenti alle forze dell’ordine di possedere un’ulteriore arma rispetto a quella di servizio, allineandosi di fatto al modello securitario statunitense.
Mentre recentemente in Germania hanno legalizzato il consumo di cannabis per uso ricreativo, con il ddl sicurezza si farebbe in Italia un ulteriore passo indietro da questo punto di vista: l’emendamento governativo propone infatti di equiparare la cannabis light alla cannabis con una percentuale di THC più alta rispetto a quella oggi venduta nei negozi di canapa.
Una minaccia per il nostro Stato di Diritto: la denuncia delle associazioni
«Con il presente documento, Antigone e ASGI esprimono la loro grande preoccupazione per gli effetti di questo ddl sul nostro ordinamento giuridico, sui diritti dei cittadini e delle persone migranti, e che segna una deriva di natura autoritaria estremamente pericolosa».
Recita così il documento scritto da Antigone, associazione per i diritti e le garanzie del sistema penale, e ASGI, l’associazione studi giuridici per l’immigrazione. Gli esponenti di queste due associazioni sono stati ascoltati più di una volta alla Camera, dove hanno denunciato l’anticostituzionalità del ddl e il restringimento dello Stato di Diritto cui porterebbe l’approvazione del disegno di legge. La preoccupazione principale è che il nuovo ddl sicurezza segnerà una deriva estremamente autoritaria, colpendo soprattutto determinate categorie di persone e stigmatizzando le marginalità.
«Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate a una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione»
continuano nel documento ASGI e Antigone.
Anche Amnesty si è unita alla denuncia del carattere repressivo e autoritario del nuovo ddl sicurezza. L’associazione si dichiara favorevole a tutte le proposte di modifiche per sopprimere il riferimento alla resistenza passiva nell’ambito delle rivolte nelle carceri, nei CPR e nei CAS, e appoggia la proposta di introdurre i codici identificativi sulle divise delle forze dell’ordine. Il ddl sicurezza è stato criticato anche a livello europeo, in particolare dall’ODHIR, Office for Democratic Institutions and Human Rights.
Ancora suicidi nelle carceri
I lavori sul ddl sicurezza continuano mentre in Italia la situazione nei centri di detenzione rimane drammatica. Tra venerdì 14 e sabato 15 giugno si sono verificati nell’arco di 24 ore quattro suicidi in quattro penitenziari diversi: Ariano Irpino, Biella, Sassari e Teramo. I quattro detenuti sono le ultime vittime di un elenco che continua a registrare numeri spaventosi, 44 dall’inizio del 2024.
La tematica dei suicidi è una realtà tragica delle carceri italiane, risposta a una situazione precaria e lacunosa, a cui il governo non sembra voler porre rimedio. Uno dei principali motivi è il cronico sovraffollamento che caratterizza le carceri italiane: secondo i dati aggiornati a maggio 2024, in Italia sono detenute 61.547 persone con 51.241 posti regolari.
Ciò che emerge è che il ddl sicurezza, anche da questo punto di vista, sembrerebbe andare in una direzione opposta, colpendo le marginalità e riducendo la voce di certe categorie, con una svolta autoritaria che mette in pericolo i diritti di alcuni cittadini e delle persone migranti.