I primi due episodi della nuova stagione di Twin Peaks finalmente sono “apparsi“. Più attesi di un incontro ravvicinato del terzo tipo o di un’eclissi solare, anticipati da centinaia e centinaia di commenti su tutti i social network. 120 minuti, o poco meno, di profonda emozione. Immagini criptiche fino allo spasmo, disseminate di indizi, di frammenti di ciò che è stato e di quel che sarà. L’agente Cooper, sdoppiato e reso altro dal suo perfido clone, è ancora intrappolato in quel luogo metafisico chiamato Loggia Nera. Riuscirà a fuggire?
Il caleidoscopio in cui Lynch ha racchiuso tutti i suoi personaggi si è rotto. Il cuore della serie, almeno per il momento, non è più la cittadina dei misteri. Si vola, tra un’inquadratura e un’altra, tra i grattacieli di New York. La Grande Mela – e questa è una magia concessa a pochi – sembra brillare più del solito. Le immagini notturne ci portano da un alveare di cemento a un altro, da una cella a un’altra, fino alla comparsa di un nuovo protagonista intento a fare qualcosa di… strano. Ma per David, che nelle sue pellicole ha srotolato il suo inconscio, di strano probabilmente non c’è nulla. Un paio di personaggi appena morti, in una scena capace di regalare brividi freddi, ricompaiono come se nulla fosse successo. Un sorridente preside si ritrova accusato di omicidio, mentre la moglie accigliata si preoccupa degli ospiti per l’imminente cena.
L’America di Lynch è più viva e vera di tutto il terrore offerto al momento da American Horror Story
Lui non ama raccontare, preferisce indagare. E la sua inchiesta, costellata di quadri in movimento, porta spesso e volentieri a ricredersi. Tutto ciò che sembra chiaro diviene un nuovo punto interrogativo. Proprio come nei sogni, di cui normalmente perdiamo i dettagli, la ricerca del particolare si rivela efficace. Lynch usa la camera da presa per illustrare una sua personale caccia al tesoro, di cui tutti siamo partecipi. Bob, mostruoso e famelico spirito delle prime stagioni, è presente solo in alcuni flashback. L’attore Frank Silva – TP3 è dedicato a lui – con il suo sguardo assassino ha scioccato milioni di fan e immaginare un personaggio più spaventoso sembra impossibile. Eppure il regista è riuscito anche in questa titanica impresa…
Due ore inquiete e inquietanti, piene del ritmo sanguigno di David Lynch. Minuti cosparsi di citazioni, pregni di un disagio già presente in tutte le sue precedenti opere. Chi non conosce abbastanza bene la carriera del cineasta potrebbe rimanere spiazzato da questo lavoro. Non c’è – apparentemente – una storia da seguire: bisogna ricostruire, creare, modellare, sulla base delle proprie conoscenze. L’inconscio in genere ci tiene prigionieri, incollati alle nostre abitudini. David invece è un’anima libera, capace di tenere al guinzaglio le proprie visioni. A chi non apprezzerà Twin Peaks 3 il regista probabilmente potrebbe domandare: “Dimmi, di cosa hai paura?” E forse la soluzione, la risposta all’insondabile, è proprio lì.
Luca Foglia Leveque