Il dark web è una piccola parte del deep web. Tutto ciò che vi si trova non è indicizzato. In poche parole non rientra nel novero delle risposte che offrono i motori di ricerca.
Il dark web è la nuova strada intrapresa dall’emittente britannica BBC. Per evitare la censura degli organi di controllo presenti in paesi come Cina, Iran o Vietnam, il servizio radiotelevisivo ha pensato di aprire una versione del proprio sito accessibile solo tramite la rete anonima Tor. In questo modo gli utenti che desiderino visitare il sito e le informazioni in esso presenti potranno usufruire di una copertura dei dati, evitando di essere rintracciati dalle autorità dei loro paesi.
Accedere al dark web è possibile solo attraverso particolari software che basano il loro funzionamento su reti sovrapposte a internet. Tor, ad esempio, è una di queste reti, insieme a I2P, Freenet o Retroshare. Nel deep web gli utilizzi possibili di queste reti sono vastissimi: dalla condivisione di files, alla compravendita di sostanze stupefacenti o armi, dalla pornografia illegale alla direzione di cellule terroristiche o ai semplice hackers. Letteralmente un mondo sommerso di cui conosciamo una parte esigua. La componente visibile tramite l’indicizzazione dei motori di ricerca è, infatti, paragonabile all’1-3% di ciò che il Web contiene. Tutto il resto vive e prolifera nelle reti oscure, senza regole di sorta. L’immagine dell’iceberg risulta sicuramente calzante.
La BBC ha dichiarato di voler entrare nel dark web per rendere fruibile la propria informazione anche nei paesi in cui vige la censura. La versione internazionale del sito prevede l’offerta dei contenuti in lingue differenti, sarà presente anche il russo. Inoltre sarà disponibile sul dark web un assistente vocale rivale di Amazon e Google, chiamato Beeb, che permetterà agli utenti di rintracciare i proprio programmi preferiti e di interagire con i servizi della BBC.
Accade invece da noi, che venga proposto un decreto legge riguardante la necessità della carta d’identità per l’accesso ai social. La proposta viene dal responsabile economico di Italia Viva, Luigi Marattin, sull’onda di un’idea del regista Gabriele Muccino. Secondo Marattin sarebbe necessaria la carta d’identità per l’apertura di un profilo social, in modo che le dichiarazioni e i contenuti condivisi siano attribuiti ai reali responsabili.
L’idea ha suscitato immediate proteste da parte degli utenti social in genere, ma anche e soprattutto da parte del M5s. È di ieri la dichiarazione di Di Maio che ribadisce le posizioni del Movimento, sostenendo che con i pentastellati al governo non sarà mai avvallata l’idea di una “schedatura”. I grillini contestano nello specifico il rischio che un’operazione del genere comporterebbe per i dati sensibili degli utenti ai social. Tuttavia il discorso ha origini più profonde e si ricollega al problema delle fake news che da tempo sembra essere centrale nel dibattito politico. Problema che, almeno per ora, non sembra coinvolgere animosamente il Movimento.
Certo, nessun dubbio sulla difficile applicabilità della proposta di Marattin. Rimane però la questio alle radici della contesa. Dark web e informazione diffuse a livello globale da una parte, e dall’altra la necessità ormai pressante di un controllo delle fonti e di una verifica delle corrispondenze fattuali, il modo tutto nostro, sempre più approssimativo, di rapportarci alla realtà.
Comunque la si voglia mettere, sembriamo un poco in difetto.
Paolo Onnis