Negli ultimi anni ci siamo trovati più volte a parlare del Sudan e della sua complessa situazione politica e sociale. Soprattutto il Darfur, regione situata nella parte occidentale dello stato, è da tempo teatro di violenti scontri e repressioni, principalmente a causa della povertà e delle ostilità tra etnie arabe e africane.
La ricerca della pace
Negli ultimi anni si sono fatti diversi passi avanti verso una condizione di pace che sembrava lontanissima, primo su tutti l’istituzione di un governo di transizione, il 29 agosto 2019, che dovrebbe traghettare il Sudan fuori dalle difficoltà, fino alle elezioni previste per il 2022. In seguito, il 3 ottobre 2020, il nuovo governo ha firmato, insieme ai principali gruppi ribelli, uno storico trattato di pace, a testimonianza della volontà del nuovo esecutivo di mettere fine agli scontri in una regione, il Darfur, storicamente tormentata dal sangue e dalle violenze. Ma siamo così sicuri che gli scontri siano finiti?
Da quando il nuovo governo è stato istituito, infatti, sono state diverse le decisioni che hanno portato a manifestazioni e rivolte, spesso anche violente. Si sono registrate, ad esempio, diverse rappresaglie e scontri nella regione del Kassala, a seguito della deposizione del ruolo di governatore di Saleh Ammar, il 13 ottobre 2020.
In quel caso avevano perso la vita circa 8 persone e ne erano risultate ferite 30, tra civili e militari. Tutto ciò è da inserire in un più ampio discorso di lotta tra tribù. Infatti nella regione convivono due grandi gruppi: i Beni Amr ed i Beja, entrambi in cerca di rappresentanza. Non a caso, anche la nomina dello stesso governatore aveva scatenato disordini, a conferma della delicata situazione presente nella regione.
Tuttavia si può sostenere che i tumulti maggiori si siano placati e che il Sudan viva al momento una condizione di stabilità, pur dovendo far fronte ad una serie di problemi e dissidi interni pronti ad esplodere da un momento all’altro.
Ancora scontri nel Darfur
Purtroppo, proprio negli ultimi giorni abbiamo assistito all’ennesima strage nella regione del Darfur, teatro, ancora una volta, di avvenimenti che hanno del “macabro”.
I dissidi, che riguardano lo scontro tra le tribù nomadi arabe e le tribù africane, ci portano alla mente le immagini della sanguinosa guerra prolungatasi durante tutti gli anni successivi al 2000. I tumulti sono iniziati venerdì 15 gennaio, ad El-Geneina, la capitale del Darfur occidentale, a seguito dell’uccisione, presso un campo di sfollati, di un uomo arabo appartenente alla tribù dei Rizeigat, da parte di un membro della tribù dei Masalit.
Questo avvenimento ha scatenato l’ira dei Rizeigat, che hanno attaccato il campo di Kerending, oltre a causare diverse tensioni anche nella capitale. Inoltre, nella giornata di lunedì 18 gennaio, la tribù araba ha attaccato un villaggio nel Darfur meridionale, ai danni della tribù Fallata.
Il computo di tutto ciò parla di circa 150 morti e 170 feriti, oltre a decine di migliaia di sfollati, che vanno ad aggiungersi ai milioni già presenti sul territorio sudanese. Inoltre, anche se al momento la situazione sembra essersi tranquillizzata, resta la tensione per lo scoppio di nuovi scontri.
Il conflitto è davvero finito?
Gli avvenimenti appena raccontati risultano essere soltanto i più rilevanti di una serie di tumulti che il Sudan ha vissuto da quando è stato istituito questo nuovo governo. Le violenze, infatti, anche se in dimensioni più ridotte, sono ormai una costante nello stato africano e suscitano una domanda: il conflitto è veramente giunto al termine?
La questione che si solleva non è nuova, ed ha interessato diversi stati nel corso della storia, soprattutto nel continente africano. L’istituzione di un nuovo governo, apparentemente stabile, e la firma di trattati di pace non bastano per portare tranquillità in uno stato che dalla sua indipendenza, ottenuta nel 1956, ha vissuto una condizione di guerra quasi ininterrotta.
Le antipatie ed i dissidi interni non svaniscono apponendo firme in fondo a pezzi di carta, motivo per cui il problema della convivenza tra arabi ed africani è ancora fortemente presente, come attestano gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Nello specifico, inoltre, la regione del Darfur è vittima di estrema povertà, a causa, tra le altre cose, di una guerra durata ben 16 anni, che ha distrutto la regione, mettendoci di fronte ad immagini raccapriccianti. Il computo, alla fine del conflitto, fu di più di 300mila vittime e 2 milioni e mezzo di sfollati, numeri che, visti gli ultimi avvenimenti, sembrano costretti ad aumentare nel corso dei prossimi anni.
Thomas Marzioni